Connect with us

Editoriale

Premierato su fiducia

È sempre esilarante quando la politica nostrana propone o discute possibili riforme costituzionali, anche perché queste quasi mai riguardano i reali problemi dello Stato mentre si concentrano “sulle regole del gioco della politica per i politici” (cit. Calenda): elezioni, maggioranze, parlamento, governo. Eppure, se la politica non avesse contatti solo con i giornali, le televisioni, i talk show, i social network, ma persino col Paese reale, forse quest’ultimo sarebbe preso in considerazione.

Avatar photo

Published

on

In copertina, Palazzo Montecitorio, sede del Parlamento italiano.

di Alessandro Andrea Argeri

È sempre esilarante quando la politica nostrana propone o discute possibili riforme costituzionali, anche perché queste quasi mai riguardano i reali problemi dello Stato mentre si concentrano “sulle regole del gioco della politica per i politici” (cit. Calenda): elezioni, maggioranze, parlamento, governo. Eppure, se la politica non avesse contatti solo con i giornali, le televisioni, i talk show, i social network, ma persino col Paese reale, forse quest’ultimo sarebbe preso in considerazione.

In realtà ai cittadini importa poco dell’elezione del premier in quanto la loro attenzione è rivolta a problemi più contingenti come i salari da fame o il carovita, non a caso molti italiani, soprattutto i più giovani, non sanno nemmeno le nozioni basilari di educazione civica, a partire dal nome del presidente della Repubblica, da quante camere è formato il Parlamento, da chi è eletto il premier. Purtroppo, se la politica esclude i cittadini, i pochi rimasti si autoescludono dalla politica, altra ragione per cui l’astensionismo è ancora in forte aumento.

L’elezione diretta del premier non esiste in nessuna democrazia, la sperimentò Israele nel ’92 ma dopo tre tornate elettorali venne abolita perché generava instabilità. Tuttavia il problema reale quando si redige una costituzione è creare un sistema in cui i vari poteri si bilanciano tra loro come fossero contrappesi. Il premierato quindi si potrebbe anche introdurre con i giusti limiti, però se questa riforma venisse approvata così come è stata abbozzata, i cittadini non “conteranno di più”, a differenza di quanto sostiene Meloni.

Dare il 55% dei seggi parlamentari alla coalizione con più voti, persino se alle urne non prende una percentuale così alta, significa blindare l’eventuale maggioranza di governo in una fortezza inattaccabile, impossibile da sfiduciare anche nel caso in cui l’Esecutivo annaspi di fronte a situazioni emergenziali. Inoltre, assieme al Parlamento verrebbe delegittimato il capo dello Stato, sia sul piano dei poteri sia su quello politico, poiché un presidente nominato per vie indirette dovrebbe confrontarsi con un premier eletto direttamente dai cittadini.

Il centrodestra con la sua stampella Italia Viva è quindi favorevole sia al premierato sia alla cosiddetta norma “antiribaltoni”, per evitare governi tecnici guidati da Presidenti del Consiglio non eletti. Il proposito è nobile in quanto si intenderebbe rispettare la coerenza del mandato elettorale, tuttavia le contraddizioni anche qui non mancano: la Lega è passata dal Governo Berlusconi a quello Dini, Salvini ha governato con il Movimento 5 Stelle, poi ha sostenuto Draghi; Meloni ha votato il Governo Monti oltre che la riforma Fornero; Renzi ha sfiduciato il Governo Letta, è diventato premier senza essere nemmeno parlamentare, prima ha sostenuto Conte poi ha tradito anche lui per Draghi, un altro non eletto. Insomma i propositi della legge sono buoni, ma come al solito manca la coerenza negli intenti di una riforma più simile a un “mea culpa”. Chissà però se, perso il referendum, Renzi lascerà la politica anche questa volta…

Eppure, per evitare i ribaltoni si potrebbe introdurre la “sfiducia costruttiva” già presente in Germania, dove il Governo non può essere sfiduciato se il Parlamento non ha già pronto un altro esecutivo, altrimenti le camere si sciolgono. In alternativa proponiamo noi un’idea per salvaguardare nell’immediato la democrazia: che ne direste di una bella legge sui conflitti d’interesse? E qui tutti muti…

RIPRODUZIONE RISERVATA © 

Giornalista regolarmente tesserato all'Albo dei Giornalisti di Puglia, Elenco Pubblicisti, tessera n. 183934. Pongo domande. No, non sono un filosofo (e nemmeno radical chic).