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Editoriale

Il paradosso dei minori in carcere: quando la scelta è tra la mamma e la libertà

Agli occhi dell’umanità dovrebbe essere terribile vedere un bambino in prigione. Invece è la prassi per tutti i minori figli di madri detenute. Per ovviare al problema nella precedente legislatura era stato proposto un disegno di legge a nome dell’Onorevole Paolo Siani (PD), vicepresidente della Commissione parlamentare infanzia e adolescenza, con l’obiettivo di potenziare le case-famiglia. Questa settimana approfondiamo l’argomento con un’intervista all’Onorevole.

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Credit foto Pixabay, immagine di dominio pubblico.

di Alessandro Andrea Argeri

Agli occhi dell’umanità dovrebbe essere terribile vedere un bambino in prigione. Invece è la prassi per tutti i minori figli di madri detenute. Il paradosso è il seguente: per garantire il diritto alla maternità si nega quello all’infanzia. Per ovviare alla contraddizione l’11 novembre 2019 era stata presentata a nome dell’Onorevole Paolo Siani una proposta di legge molto avanzata rispetto agli altri Paesi europei, poiché attraverso la Legge veniva affermato il principio secondo cui un bambino mai dovrebbe varcare le porte di un carcere.

Il DDL Siani era stato votato il 30 maggio 2022 quasi all’unanimità, con soli 7 voti contrari e due astenuti. La Camera dei deputati l’aveva approvato in prima lettura. Il disegno prevedeva una proposta di legge sia sulle mamme detenute sia sui bambini, con il ricorso alle case-famiglia protette per donne in strato di gravidanza o con un bambino fino a sei anni d’età. Gli ICAM invece sarebbero stati adoperati in caso di esigenze cautelari di particolare rilevanza. Venivano inoltre incrementati i fondi erogati da parte dello Stato, mentre le persone presenti nelle case-famiglia venivano tenute in carico dal comune tramite i servizi sociali.

In particolare, come si legge nel testo della proposta, il disegno di legge proponeva “modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e alla legge 21 aprile 2011, n. 62, in materia di tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori”. Lo scopo era quello di potenziare le case famiglia per “tutelare il rapporto tra detenute madri e figli minori” in quanto “anche gli istituti di custodia attenuata per detenute madri (ICAM), infatti, per loro stessa natura mantengono una connotazione tipicamente detentiva, con evidenti conseguenze lesive per i minori in essi ospitati. Pur senza escludere il ricorso agli ICAM nei casi più gravi, si mira a promuovere il modello delle case-famiglia, in primo luogo mediante l’eliminazione dei vincoli economici contenuti nella legge n. 62 del 2011. Secondo quella legge, infatti, la realizzazione delle case-famiglia protette deve avvenire senza oneri per lo Stato”.

Attualmente in Italia ci sono solo due case-famiglia protette: la prima a Roma; la seconda a Milano. Con il Ddl Siani il Ministero della Giustizia avrebbe avuto l’obbligo di stipulare con gli enti locali convenzioni volte a individuare le strutture idonee a realizzarne altre, mentre i Comuni avrebbero dovuto utilizzare a tale scopo prioritariamente immobili di loro proprietà. Le donne poi, scontata la pena detentiva, avrebbero dovuto essere reinserite nel tessuto sociale tramite appositi interventi. Con questo disegno di legge nessun bambino avrebbe più vissuto in un carcere. Purtroppo però la proposta era naufragata a causa della caduta della legislatura, per poi essere nuovamente ripresentata nel 2023 a nome dell’Onorevole Debora Serracchiani come prima firmataria, la quale era riuscita ad ottenere in aula la deliberazione di urgenza, quindi la possibilità di esamina entro quindici giorni. Per approfondire l’argomento questa settimana abbiamo intervistato l’Onorevole Paolo Siani.

  • Riprendiamo dalla domanda che avevo posto all’associazione Antigone: che ci fanno i ragazzini in carcere?

<<È una domanda che mi sono fatto anch’io quando nel 2018 ho scoperto che una mamma reclusa aveva scaraventato dalla scala del carcere di Rebibbia i suoi due bambini di 6 e 18 mesi, uccidendoli. Aveva urlato: “ora siete finalmente liberi”. Così ho scoperto questo problema e ho cominciato ad interessarmene. Sono andato a vedere sia la situazione del nido di Rebibbia sia le condizioni degli ICAM veri e propri. Il paradosso, che tuttora rimane, è che, mentre provavamo a salvare le mamme, i bambini erano in carcere, condannati alla detenzione da innocenti. Ovviamente questa è una cosa sbagliata che andava e va ancora corretta, e stavamo per correggerla…>>

  • Oscar Wilde scriveva che “un bambino capisce le punizioni ricevute da un adulto, ma non quelle ricevute dalla società, perché non conosce il concetto di quest’ultima”. Ebbene, le chiedo: il bambino si rende conto di essere in prigione?

<<Il bambino si adegua al posto in cui vive. Se il bambino arriva in carcere quando è molto piccolo pensa che il carcere sia un luogo normale, quindi tende a credere che in tutte le case ci siano sbarre, cancelli, finestre con le inferriate e che le porte si aprano chiedendo al secondino. Insomma il bambino pensa che quello del carcere sia l’unico mondo perché non ne conosce altri. Ma non è in una situazione comune né dove dovrebbe essere. Di conseguenza questo è molto negativo per il suo sviluppo, la sua psiche e la sua crescita. Se invece il bambino ha già vissuto in una casa “normale”, come diremmo noi, e solo dopo va in carcere, allora si accorge della differenza. È come quando si trovano in ospedale.>>

  • In ospedale?

<<I bambini quando si trovano in ospedale notano subito un ambiente estraneo, si accorgono di particolari a cui noi adulti non facciamo caso. Ad esempio percepiscono l’aria diversa perché è evidente l’odore dei farmaci e del disinfettante, oppure notano che i colori del luogo sono diversi da quelli di casa sua. Il principio è lo stesso: il bambino in un ambiente diverso nota cose diverse con più perspicacia di noi adulti. E quando è in un carcere questo luogo è per forza meno stimolante di una casa normale.>>

  • Qual è la vita dei bambini negli ICAM?

<<Gli ICAM prevedono giardini, spazi all’aperto, giochi, ludoteche, inoltre i bambini possono andare al nido. Quello che non possono fare è far venire un altro bambino a casa loro o dire dove vivono perché gli altri bambini ne sarebbero profondamente colpiti, infatti quando un bambino residente all’ICAM va al nido il pullman scolastico lo va a prendere per primo e lo riporta a casa per ultimo. Insomma i bambini possono fare attività solo dentro il carcere, ma non possono avere contatti con il mondo esterno.>>

  • Proprio per questo negli istituti carcerari viene meno la socializzazione, oltretutto un bambino terrorizzato piange come risposta alle avversità. Tutto questo si ripercuote sulla salute mentale. Come un bambino viene influenzato dalla vita in prigione?

<<Non solo viene meno la socializzazione, ma quella che c’è è completamente alterata. Le racconto quello che mi ha raccontato una mamma all’Icam di Lauro: la prima parola che suo figlio ha detto non è stata “mamma” ma “apri”, perché “apri”, inteso come “apri la cella”, era la parola che più spesso quel bambino sentiva. Un bambino che comincia a parlare col linguaggio carcerario fa capire come il bambino si stia sviluppando in modo atipico rispetto alla normalità.>>

  • Le case-famiglia però possono presentare criticità per mancata corrispondenza del livello assistenziale. Ad esempio ci sono stati casi in cui è stato servito cibo di scarsa qualità quando non addirittura congelato, oppure altri casi in cui sono emerse condizioni igienico-sanitarie degradanti. La finalità della casa-famiglia è quella di accogliere e reintrodurre nella società chi ne ha bisogno, però se il trattamento è quello descritto siamo dinanzi ad uno svilimento degli obiettivi per cui sono nate queste strutture. Dunque domando: Il DDL proponeva di potenziare le case-famiglia. Ma come “potenziare le case-famiglia”?

<<La legge che c’è in Italia attualmente prevede la possibilità di mandare le donne negli ICAM e nelle case-famiglia, ma quest’ultime sono troppo poche perché non sono mai state finanziate. La legge che avevamo proposto prevedeva che quando una donna deve andare in carcere con un bambino, oppure è in gravidanza, la prima scelta che il giudice deve fare sia quella di mandarla in una casa-famiglia. All’ICAM si sarebbe dovuto ricorrere qualora la condanna fosse stata particolarmente grave, ovvero solo in casi eccezionali, quando la mamma deve essere rinchiusa per essere tenuta sotto controllo con particolari attenzioni.>>

  • Per ogni minore ospitato, il contributo equo dovrebbe essere tra i 100 euro e i 120 euro al giorno. Attualmente però le case-famiglia percepiscono tra i 60 euro e gli 80 euro al giorno. Per potenziarle non sarebbe necessario un aumento considerevole dei fondi, e quindi poi di controlli e procedure per evitare truffe?

<<Nella legge di bilancio del 2020 per consentire una retta giusta stanziammo per le case-famiglia un milione e mezzo di euro fino al 2023, che deducemmo in base al numero dei minori contenuti. Vedremo in questa legislatura se con la nuova proposta cambierà qualcosa…>>

  • Secondo le statistiche pubblicate dal Ministero della Giustizia, aggiornate al 31 dicembre 2022, sono 16 le madri e 17 i bambini che risultano ristretti negli istituti penitenziari, tra sezioni nido delle case circondariali e gli ICAM. Il numero è esiguo, quindi il fenomeno è molto ridotto. Proprio per questo non si corre il rischio di ridimensionare la gravità del problema dell’incarcerazione minorile?

<<Sono pochi e vanno tutelati. Ma comunque sono pochi in questo momento. Negli anni passati, ad esempio prima della pandemia, negli ICAM c’erano dai 50 agli 80 bambini. Dopo la pandemia il numero si è ridotto, però anche se sono 16 comunque bisogna attivarsi. Il DDL a mio nome era una legge molto avanzata soprattutto per il collocamento nelle case-famiglia. Non bisogna separare il bambino dalla mamma, però bisogna preoccuparsi anche del contesto in cui vive, che condiziona il suo sviluppo, la sua psicologia e il suo futuro. Vediamo l’esempio di un personaggio pubblico, Eva Khali, la parlamentare europea arrestata per lo scandalo Qatargate: è rinchiusa in Belgio e ha visto suo figlio solo due volte. Questo a dimostrazione di come la nostra proposta fosse molto avanti rispetto agli altri Paesi europei.>>

  • Proprio perché si parla di numeri esigui, non è una contraddizione che il problema non sia stato ancora risolto?

<<Sì, senza dubbio è una grossa contraddizione. I bambini si trovano rinchiusi per non venire separati dalle madri, soprattutto nelle fasi d’età in cui sono molto piccoli. Però sì, avremmo potuto risolverlo! Se la scorsa legislatura fosse durata tre mesi in più il DDL sarebbe stato approvato a settembre 2022 perché c’erano tutte le possibilità. Adesso avremmo già avuto la legge, invece abbiamo perso tempo prezioso per risolvere questo problema. Però la proposta di legge è stata ripresentata ed è tornata un’altra volta alla Camera. Insomma speriamo bene che l’iter riprenda rapidamente.>>

  • Questo è un argomento molto specifico, ma la politica quando parla di carceri non generalizza troppo? Non commette l’errore di non considerare le specificità delle varie categorie dei prigionieri?

<<Certamente la politica fa poco. Io sono stato più volte in varie carceri per rendermi conto dello stato in cui versavano: la situazione è veramente drammatica. L’idea del carcere dovrebbe essere quella di rieducare, non di dare una pena solo da scontare. Lo Stato dovrebbe ripensare la pena in senso riparativo e riabilitativo, non punitivo.>>

  • È sempre o bianco o nero. Ma perché sulla questione si ricade sempre nell’estremismo, ovvero tra chi vorrebbe abolire le carceri e chi vorrebbe inasprirle?

<<Dipende dalla filosofia di ogni gruppo politico. L’idea dominante però è che il carcere debba punire duramente, quando invece dovrebbe riabilitare il cittadino. Qualcuno ogni tanto si dimentica questo.>>

  • C’è troppo rigorismo morale, per cui si teme di simpatizzare con i detenuti?

<<Simpatizzare con i detenuti forse è chiedere troppo. Lo Stato però deve preoccuparsi di rieducare il detenuto senza vendicarsi, mentre il cittadino deve sperare che quando queste persone escano dal carcere siano state rieducate. Io personalmente vorrei una città senza rischi con persone nuove che non ricadano nei delitti.>>

  • Senza voler attaccare il sistema penitenziario. Non è che molto spesso ci si nasconde dietro la legge? Ovvero si pensa che perché c’è una legge scritta automaticamente questa è giusta?

<<Quello di questa intervista è un tema molto piccolo e di nicchia, ma di grande civiltà, dunque un Paese civile non può ignorarlo. Però io ho un’impressione positiva sul fatto che riusciremo a risolvere il problema perché tutta l’aula ha votato il DDL quando l’ho proposto in Parlamento, e l’ho proposto con forza nonostante fossimo in piena emergenza pandemica. Questo vuol dire che l’accordo tra le parti politiche si trova se il tema lo si pone bene e si discute senza ideologismi. Comunque il tema vero è che la legge serve. Tra vent’anni questi bambini che ora sono rinchiusi dove li troveremo? Con molta probabilità in un carcere per adulti perché sono stati lasciati soli in una situazione di emarginazione. Bisogna dare a questi bambini la possibilità di non fare gli errori dei genitori, ma se li metti in un carcere come fanno a riscattarsi?>>

  • Il DDL a suo nome è stato ripresentato in questa legislatura dall’Onorevole Serracchiani, inoltre Laura Liberto, coordinatrice nazionale di Giustizia per i diritti-Cittadinanzattiva, l’ha ringraziata per l’impegno profuso. La maggioranza però è di un altro colore politico. C’è comunque speranza che venga approvato?

<<Ho molta speranza che venga approvato perché nella scorsa legislatura il centrodestra ha votato con me questa legge che tra l’altro abbiamo discusso insieme. Siamo riusciti a collaborare indipendentemente dal colore politico. Ho anche avuto un attimo rapporto con l’Onorevole Bellucci di Fratelli d’Italia. Quindi io sono molto fiducioso che, a meno di intoppi, la proposta di legge passerà, anche perché sarebbe abbastanza strano se non passasse. Pensiamo però che alle ultime votazioni il centrodestra avrebbe votato contro la proposta se non avesse voluto approvarla. Il Parlamento quando vuole funziona bene.>>

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Giornalista regolarmente tesserato all'Albo dei Giornalisti di Puglia, Elenco Pubblicisti, tessera n. 183934. Pongo domande. No, non sono un filosofo (e nemmeno radical chic).