Esteri
Juana Azurduy: il cinema militante di Jorge Sanjinés restituisce voce a un’eroina indigena della Patria Grande

Di Maddalena Celano
Roma, 23 maggio 2025 — Nella sede dell’Ambasciata dello Stato Plurinazionale della Bolivia presso la Santa Sede, si è svolta la proiezione del film “Juana Azurduy, guerrillera de la Patria Grande”, diretto dal maestro del cinema militante latinoamericano, Jorge Sanjinés. L’evento ha attirato militanti, intellettuali, rappresentanti diplomatici e persone impegnate nei processi di decolonizzazione della memoria e della cultura.
In sala erano presenti, tra le altre e altri, S.E. Teresa Subieta Serrano, Ambasciatrice di Bolivia presso la Santa Sede e il Sovrano Ordine di Malta , il dr. Carlo Mearilli del Circolo Amerindiano, esperto di cinema latinoamericano, la scrittrice Patrizia Boi e la poetessa ecuadoregna Veronica Paredes.
Il film – prodotto dallo storico collettivo Grupo Ukamau – è un’opera potente, che sfida frontalmente l’oblio imposto dal colonialismo e dal patriarcato alla figura di Juana Azurduy de Padilla (1780–1862), combattente indigena di origine meticcia, cresciuta in condizioni di povertà ed esclusione, eppure divenuta una delle principali protagoniste delle guerre d’indipendenza nel Vicereame del Río de la Plata.
Con una narrazione intensa e poetica, la pellicola ricostruisce la lunga marcia rivoluzionaria della Azurduy – 16 anni di lotta armata al fianco del marito Manuel Ascencio Padilla, fino alla sua morte in battaglia. Nonostante il dolore personale, Juana seppe guidare centinaia di combattenti, tra cui numerose donne e popoli indigeni, resistendo all’oppressione dell’Impero spagnolo e alla successiva emarginazione da parte delle oligarchie creole.
La narrazione prende forma attraverso i ricordi di Juana ormai anziana, nella città di Sucre, quando riceve la visita di Simón Bolívar e Antonio José de Sucre. Ma non si tratta solo di una rievocazione storica: Sanjinés utilizza il linguaggio cinematografico per portare avanti una precisa critica politica. Il film denuncia l’esclusione delle donne e dei popoli originari dalla narrazione ufficiale delle rivoluzioni latinoamericane, e invita a riscrivere la storia dal basso, partendo da chi ha davvero pagato il prezzo della liberazione.
Juana Azurduy, proto-femminista, madre, guerrigliera e indigena, incarna l’ideale della Patria Grande come sogno popolare e non elitario, come progetto di giustizia sociale e liberazione nazionale fondato sull’unità tra i popoli e sull’uguaglianza di genere. La sua vita fu spogliata di onori; morì in povertà, emarginata da quegli stessi Stati per cui aveva combattuto. Solo oggi, grazie a film come questo, la sua figura può tornare a ispirare le lotte delle donne, dei popoli indigeni e degli antimperialisti del XXI secolo.
La proiezione, tenutasi nella sede diplomatica di Via di Porta Angelica 15, ha dato il via a un ciclo di iniziative culturali promosse dall’Ambasciata della Bolivia per rafforzare il legame tra il Paese andino e i movimenti solidali in Italia. Al termine della visione, un momento di dibattito ha permesso di riflettere sull’attualità del cinema di Sanjinés, che da oltre mezzo secolo mette la settima arte al servizio delle masse oppresse.
In un’epoca segnata dalla restaurazione autoritaria e dalla cancellazione della memoria collettiva, recuperare la storia di Juana Azurduy non è un atto culturale, ma un dovere politico.
