Esteri
La Siria e il peso delle scelte
Osservo i miei amici che salutano la “nuova Siria” con un misto di comprensione e amarezza. Spero che le loro aspirazioni si realizzino. Ma temo che, in un futuro non troppo lontano, quei sogni si scontreranno con una realtà ancora più dura, fatta di divisioni, occupazioni e guerre senza fine.
Di Maddalena Celano
Negli ultimi giorni, ho visto amici e conoscenti siriani cambiare bandiera, sostituendo quella della Repubblica Araba Socialista a due stelle con quella a tre stelle dei “ribelli”. È un gesto che parla di speranze, paure e necessità. Non mi sorprende: in ogni guerra, chi sente di trovarsi dalla parte dei perdenti spesso sceglie di adattarsi ai nuovi equilibri, a volte per convinzione, altre per salvare se stesso o per opportunità.
Non è mio intento giudicare queste scelte né parlare di tradimento. Leggo nei loro messaggi e nei loro gesti la speranza per una “Siria libera”, un futuro di pace e prosperità. E, nonostante il dolore che provo per ciò che è accaduto al paese, auguro sinceramente che quei sogni possano avverarsi. Tuttavia, non riesco a ignorare i dubbi.
La realtà della Siria di oggi non sembra indicare un cammino verso la pace. La guerra civile, che ha già distrutto vite e comunità, rischia di diventare una costante. Le forze ribelli sono divise in correnti incompatibili, con obiettivi e ideologie che non potranno coesistere a lungo.
Nel Nord, le tensioni tra filo-turchi sostenuti da Erdogan e le milizie curde appoggiate da Israele e Stati Uniti promettono altri conflitti. Le risorse naturali della Siria, già controllate da potenze esterne, difficilmente contribuiranno alla ricostruzione del paese. Al Sud, l’autonomia dei drusi, fomentata da Tel Aviv, aggiunge un ulteriore elemento di frammentazione. E Israele, occupando nuove aree oltre il Golan, espande il suo controllo sul territorio siriano, riducendo ulteriormente la sovranità del paese.
In questo scenario, una Siria unita e prospera sembra un’utopia. In molti, col tempo, potrebbero ripensare al passato con rimpianto, ricordando la Repubblica araba socialista come un periodo di maggiore stabilità, nonostante le sue contraddizioni e i suoi fallimenti.
Assad, pur avendo commesso gravi errori – dalla mancata lotta alla corruzione alla fuga davanti a questa disfatta – rappresentava un progetto nazionale, seppur imperfetto. Ora, la Siria rischia di diventare un mosaico di territori in conflitto, frammentata e sotto l’influenza di potenze straniere.
Osservo i miei amici che salutano la “nuova Siria” con un misto di comprensione e amarezza. Spero che le loro aspirazioni si realizzino. Ma temo che, in un futuro non troppo lontano, quei sogni si scontreranno con una realtà ancora più dura, fatta di divisioni, occupazioni e guerre senza fine.