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USA 2024 : Le ricette  della  Harris “Molto populismo con una forte dose  conservatrice”

 Sia nei programmi  di Trump che in questi della Harris in comune emerge  un tratto largamente “populista” .

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Credit foto https://www.agi.it/estero/news/2024-08-20/cos-e-harrisnomics-economia-opportunit-27539341/

Di Fulvio Rapanà
Come ho scritto nell’articolo del 13 ottobre “l’America non è né Trump né  la Harris”, direi per fortuna visto lo spettacolo grottesco e poco rassicurante che stanno dando entrambi nella peggiore campagna elettorale presidenziale di sempre. Da quando è diventata la candidata democratica alla presidenza la Harris ha presentato, sconfessato, affermato e smentito una serie di progetti sociali  sull’assistenza sanitaria, gli alloggi, gli assegni familiari e altro ancora,  che, a 20gg dalle elezioni (!!), continuano a dare una idea piuttosto confusa dei programmi  politici, economici e sociali che, se eletta, ha intenzione di  realizzare  per i prossimi 4 anni.  E’ un programma  che vuole fonde il populismo di sinistra, attento ai diritti e all’assistenza, con una migliore propensione per la struttura produttiva che ha portato i critici ad accusare la Harris  di aver cercato di compattare le fazioni interne dell’ala democratica del partito unico americano, con un programma che vorrebbe essere più ampio e inclusivo della società americana rispetto a quanto ha fatto Biden.

Se c’è un parte del  programma elettorale della Harris che suscita perplessità  per una certa indeterminatezza è proprio quello economico. D’altronde  fare meglio di Biden e soprattutto del duo Yellen, Segretario al Tesoro, Jerome Powell, Presidente della Fed, è veramente difficile. Questi due grandi economisti in 5 anni hanno tirato fuori gli Usa  dal pantano post covid e post politiche economiche di Trump. Senza troppi proclami  con piccoli e ben precisi aggiustamenti e dosaggi fra spinte e frenate hanno rimesso in moto in modo magistrale l’economia che ora naviga in acque  più sicure . I dati parlano chiaro 1):

2020 PIL  -2,2%         INFLAZIONE 1,2%

2021 PIL +5,8%         INFLAZIONE 4,7%

2022 PIL +1,9%         INFLAZIONE 8,1%

2023 PIL +2,5%         INFLAZIONE 4,1%

2024 PIL + 2,4%        INFLAZIONE 3,0%

Il miglioramento del PIL e  la riduzione dell’inflazione hanno permesso un taglio dei tassi di interesse a tutto vantaggio delle aziende e dei  privati. Questo conferma che per fortuna l’America non sono né i Presidenti né i candidati e nemmeno il Congresso.  La prima proposta di politica economica della  Harris  ha immediatamente sollevato preoccupazioni a Wall Street. In risposta all’elevata inflazione degli ultimi anni, la Harris ha annunciato in agosto che avrebbe vietato il “price gouging” per i generi alimentari. Il “price gouging” è un termine dispregiativo usato per riferirsi alla pratica di aumentare i prezzi di beni, servizi e materie prime a un livello molto più alto di quanto considerato ragionevole o giusto, a danno dei consumatori, approfittando e speculando sulla debolezza del mercato. Ha inoltre promesso di proibire ai proprietari di case aziendali di utilizzare algoritmi per la determinazione degli affitti, di voler concedere un sussidio federale di 25.000 dollari a chi acquista una casa per la prima volta, e di migliorare gli assegni familiari per le famiglie con  figli.  Sono  proposte fatte per rientrare in sintonia con gli elettori della base del partito Democratico piuttosto arrabbiati con l’amministrazione Biden che nulla ha fatto nel moderare  l’eccesiva voracità speculativa delle multinazionali  per gli alti costi degli affitti e dei generi alimentari  alimentato  in questo modo l’impennata dell’inflazione post pandemia e ridotto di fatto il potere di acquisto dei ceti medi e medio-bassi. Il prezzo medio delle case negli Usa dal 2019 ad oggi è aumentato del 48% con punte in alcuni stati dl 100% e per ridurre la bolla immobiliare la Harris ha inoltre promesso misure volte ad aumentare l’offerta di alloggi attraverso incentivi per le nuove costruzioni con una riduzione della regolamentazione governativa.

 Delineato il pacchetto di soluzioni per i privati  la Harris e il suo staff si sono rivolti a Wall Street per capire quali possono essere delle proposte innovative per le aziende da inserire nel suo programma. Ne sono scaturite incontri e confronti con le maggiori istituzioni finanziarie americane da cui è venuta fuori una proposta  interessante e fino ad ora estranea alle tradizioni imprenditoriali americane. In un discorso di agosto a Pittsburgh ha dichiarato di volere approvare una riforma fiscale  “ che renda più facile per le imprese far partecipare i lavoratori alla gestione dell’azienda e al suo successo”. Non è la “cogestione” alla tedesca ma certamente una novità rispetto alla struttura economica che si è formata in 170 anni. Ha inoltre promesso a banchieri e investitori  di rivedere la normativa sugli extraprofitti finanziari riducendo l’aliquota fiscale che vuole Biden e che  costerebbe al sistema finanziario 5.000 mld. di dollari . In mezzo a misure mirate a privati e aziende  la Harris ha tirano fuori proposte cerchiobottiste: aumento delle aliquote fiscali per le società dal 21% al 28%, a differenza di Trump che promette di eliminarle (!!); ha promesso  detrazioni fiscali e la semplificazione delle pratiche burocratiche per le piccole imprese; ha proposto  un approccio più flessibile all’applicazione delle norme antitrust, sostenendo “regole statali coerenti e trasparenti per creare un ambiente aziendale stabile”. Parlava in generale ma il pensiero  era rivolto a Google minacciato dall’antitrust americana di “posizione dominante acquisita illegalmente” che può portare ad uno smembramento dell’azienda.   Ovviamente i critici  chiedono alla Harris come farà a finanziare   per esempio  il suo piano  per gli alloggi e gli assegni familiari  che si stima costerebbe circa 1.700 miliardi di dollari nel prossimo decennio. Ma i politici in tutto il mondo spesso dimenticano di dichiarare dove prenderanno o soldi per attuare le politiche proposte.

Come scrive Krougman  sul New York Times “la  politica economica di Kamala Harris fonde il populismo dell’ala di sinistra del partito con piani fiscali centristi per rispondere alle preoccupazioni e alle esigenze degli imprenditori”. I critici di destra e di sinistra vedono nel miscuglio delle proposte della Harris  non tanto una grande visione unitaria e innovatrice quanto uno sforzo di dire quello che gli potrebbe servire per battere Trump.                                       

                                         Sia nei programmi  di Trump che in questi della Harris in comune emerge  un tratto largamente “populista” . Il populismo  di Trump è più facile da attuare in quanto per introdurre i dazi basta un ordine esecutivo del Presidente, ma è una misura estremamente più pericolosa per la stabilità del sistema economico americano. Il populismo della Harris è  più concreto  e inciderebbe molto più nella società americana ma è altrettanto in gran parte inattuabile perché si tratta di misure di politica interna controverse rispetto alle idee dei conservatori, anche del suo partito, che per passare al congresso avrebbero bisogno del sostegno trasversale di entrambi le fazioni che non c’è e difficilmente ci sarà chiunque vinca le elezioni Presidenziali e Congressuali.

Come scrive Elena Schneider su Politico.com “nonostante gli ottimi risultati in economia dell’amministrazione Biden/Harris  e un migliore  riposizionamento degli Stati Uniti nella leaderchip dell’occidente una parte rilevante dei cittadini Usa ritiene che sia venuto il momento di voltare pagina rispetto alla società che si è andata cristallizzando negli ultimi 30 anni. Che questa impostazione di società  non abbia più carburante e c’è  la necessità di soluzioni nuove e diverse che la Harris non offre.  La Harris vuole continuare le politiche di Biden con aggiustamenti legati a quello che in questi quattro anni ha funzionato o non ha funzionato ma non descrive una rivoluzione sociale ed economica che faccia partire una fase nuova della civiltà americana così come realizzò Reagan  30 anni fa’”. 

Da quello che leggo tutti i giorni sui giornali americani mi porta dritto alla tesi di fondo di Alan Friedman che nel suo ultimo libro “La fine dell’impero Americano” scrive: “chiunque dei candidati sarà presidente per i prossimi 4 anni non ha le qualità e la capacità politica di fermare il declino degli Usa come unica potenza imperiale sopratutto a causa dei conflitti interni, così come è successo per l’impero Romano, gli Stati Uniti sono spaccati in due fazioni alimentate proprio da politici scadenti per i loro esclusivi interessi in cui la coesione e i valori comuni non esistono più”. Sarà ma intanto la Harris,  dice il New York Times,  ha stracciato tutti i records precedenti di raccolta fondi incassando in tre mesi più di un miliardo di dollari e quasi doppiando la raccolta fondi di Trump, nonostante Musk. Direi non solo la peggiore campagna Presidenziale di sempre ma anche la più costosa.

1) https://it.investing.com/economic-calendar/gdp-375

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