Esteri
Il Teatro Pacifico
Area del Pacifico: si spostano qui le tensioni crescenti tra Occidente e Cina e le cause di nuove tensioni tra USA e UE. Campagna mediatica contro la Cina. Le crescenti tensioni tra Pechino e Taiwan. Elezioni in Russia.
Aree di crisi n. 84 del 18-9-2021
Di Stefano Orsi
Area del Pacifico
L’area dell’Oceano pacifico si appresta a divenire il fronte di crisi più caldo del globo.
Quello che dal secolo scorso gli Stati uniti considerano il “cortile di casa” è minacciato dall’espansionismo economico e ora anche militare della Cina.
Il programma navale cinese porterà nel giro di pochi anni il Paese ad essere una presenza costante e attiva nel Pacifico, questo non è uno sviluppo gradito agli USA.
Washington si sta riposizionando predisponendo le sue pedine per una risposta negli anni a venire, il primo a farne le spese è stato il Presidente Macron.
La Francia aveva partecipato vittoriosamente alla gara indetta nel 2007 per lo sviluppo di una classe di sottomarini che sostituisse gli obsoleti modelli australiani.
La gara era stata vinta proponendo un modello direttamente derivato dalla classe nucleare Suffren francese che avrebbe preso il nome di Shortfin – Barracuda, con propulsione diesel elettrica.
Il Naval Group francese si era aggiudicato la commessa del secolo del valore tra i 50 ed i 90 miliardi di dollari per la realizzazione di 12 sottomarini.
Gran parte dei lavori sarebbero stati eseguiti nei cantieri di Adelaide e progettazione e modifiche presso il Naval Group in Francia, previsti circa 3500 posti di lavoro in più tra Adelaide e la Francia.
Non sono mancati in questi anni diversi attriti tra Parigi e Canberra, innanzitutto i costi, passati tra i previsti 50 ai probabili 80, ma che, spostati negli anni di durata del progetto e realizzazione, sarebbero probabilmente divenuti 120.
Con un costo unitario previsto a battello di 2,5, il costo era davvero divenuto troppo elevato, contando che si trattava di battelli sì evoluti, ma comunque non nucleari, con tutte le limitazioni di missione conseguenti.
È a questo punto che si inseriscono gli Stati Uniti, che fiutano la possibilità di rafforzare la presenza navale strategica nel Pacifico dotando l’Australia, fedelissimo alleato che ha aderito al progetto AUKUS (Australia, United Kingdom, United States), di battelli di ultima generazione e nucleare.
AUKUS si propone di implementare le difese comuni nel teatro del grande oceano attraverso una forte alleanza politica e militare.
Segretamente sono iniziati i contatti ai massimi vertici politici e della difesa, tutto all’insaputa dei colleghi della NATO francesi.
La proposta americana si è rivelata davvero allettante, per lo stesso costo avrebbero proposto di dotare l’Australia di 8-10 modernissimi sottomarini nucleari di classe Virginia con l’aiuto dei Britannici che si sarebbero occupati di fornire i reattori per l’unità propulsiva.
Occorre notare come il teatro del Pacifico, con le sue enormi distanze, sia assolutamente adatto a sottomarini nucleari, in grado di muoversi perennemente in immersione percorrendolo in tutta la sua grandezza, cosa del tutto impossibile per un mezzo a propulsione diesel elettrica anche se dotato di moderne celle a combustibile elettriche.
Il premier australiano Morrison ha precisato, nel suo annuncio da Adelaide, nella sede dei cantieri navali, che gli 8 battelli verranno realizzati in Australia, gli USA puntano, in cambio di poter basare i loro sottomarini nucleari tattici presso la base di Perth, mentre il Premier australiano ha precisato che i loro battelli non saranno dotati di armi nucleari.
La Gran Bretagna fornirà loro i reattori nucleari navali realizzati per i loro sottomarini di classe Astute.
Macron non ha digerito bene il boccone amaro.
Due i fattori che non può accettare.
Primo: è stato tenuto all’oscuro di tutta l’operazione dai suoi “alleati”, la GB e gli USA soffiano l’affare del secolo ed ai Francesi e questo non va giù.
Secondo: i cantieri del Naval Group si trovano in “cattive acque” ed ora la crisi si fa drammatica.
Devono affrontare una crisi di commesse e dovranno diminuire i loro occupati, cosa che mal depone per la presidenza di Macron.
Ieri ha quindi richiamato i suoi ambasciatori da Washington e da Canberra per immediate consultazioni, diplomaticamente è una esposizione di tutto il malcontento dell’Eliseo.
C’è un altro attore di questo dramma ad essere particolarmente irritato dalla mossa del cavallo statunitense, la Cina.
Le immediate dichiarazioni del portavoce del Ministero degli esteri Zhao Lijiang riportano tutte le preoccupazioni per l’esportazione di tecnologia nucleare di impiego militare in Australia, sviluppo che riporta immediatamente il clima dei rapporti ai tempi della Guerra Fredda.
È purtroppo evidente che il portavoce cinese abbia ragione da vendere.
Gli USA con questa mossa intendono contenere le aspirazioni cinesi, che hanno molte unità navali in cantiere, mezzi di ultima generazione, che li porteranno in breve ad essere, almeno sulla carta, la prima potenza navale per flotta militare al mondo.
Nel 2022 probabilmente verrà varata la Type 003, una nuova classe di portaerei che andrà ad affiancarsi agli altri due modelli 001 e 002, la prima completata in Cina da un modello iniziato in Unione Sovietica, gemella della Kuznetsov russa, la seconda modificata e in parte riprogettata interamente in Cina, seppur basata sul primo tipo, entrambe di tipo STOVL.
La terza invece è una superportaerei, dotata di catapulte elettromagnetiche, ma ancora a propulsione convenzionale, per stazza paragonabile alla classe Nimitz.
La Type 004, invece, già messa in cantiere ed in fase avanzata di realizzazione, sarà equivalente per stazza alla classe americana Gerald Ford, oltre le 100.000 tonnellate di stazza, e sarà dotata di propulsione nucleare.
A fianco di queste c’è tutta una nuova generazione di fregate e cacciatorpediniere che le affiancheranno, mezzi molto moderni ed equivalenti ai corrispettivi occidentali.
Il rafforzamento di mezzi nucleari nel Pacifico è chiaramente letto come mossa di contrasto alla Cina.
L’irritazione francese si manifesta nelle parole dell’ex ambasciatore Gerard Araud, che ha spiegato che le difficoltà incontrate dal progetto dei Shortfin Barracuda risiedessero proprio nella loro trasformazione in mezzi convenzionali, dato che tutti i sottomarini francesi di classe Suffren nascevano come mezzi nucleari, sarebbe quindi stato molto più semplice se avessero optato per prendere i mezzi nucleari dalla Francia direttamente come da progetto originario francese.
Non ha tutti i torti l’ex ambasciatore, ma dietro la gestione di questa mossa si cela probabilmente la volontà degli USA di tenere fuori Parigi, e la UE, dal teatro del Pacifico e di legare in maniera molto stretta a sé gli alleati di Washington.
Del resto i dubbi sul golpe in Guinea, che hanno visto partecipare alle operazioni dei contractors statunitensi, lasciano aperte molte domande anche sullo scacchiere africano.
La vicenda comunque ci serberà altri risvolti di certo e attendiamo le contromosse dell’Eliseo, che non tarderanno a venire.
Del resto, le decisioni unilaterali degli USA in questi anni iniziano ad essere meno accettate dai suoi alleati.
Qualcuno ha fatto notare come il ritiro dall’Afghanistan fosse stato interamente contrattato dagli USA sebbene la missione fosse della NATO.
Lo stesso progetto AUKUS vede esclusa la NATO e anche la UE, parallelamente si muove un ulteriore progetto denominato FIVE Eyes, in esso sono coinvolti esclusivamente, finora, USA, Gran Bretagna, Canada, Australia e Nuova Zelanda, e riguarda la condivisione e l’integrazione dei servizi di informazione ed intelligence.
In particolar modo la condivisione delle reti di sensori e spionaggio.
Recentemente si vocifera dell’ingresso a pieno titolo del Giappone in questo gruppo, finora riservato ai Paesi anglosassoni.
Diversi sono i Paesi che si starebbero candidando per entrare a pieno titolo nell’alleanza, tra cui l’Italia, per voce del membro del COPASIR il piddino Borghi.
Taiwan e Cina
La tensione con la Cina si sta portando sempre verso maggiore livello di attenzione.
Mentre sull’Isola, provincia ribelle della Cina, si stanno svolgendo esercitazioni militari congiunte di terra e navali (Han Kuang 37), sono state effettuate diverse incursioni da parte di Pachino nello spazio aereo di riconoscimento di Taiwan. Non si tratta di una violazione vera e propria dello spazio aereo, ma dell’ingresso in un’area che obbliga all’intercettazione per riconoscimento, mediante impiego di caccia intercettori.
Recentemente non si è trattato dell’avvicinamento di un solo velivolo come in passato, in genere un solo caccia o un bombardiere. In questi giorni sono state inviate squadriglie anche di dieci caccia, come a ribadire che quello spazio aereo sia cinese e solo cinese.
L’irritazione di Pechino verso i contatti di Taipei con il Giappone, per lo sviluppo di sistemi d’arma e l’aumento di spesa nel bilancio della difesa per quasi 9 miliardi di dollari, non sono stati molto graditi.
Il messaggio inviato dalla Cina è chiarissimo: non saranno tollerate velleità indipendentiste da parte di Taiwan, che per loro è e resta una provincia ribelle della Cina unita.
La determinazione cinese ci chiarisce che, se venisse tentata la via del riconoscimento dell’indipendenza di Taiwan dalla madrepatria, da parte di chicchessia, loro reagirebbero immediatamente e con decisione ferrea.
Campagna mediatica anti-cinese
La stessa fermezza viene mostrata nei confronti delle campagne di informazione contro Pechino organizzate dall’Occidente.
Sono stati creati ad hoc alcuni temi volti a mettere in sempre crescente difficoltà Pechino.
Honk Kong, con la rivolta degli ombrelli, è stata palesemente una mossa organizzata dall’esterno e fomentata col tentativo di innalzare la tensione, causare incidenti ed accusare la Cina di reprimere brutalmente le manifestazioni, quando anche dalle immagini, le forze di sicurezza hanno sempre agito con minore aggressività rispetto a quella mostrata ad esempio in Europa in occasione di scioperi o proteste, come nel caso dei Jillet Jaunes in Francia.
Hong Kong non è l’unico caso, anche la vicenda degli Huiguri rappresenta un chiaro esempio di attacco mediatico.
Non risulterebbe infatti nessuna reale persecuzione contro la minoranza etnica.
C’è invece tensione a causa di alcune frange di estremisti islamici, alcuni di questi hanno combattuto anche con l’ISIS in Siria.
La Cina si è attivata per eradicarli dal territorio, inoltre gli estremisti cercano di imporre costumi di sottomissione contro le donne, e queste pratiche sono combattute in Cina dal governo che vede da sempre nell’emancipazione femminile una reale possibilità di sviluppo per il socialismo nel Paese.
L’informazione distorce quindi le informazioni al fine di creare un clima anti-cinese nel mondo, sono cose che abbiamo già visto e conosciuto bene in Siria ed in altri teatri dove la tensione è stata portata alle estreme conseguenze, come anche in Libia o in Ucraina, o nel Kosovo, e prima ancora in Cecenia.
La strategia è la stessa che vediamo da anni applicata contro la Corea del Nord, per fare un esempio, secondo alcuni organi di stampa italiani, che citavano “affidabili” fonti di informazione coreane, uno zio del Presidente Kim Jong Un era stato da lui fatto fucilare con un cannone antiaereo e, addirittura, dimentichi di averlo fatto resuscitare, diffusero a distanza di tempo la stessa notizia, peccato che poi fosse apparso in pubblico, lo stesso Leader è stato dato più volte per morto per poi vederlo riapparire.
Le tensioni con la Cina non risparmiano nemmeno la vicenda del virus Sars Cov 2 che gli organi di stampa continuano ad indicare come nato in Cina, o diffuso per caso da un laboratorio cinese, seppure in assenza di prove , anzi esistono elementi che ne provano la possibile presenza in Italia già nel settembre del 2019, come da esami effettuati dall’Istituto dei tumori di Milano su alcuni campioni conservati.
Eppure l’informazione asservita a secondi fini riporta le versioni di Washington senza un’attenta analisi critica e una ricerca su elementi in contraddizione con i fatti.
Procedendo su questa strada si porrà una frattura sempre più grande tra la credibilità dei nostri media ed i cittadini, parte di questo si evidenzia anche nelle contraddittorie e confusionali informazioni riguardanti la pandemia, e i continui errori comunicativi sulle misure necessarie al suo contenimento.
Anche quindi contro la Cina è in atto da tempo una guerra mediatica, che necessita di creare casi di persecuzione anche laddove non ve ne siano.
Ad Hong Kong, per esempio, le autorità hanno reagito alle violenze dei manifestanti esattamente come le nostre istituzioni fanno quando se ne presenta la necessità nelle nostre città, eppure contro di esse è stata montata una campagna basata sulla violenta repressione dei “manifestanti per la democrazia”.
Termini già usati nei copioni delle operazioni di destabilizzazione portate avanti in Ucraina e tentate, ma fallite, in Bielorussia ed in Russia o in Iran.
Sull’onda di queste campagne informative ingannevoli, si sospinge la crisi diplomatica con la Cina, l’ambasciatore cinese in Gran Bretagna è stato respinto ad un incontro al Parlamento inglese, il Parlamento europeo ha congelato un accordo di cooperazione con la Cina proprio a causa delle sanzioni emesse da questa contro alcuni Parlamentari europei responsabili della diffusione di informazioni false contro la Cina proprio sulla vicenda degli Uiguri.
Ecco come si impediscono normali relazioni tra Paesi, mediante l’uso della disinformazione organizzata e programmata.
Elezioni politiche in Russia
Si stanno svolgendo in questi giorni, iniziate venerdì con conclusione domenica, le operazioni di voto per il rinnovo della Duma, il Parlamento russo.
Si vota anche attraverso una piattaforma elettronica.
Il Presidente Putin si trova in isolamento a causa della positività di decine di collaboratori del suo staff, lui è risultato negativo al tampone, almeno in base a quanto è stato detto, ha usufruito di questa forma di voto elettronico mostrandosi anche in un video dal suo ufficio.
Vladimir Putin ha lanciato anche un appello agli elettori perchè si rechino a votare.
Particolare attenzione delle forze di polizia russe è stata rivolta al controllo ed al monitoraggio degli attacchi informatici contro la piattaforma di voto.
La presidente della Commissione elettorale, Ella Aleksandovna Pamfilova, ha denunciato gli attacchi informatici che, stando alle ricostruzioni degli esperti della polizia, sono partiti principalmente dagli USA e poi a scalare da Ucraina , Polonia e Germania.
Altro passaggio importante, dopo la convocazione dell’ambasciatore statunitense dei giorni scorsi, è stato l’imposizione del blocco alla applicazione dei sostenitori di Navalny, che si riproponeva di indicare via telefono il voto definito “intelligente”, ovvero indicare quale candidato, non di Patria Unita, il partito di maggioranza, avrebbero dovuto votare.
Un modo per intestarsi le eventuali vittorie dei candidati di opposizione, intendo anche quella vera, del Partito Comunista Russo, di Zyuganov.
Apple, Google, Telegram hanno dovuto cedere alle forti pressioni del governo russo e hanno dovuto rispettare la legge contro le ingerenze chiudendo l’applicazione.
Da notare come siano attive anche in Russia ONG finanziate dall’Occidente che organizzano in maniera sistematica la delegittimazione del voto russo, come si può vedere nel video qui sotto al minuto 23 e 30 secondi.
Queste ONG, agiscono come organizzatori del dissenso, coordinando i gruppi, fornendo supporto, spesso anche pagando gli agitatori, il loro impiego è stato studiato durante le manifestazioni partite in Bielorussia dopo la rielezione del Presidente Lukashenko, manifestazioni che hanno cercato addirittura di spingere il Paese verso un colpo di stato.
I principali esponenti che tentarono questa manovra sono stati arrestati, altri sono stati rilasciati in cambio della loro partenza per la Polonia, motore e centro logistico delle operazioni delle opposizioni.
Proprio in questa settimana sono state comminate le prime condanne.
Nel caso di Maria Kolesnikova, la condanna è arrivata a 11 anni di reclusione, severa ma proporzionale al gravissimo reato commesso.
Se pensiamo alla vicenda di Julian Assange in Occidente,
in carcere da anni, in condizioni di detenzione disumane, per aver diffuso dati riservati che svelavano i crimini commessi nei teatri di guerra da diversi Paesi occidentali, c’è di che restare attoniti di fronte alle attenzioni riservate dalle istituzioni nostrane nei confronti della Kolesnikova e all’indifferenza totale nei confronti di Assange.