Esteri
Gli USA si ritirano anche dall’Iraq
La situazione in Iraq in vista del ritiro USA e come cambierà la missione NATO, situazione in Siria, Perù, Afghanistan, Tunisia, Crisi Israele Iran.
Di Stefano Orsi
Aree di crisi nel mondo n. 78 del 31/7/2021
Il ritiro USA dall’Iraq e perchè ci tocca da vicino
Il giorno 26 luglio , presso la Casa Bianca, è stata firmata l’intesa tra i governi USA e dell’Iraq sul ritiro graduale di tutte le forze armate USA dal paese mediorientale.
È questo un ritiro che parte da lontano, da quella credenza che una volta conquistata Bagdad la guerra fosse vinta, lo stesso errore commesso in Afghanistan, ovvero la mancanza totale di un concreto piano per il dopo, il classico caso in cui i muscoli mostrati, lasciavano il posto alla mancanza di un cervello funzionante che ne dirigesse l’impiego.
Entro la fine del 2021 vedremo gli USA fare su i bagagli e abbandonare le basi che hanno costruito in questi 19 anni di occupazione. Ma le altre missioni NATO che faranno? L’Italia è presente nel settore di Irbil, zona curda, a tal proposito il mese scorso si sono incontrati il segretario di stato USA Blinken e il nostro misero Di Maio, immaginate solo che razza di opinione si faccia del nostro Paese qualunque ministro estero che abbia a che fare con lui…
Il succo del discorso è stato però incentrato sul previsto aumento di forze della NATO che subentrerebbero alla scomparsa delle forze USA. Le truppe dell’Alleanza passerebbero dalle 400 a 5000 unità, un aumento davvero esagerato. La notizia peggiore credo sia però il fatto che all’Italia diano il comando delle suddette forze a partire dalla primavera dell’anno venturo.
Non credo sia un premio al merito ma un lasciare in mano nostra la “patata bollente” nel caso che anche le forze NATO non dovessero più risultare gradite al popolo iracheno mi chiedo cosa altro potremmo fare se non preparare le valige.
Un comando tanto delicato assegnato a noi in questo frangente, sebbene per merito di rotazione, credo sia più un contentino all’ego malato del nostro Di Maio che si sarà lasciato ammaliare in cambio di un maggiore impiego di truppe, ed esborso di soldi, che ci costerà questa ennesima inutile missione.
Quale sarebbe il compito delle NATO in Iraq? Tutelare quali interessi difensivi? Non di certo la lotta al terrorismo, il maggiore sforzo bellico, come tutti sanno, è stato sostenuto dalla Siria con i suoi alleati Russia, Iran ed Hezbollah libanesi, in Iraq la parte del leone l’hanno fatta le milizie sciite guidate proprio dalle vittime dell’attentato terrorista commesso dagli usa nel gennaio 2020 con l’assassinio del generale iraniano Soleimani in visita ufficiale in Iraq.
In Siria e Iraq poi i terroristi facevano e fanno tuttora ampio utilizzo di armi di fornitura della NATO, come i missili anticarro TOW statunitensi.
Perché dunque dovremmo pagare tanto per farli restare la?
In Siria oltretutto gli USA mantengono la bellezza di 9000 truppe di occupazione del tutto illegale e criminale, operando crimini di guerra come il furto delle risorse appartenenti al popolo siriani, come il petrolio.
Se noi invieremo più truppe in Iraq, di fatto serviremo come base logistica per il proseguimento dell’occupazione illegittima USA in Siria e diverremo di fatto parte della macchina bellica USA e quindi bersagli legittimi della resistenza sciita.
Non credo affatto che un ministro del calibro di Di Maio abbia avuto le capacità di valutare con attenzione la delicatezza della situazione in Medio Oriente.
Il Ministro Di Maio – L’immagine by Confartigianato Imprese è sotto licenza CC BY-NC-SA 2.0
Gli USA hanno causato l’esacerbarsi della situazione in Iraq e ora scaricano il peso su di noi, credo dovremmo rifiutarci categoricamente di aumentare la nostra presenza e anzi valutare la convenienza di porre fine alla nostra presenza laggiù, inutile e anticostituzionale fin dalla sua origine.
Oltretutto pare permangano diverse incomprensioni tra le parti in quanto laddove gli USA parlano di “ridispiegamento”, la controparte irachena invece parla apertamente di “RITIRO” delle truppe statunitensi, i comandi di Washington vorrebbero dare l’impressione che la cosa sia differente dal modello Afghanistan, ma nei fatti gli iracheni pare abbiano più a cuore la realtà dei fatti.
I contatti ai massimi livelli dei governi iraniano ed iracheno in questi giorni, è stato in visita ufficiale a Baghdad il Ministro dell’Intelligence iraniano Mahmoud Alawi che ha incontrato il suo omologo Abdoul Ghani al Asadi, visita che segue quella ufficiosa del generale iraniano Hussei Taeb dei Guardiani della Rivoluzione di Teheran presso i comandi delle milizie sciite irachene Forze di Mobilitazione Popolare o PMU, quelle stesse milizie che si sono fatte carico di tenere costantemente sotto pressione le forze di occupazione occidentali, gli USA prima e poi forse le stesse orze NATO se davvero dovessero aumentare di numero.
Dall’assassinio del gen. Soleimani, le milizie PMU si sono fatte carico di colpire le truppe usa ovunque sul territorio iracheno fino al loro ritiro, se dovessero essere sostituite sul terreno dalle nostre truppe, ma dovessero proseguire nei bombardamenti con i caccia o i droni dal cielo contro le PMU, chi pensate che diverranno i loro bersagli per le ritorsioni? Chiaramente le truppe occidentali presenti, che saranno sotto il nostro comando, e su di noi ricadrebbe l’onere di organizzare le difese ed eventualmente le azioni volte a colpire gli aggressori, si innescherebbe una pericolosa escalation dovuta al fatto che gli USA non avendo forze di terra a rischio diretto potrebbero sentirsi maggiormente liberi di colpire le milizie, peraltro molto impegnate nel contrastare realmente i terroristi di Al Qaeda e dell’ISIS, mentre gli USA sono sempre più stati rivolti all’occuparsi del contenimento dell’Iran, bersaglio davvero fallito finora.
Dobbiamo oltretutto tenere conto della risoluzione del 5 gennaio del 2020 votata dal Parlamento iracheno che richiedeva il ritiro delle “forze straniere” dall’Iraq, non solo di quelle USA quindi ma di tutte le truppe di occupazione, NATO compresa, ma a quanto pare noi stiamo facendo orecchio da mercante demandando ogni trattativa agli USA.
In questo ultimo anno, l’attività contro i soldati di Washington ha visto una progressiva escalation qualitativa, non solo più solo IED, ordigni esplosivi improvvisati, ma anche e sempre più precisi attacchi con missili, più di recente con pericolosi e sofisticati droni suicidi.
I nostri soldati verranno quindi chiamati nell’ambito della missione Prima Parthica a correre rischi estremamente elevati per la loro sicurezza.
http://www.esercito.difesa.it/operazioni/operazioni_oltremare/Pagine/Iraq-Operazione-Prima-Parthica.aspx
Come specificato poco sopra, al termine del turno di comando danese, a maggio 2022 sarà l’Italia a doversi fare carico del comando in Iraq.
L’Italia vede due paesi come maggiori fornitori di greggio, al primo posto c’è l’Azerbaigian, e ben si comprende il silenzio che ha accompagnato la pesante azione bellica contro il Nagorno Karabak, e il secondo è proprio l’Iraq che nel 2019 era invece addirittura il primo fornitore. Si nota bene che non vi sia la Libia al primo posto, quando dal 2011 proprio una sciagurata operazione militare condotta dalla NATO ha gettato il Paese nel caos e nell’anarchia che ancora oggi perdura.
Non vorrei quindi che le opportunità che accompagnano un nostro maggiore impegno in questo Paese venissero vanificati da interessi contrari ai nostri di eventuali “alleati” che non esiterebbero a causare il fallimento anche di questa nuova missione.
L’Italia aveva accolto con grande entusiasmo la fine delle sanzioni all’Iran e chiuso ottimi affari vantaggiosi per le nostre imprese, ma con incredibile sudditanza verso gli USA, vi rinunciammo temendo di cadere nelle maglie delle loro sanzioni illegittime quando tradirono la parola data e la firma del trattato sul nucleare non eliminando le sanzioni prima e aggiungendone ulteriori poi.
Afghanistan
Kandaar
Una settimana fa i Talebani iniziavano a concentrare un numero di truppe maggiore attorno alla città in preparazione all’assalto finale.
Kandaar è la seconda città più popolosa del Paese.
Tra le numerose unità talebane giunte al fronte, si segnalano le truppe dei “Talebani Rossi” unità delle forze speciali che hanno ricevuto un particolare addestramento da istruttori di qualche esercito straniero ancora non ufficialmente individuato.
Dal 25 sono iniziati pesantissimo combattimenti nella periferia cittadina, le truppe talebane entrano da ovest e da sud nella cerchia urbana.
La situazione a Kandaar appare tanto grave che secondo fonti locali, gli USA avrebbero inviato sul posto una unità di forze speciali statunitensi per coordinare le difese cittadine.
Riteniamo che sia troppo tardi e che il destino della città sia ormai segnato.
Lashkar Gah
A ovest di Kandaar, la città di Lashkar Gah è ormai sotto pieno controllo delle truppe talebane, gli uffici del governatore sono assediati.
Forze speciali afgane hanno raggiunto questa città in elicottero essendo tutte le strade sotto controllo nemico.
Herat
Il 30 luglio sono iniziati pesanti scontri a fuoco presso Herat,
Le truppe fedeli ad Ismail Khan, ex comandante Mujaidin, tentano di fermare l’avanzata talebana ormai giunta ai sobborghi cittadini.
I talebani stanno avanzando attraverso i distretti che circondano Herat, dopo aver preso Karoakh e Guzra, nonché punti strategici vicino all’aeroporto internazionale di Herat e alla città.
Sta per cadere anche quella che è stata la roccaforte delle nostre forze nel Paese, che hanno consegnato la base italiana alle truppe afgane il 28-giugno scorso.
Tutti i voli da e per Herat sono sospesi. Il quartiere generale dell’ONU a Herat è stato attaccato durante l’offensiva talebana.
Complessivamente i Talebani stanno attaccando in contemporanea tre assi strategici Herat ad ovest e Lashkar Gah e Kandaar a sud, la situazione per le forze afgane è drammatica.
Tunisia
Nella notte del 25 luglio, si è verificato a Tunisi un colpo di stato “bianco” ovvero che ha avuto come organizzatore il Presidente stesso del Paese che ha esautorato il governo del Primo Ministro ed il Parlamento eletto.
Mentre era in svolgimento, in città molti cittadini sono scesi in strada e nelle piazze per festeggiare, chiaramente non rappresentano la maggioranza dei cittadini, come invece dicono i media mainstream quando fa loro comodo.
La motivazione portata dal presidente per giustificare il proprio operato è stata la situazione nel Paese, gravato dalla pesante crisi economica, che scatenò anche la Primavera araba che lo portò al potere e mai risolta, e anche la situazione dell’epidemia che sta facendo sentire forte la sua presenza negli ospedali tunisini.
Sempre nella notte ha dato ordine di schierare nelle città l’esercito e di chiudere frontiere ed aeroporti.
Perù
Il nuovo Presidente eletto Pedro Castillo ha giurato il giorno 28 luglio e ha iniziato il suo mandato. La data del 28 luglio 2021 segna anche il duecentesimo anniversario dell’indipendenza del Perù dalla Spagna.
Auguriamo al nuovo Presidente del Perù il successo che merita.
Siria
Nel sud, in provincia di Daraa, un gruppo di miliziani ha rifiutato per mesi di consegnare le armi come previsto dagli accordi di cessate il fuoco del 2018. Al momento sono segnalati dispiegamenti di alcune unità dell’esercito siriano tra cui la celebre 4° Divisione corazzata, che molto si è distinta durante la guerra contro i mercenari al soldo straniero degli anni scorsi.
Sono oggi in corso degli scontri armati attorno e presso Daraa, dovrebbe essere stato dichiarato un cessate il fuoco per portare avanti una via diplomatica, speriamo che gli estremisti la osservino.
Contemporaneamente all’annuncio del ritiro USA dall’Iraq, sono emersi dati relativi alle attività statunitensi nei territori da loro illegalmente occupati in Siria, stanno infatti ampliando alcune basi, predisponendole per ricevere rifornimenti via aerea, in particolare la base nei pressi di Al Hasakah, presso Al Shaddady, dove sarebbe in costruzione una pista di atterraggio asfaltata atta all’atterraggio di pesanti cargo da trasporto.
Sostituendo le truppe in Iraq con quelle della NATO, purtroppo, non verranno meno, almeno per ora, i presupposti della permanenza sostenibile dagli USA in Siria.
Crisi Iran Israele
Dopo un presunto attacco alla petroliera gestita da una società israeliana Mercer Street, le manovre destabilizzanti di Israele si stanno concentrando su una risposta militare rivolta contro l’Iran, no si sa bene cosa sia successo a bordo, sono rimasti uccisi due membri dell’equipaggio di cui uno britannico.
I ministri degli esteri israeliano Yair Lapid e il suo omologo inglese Dominic Raab si sono sentiti a tal proposito e si sono trovati d’accordo che sia necessaria una “dura risposta”, Israele infatti indica nell’Iran il responsabile dell’incidente.
Sembrano non ricordarsi di analoghi incidenti accorsi a navi battenti bandiera iraniana nel passato recente.
Telaviv avrebbe consegnato materiale di intelligence che , a detta loro , dimostrerebbe la mano iraniana dietro l’incidente o attacco alla petroliera, chi verificherà questo materiale? Chiaramente non verrà reso noto, nulla ci dicono relativamente agli incidenti-attacchi subiti dalle navi iraniane però.