Esteri
Provocazione britannica in Russia e guerra in Etiopia
Due analisi su gravi fatti attuali, il primo la gravissima provocazione Britannica in acque russe, la seconda sulla guerra in Etiopia, di cui non si sente parlare affatto
Di Stefano Orsi
Aree di crisi nel mondo n. 73 del 26-6-2021
L’”incidente” di Sebastopoli
L’incidente di Sebastopoli è l’ultimo di una serie provocazioni.
La Nato è giunta a un punto di non ritorno.
Le provocazioni continue contro la Russia non trovano limite di dignità.
Dopo le esercitazioni Defender Europe 2021, dopo lo spostamento a est sempre crescente di truppe sistemi d’arma offensivi e difensivi, dopo i continui finanziamenti alle opposizioni o sedicenti tali dopo le campagne di stampa contro la Russia di cui troviamo un ottimo esempio nei vergognosi articoli della stampa o di Repubblica sulla vicenda degli aiuti durante la pandemia, dopo l’incidente del Golfo Pietro il Grande arriviamo oggi ha un nuovo picco di bassezza.
L’incidente di Sebastopoli vede protagonista il cacciatorpediniere Defender della Royal Marine, unità di primo ordine e di ultima generazione della Marina Britannica.
Il giorno 23 cm., pur partecipando ad un’esercitazione congiunta con le forze ucraine, ha preso il largo e, con a bordo una squadra di marines ucraini e alcuni giornalisti inglesi, ha fatto rotta verso le acque russe.
Il video girato dal giornalista britannico della BBC, Jonathan Beale, svela la premeditazione ti tale azione.
Non si è trattato di un incidente, la rotta presa dalla nave, come si nota in alcune immagini del video, era tracciata per attraversare le acque territoriali russe in aperta violazione di ogni trattato.
Non vi sono dubbi sul fatto che non sia stato un errore di strumentazione come il GPS o la strumentazione di localizzazione identificazione, come accaduto il giorno prima non a caso, anzi proprio quell’errore costituisce una prova della premeditazione.
Il sistema di rilevamento posizione della nave era stato manomesso perché all’interno del sistema di riconoscimento e posizione di navigazione desse un segnale di presenza in rotta verso Sebastopoli, mentre la nave in realtà si trovava ancora nel porto di Odessa.
Quest’azione, in aperta violazione delle leggi che navigazione internazionali, costituisce un atto gravissimo serviva infatti a creare l’idea negli operatori russi che anche il giorno dopo il segnale ricevuto dalla nave fosse una simulazione.
Questo ha consentito un ritardo nel mettere in mare unità di dimensioni maggiori, o pari a quelle del cacciatorpediniere, che potesse affrontare fisicamente nel senso letterale, l’unità inglese.
In situazioni analoghe un’unità di pari o maggiori dimensioni avrebbe potuto speronare e spingere fuori dalle acque territoriali l’unica Britannica, in questo modo invece ad affrontare il cacciatorpediniere si è portata una unità della guardia costiera di dimensioni decisamente inferiori sebbene armata, ma ha potuto solo comunicare l’ordine di allontanarsi e attuare un fuoco di avvertimento senza colpire l’Unità.
Non è noto il nome dell’unità navale russa, ad essa si sono presto uniti alcuni caccia SU-24 armati, dopo alcuni sorvoli a volo radente, hanno sganciato 4 ordigni da 250 kg davanti alla rotta della nave che ha iniziato una manovra a zig zag prima di abbandonare le acque territoriali, le autorità russe hanno immediatamente rilasciato un comunicato che spiegava nel dettaglio i fatti.
La risposta della ministero della Marina inglese ci lascia ulteriormente perplessi sulla credibilità delle istituzioni occidentali, infatti i britannici hanno negato che i Russi avessero messo in atto le minacce per convincere l’unità britannica ad abbandonare la rotta negando i sorvoli, negando il fuoco di avvertimento dell’unità della guardia costiera russa, negando il lancio degli ordini da parte dei caccia SU-24, negando i più di 20 sorvoli di caccia russi.
Peccato che a bordo, i giornalisti della BBC stessero girando un servizio, oltre a mostrarci la rotta programmata della nave, che prevedeva l’attraversamento voluto e premeditato delle acque territoriali russe, e peccato che avessero registrato i rumori del sorvolo dei caccia e il giornalista stesso avesse parlato, senza dubbio di interpretazione, di rumore di fuoco proveniente dall’unità russa, che navigava a fianco di quella Britannica, chiaramente indicante l’avvertimento operato dall’unità russa, Jonathan Beale
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La poca credibilità e la buona fede superstiti delle istituzioni occidentali sono state seriamente compromesse da questa azione scellerata.
Il silenzio e quindi il consenso all’azione Britannica, proveniente dalle nostre istituzioni italiane e degli altri paesi componenti la NATO, ci dice che questa azione non fosse solamente una iniziativa Britannica, ma fosse sicuramente concordata ai massimi livelli dei Comandi NATO e quindi anche di tutti i governi che ne fanno parte.
L’orologio dell’Apocalisse si sposta ancora avanti con le sue lancette.
Non ci sarà una serie di avvertimenti alla prossima azione provocatoria, i Russi sono stati molto chiari a tal proposito , come già avvenuto per l’incidente del Golfo di Pietro il Grande, dopo lo sconfinamento di un cacciatorpediniere americano, ai primi avvertimenti, seguì l’ordine perentorio dei Comandi russi, di aprire il fuoco in caso di ulteriore sconfinamento e di inseguire e affondare l’unità autrice della violazione, secondo il diritto di inseguimento.
In questi giorni sono presenti nelle acque del Mar Nero diverse unità della NATO tra cui una nostra FREMM italiana, perché dal giorno 28 corrente mese, inizieranno delle esercitazioni congiunte tra la NATO e la Marina Ucraina con contemporanea esercitazione di terra.
A questo rischio si somma il fatto che le autorità ucraine abbiano assegnato per queste esercitazioni un tratto di mare che anche russi hanno indicato come territorio per loro esercitazione in un evidente crescendo della crisi.
Seguiremo con grande attenzione lo svolgimento di queste esercitazioni, temendo ulteriore incidenti.
Resta grande la preoccupazione generata da comportamenti criminali e aggressivi messi in atto dai comandi della NATO, Alleanza solo sulla carta indicata come difensiva, ma che nel corso dei decenni, soprattutto recenti, ha ben manifestato la sua reale natura aggressiva e imperialista, votata al sopruso e alla prevaricazione.
La devastante sconfitta militare subita in Afghanistan di cui abbiamo già discusso in recenti articoli, e che a breve si paleserà in tutta la sua grandezza, non è bastata a impartire una lezione di umiltà ai suoi Comandi, anzi pare averne accelerato la follia.
Guerra civile in Etiopia
La guerra nella regione del Tigrè è passata da subito nel dimenticatoio, fa parte di quegli argomenti scomodi per i nostri governi, argomento di cui non si deve parlare troppo, ovvero qualche accenno si può fare, giusto per evitare ogni accusa di averlo nascosto, ma poi deve passare parecchio tempo prima che se ne discuta o accenni nuovamente, in modo che la memoria di esso non si fissi e ogni volta appaia come una notizia di poco conto di cui non occuparsi o interessarsi.
È invece uno dei drammi contemporanei, al momento, assieme alla guerra dello Yemen, ci presenta gli orrori cui l’umanità può giungere.
Ricordiamo di cosa si tratta.
L’anno scorso il mandato del Primo ministro Abiy Ahmed Ali era giunto allo scadere del suo non mandato, era infatti arrivato al potere con una delle solite rivoluzioni gentili, cui ci stiamo abituando.
Il Primo ministro eletto era il tigrino Hailè Mariam Desalegn, ma dopo tre anni di proteste da parte delle tribù di etnia Oromo, venne dimesso forzatamente ed il 2 aprile 2018 Abiy Ali venne stato insediato come nuovo Primo Ministro.
L’Etiopia era da 20 anni impegnata in una guerra con l’Eritrea, il suo impegno fu di porvi fine e promosse il dialogo con la controparte eritrea guidata dal Presidente Isaias Afewerki, le parti sono quindi arrivate ad un accordo ed hanno siglato il trattato di pace.
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Per questo motivo ad Abiy Ahmed Ali è stato assegnato il Premio Nobel per la pace nel 2019, ma solo a lui, anche se la pace è stata firmata da due, cosa alquanto bizzarra.
Il mandato della legislatura purtroppo per lui , scadeva nel 2020, e stando alla lettera costituzionale, avrebbe dovuto indire il voto entro i primi giorni di settembre 2020, ma non lo fece, la scusa fu l’emergenza pandemica, che però non risulta sussistere in Etiopia, dove si registrano pochi casi, pertanto i leader politici tigrini, dichiararono illegittimo il governo del paese e nel pieno rispetto della Costituzione indirono le elezioni nella loro regione, il voto si tenne alla presenza di osservatori internazionali e vide la vittoria con buon margine del partito Fronte per la Liberazione del Tigrè e naturalmente pesantemente sconfitti i partiti di governo.
Sebbene fosse nel pieno rispetto della Costituzione, il Governo di Addis Abeba, non riconobbe il voto e anzi, scatenò una pesante offensiva contro la regione che gli si opponeva.
Dato il vantaggio numerico e di dotazioni belliche dell’esercito etiope, in breve le truppe riuscirono a prendere il controllo della capitale tigrina Macallé.
I leader del PTLF però si diedero alla macchia, fuggendo sulle montagne e ancora oggi sono ricercati dalle truppe governative.
Il Tigrè è abitato da circa 6 milioni di abitanti, le misure drastiche prese dal governo, stanno limitando fortemente le forniture alimentari nella regione, la popolazione sta lentamente scivolando nella carestia, oltre 5 milioni di persone stanno affrontando la fame, il governo del premio nobel per la pace, impedisce da sempre ai giornalisti di accedere alle zone del conflitto, anche questo limita fortemente l’afflusso di informazioni.
Il controllo sulla stampa nazionale è capillare, se non fosse un premio nobel per la pace, e un politico graditissimo alle potenze occidentali, si parlerebbe di lui come di un sanguinario dittatore, e invece…
La regione è teatro di massacri, più organizzazioni umanitarie denunciano le uccisioni e le violenze sistematiche sulle donne, lo stupro di massa è ormai la quotidianità in questo Paese.
Per l’esercito Etiope, ogni arma è valida per piegare i tigrini, l’uso della violenza fisica, sessuale o il cibo, del quale hanno privato la popolazione.
Sono crimini contro l’umanità, si parla di sterminio e di genocidio alle porte, se nessuno porrà un freno alla follia del Primo Ministro Ali, le conseguenze le vedremo quando sarà tardi per decine o forse centinaia di migliaia di civili.
Queste informazioni non giungono dai ribelli, ma dalle Nazioni Unite, i cui esperti stimano che ad oggi siano in carestia già 350.000 civili nella regione ed il loro numero sia destinato ad aumentare drammaticamente.
Le nazioni classificano le carestie e la fame delle popolazioni in livelli che vanno da uno a 5 ed al momento quel numero di civili 350mila si trova al livello più alto, il 5, mentre inseriscono 5 milioni di persone del Tigrè in emergenza.
Ali governa un Paese che da 20 anni guida le classifiche dei paesi a maggior crescita economica, oltre che demografica, il progetto della grande diga sul Nilo Azzurro, la GERD, sta causando forti tensioni con Sudan ed Egitto, e presto potrebbe sfociare in qualcosa di peggio, il Cairo teme infatti per l’impoverimento della portata del Nilo durante la fase di riempimento dell’immane bacino idrico della diga, riempimento che durerà anni.
Insomma, sentir parlar di carestia e di sterminio per fame in un paese che da 20 anni appare instradato verso il benessere suona davvero strano, ma le ricette economiche neo liberiste che Ali vorrebbe applicare all’Etiopia, potrebbero bloccare la crescita del Paese, la sua condotta criminale nel Tigrè, potrebbe costargli l’isolamento del Paese, se non fosse genuflesso agli interessi dei potentati occidentali, probabilmente sarebbe già stato oggetto di pesanti sanzioni e magari defenestrato con un colpo di stato, ma non è questo il caso, il suo gradimento in occidente gli assicura libertà di azione, anche di fronte a crimini contro l’umanità, ad oggi infatti, nonostante la crisi iniziata 9 mesi fa, nessuna sanzione gli è stata comminata.
Nota a margine, è singolare come gli interessi economici complementari dell’Eritrea nei confronti dell’Etiopia, cui manca un accesso al mare, fanno si che vi sia comunione di intenti, pertanto l’esercito eritreo, da acerrimo nemico di quello etiope, oggi ne è alleato e combatte i ribelli del Tigré dal suo lato del confine, bloccandone i possibili aiuti da parte della popolazione eritrea, in gran parte di etnia tigrina anch’essa.
Il 23 giugno, un C-130 etiope è stato abbattuto dai ribelli tigrini, che mostrano ancora notevole vivacità bellica nonostante da mesi siano assediati.
In questo clima “idilliaco e democratico”, il Primo Ministro ha organizzato le elezioni politiche, tenutesi il 21 giugno e di cui ancora oggi non si conosce l’esito, elezioni in forte ritardo rispetto ai tempi indicati nella Costituzione, e dopo aver disconosciuto la legittima espressione del voto dei cittadini tigrini. In questi giorni, incredibilmente, la stessa Casa Bianca,statunitense si è accorta che quanto accade in Etiopia non sia propriamente immacolato e che l’operato criminale di questo governo sia addirittura fuori standard persino per i loro larghi margini di tolleranza per i governi”amici o sottomessi”.
In questi mesi un secondo fronte si è aperto, nella etnia Oromo si è formato il OLA, Oromo Liberation Army, che ha iniziato a combattere contro il governo di Addis Abeba.
In questo contesto, perché dunque procedere ad un voto politico? Forte del suo controllo capillare su stampa e media, Ali conta di ottenere attraverso questa rappresentazione di elezioni, prive di fatto di ogni credibilità, una parvenza di legittimazione per restare al governo del Paese, infatti era salito al potere attraverso una serie di forzature prima di piazza e poi istituzionali, non ultimo il tradimento della Costituzione stessa.
Sulle operazioni belliche oltretutto pesa l’impiego massiccio di truppe eritree da un lato e di armi chimiche dall’altro, tra le quali spicca il fosforo bianco. Se da un lato, vediamo un timido sussulto di dignità da parte degli USA, sul fronte della UE invece il silenzio è letteralmente tombale.
Non una parola viene spesa da Bruxelles per denunciare i numerosissimi leader politici Oromo incarcerati per dissenso politico, ne per i giornali e TV e siti internet chiusi per la stessa ragione, eppure vediamo i vertici UE tanto attivi nel finanziare le opposizioni filo naziste nell’est Europa, come in Ucraina, prima del golpe di Maidan, o in Bielorussia, o in Russia e via dicendo. La UE che si lamenta per l’incarcerazione, per reati comuni, di un Navalny è la stessa che tace di fronte al genocidio in corso d’opera in Etiopia.
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Il maggior leader di opposizione al governo Jawar Mohammed, di etnia Oromo, è stato incarcerato a settembre del 2020, con l’accusa di omicidio di un popolare cantante anch’egli di etnia oromo. e probabilmente era lui la causa dei timori di Abiy Ali di indire le elezioni nei tempi previsti dalla legge. Se ne è liberato accusandolo di un omicidio, per poi estendere le accuse al terrorismo e all’incitamento alla violenza, e con lui ha coinvolto molti leader oromo, tutti incarcerati.
Se questo è l’esempio da seguire per meritarsi un premio Nobel per la pace, stiamo davvero freschi, ma del resto in precedenza venne assegnato sulla fiducia anche ad Obama, per cui…