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Editoriale

A Foggia a Natale, nell’attesa che qualcuno nasca qualcun altro muore

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Due bambini sono morti. Due bambini che dormivano vicino ad una stufa, che la madre aveva lasciato accesa perché non sentissero freddo, sono morti bruciati.

Oggi il sindaco, il vescovo della città ed il governatore della regione, parlano di una tragedia che poteva essere evitata, di istituzioni che avrebbero dovuto fare di più. Eppure quando il freddo è arrivato, una donna ha cercato di fare quello che poteva e si sa…ognuno si arrangia con ciò che ha, perché ciò che vorrebbe, in qualche caso è troppo lontano per essere anche solo immaginato. 

Un bel letto con tante coperte, una stanza calda in cui lasciare due bambini  dormire al sicuro è infatti quello che ciascuno trova adatto, non il meglio, ma semplicemente ciò che si pensa necessario perché un essere umano possa sentirsi tale. 

E invece una stanza calda non c’è e nemmeno tante coperte, ma quella donna si dice che non importa se non è quanto i suoi due bambini meriterebbero, che non può perdere energie, arrabbiarsi, che deve fare tutto quello che può perché stiano al caldo mentre va al lavoro. Mette vicino al letto una stufa di fortuna ed esce. I suoi figli devono pur mangiare.

Oggi sappiamo che due bambini sono morti, sappiamo come e perché. 

Sino a poche ore prima, della loro vita non ci interessava. Fingiamo che fossero per noi bambini come i nostri, ma per tutto il tempo in cui sono stati vivi abbiamo avuto cura di tenerli lontani, come ci siamo tenuti lontani dalle loro madri e dai loro padri. Gli zingari sono sporchi, rubano, proviamo disagio ad averli vicino e così li lasciamo in campi che, abusivi o no, non consentono di edificare alcuna abitazione degna di questo nome. La cosa importante è vederli il meno possibile. Gli zingari non mandano i piccoli a scuola, vivono in baracche, in mezzo a rifiuti di ogni genere. Gli immigrati ci appaiono ben più disposti ad integrarsi di quanto non lo siano Rom e Sinti e siamo convinti che vivere ai margini estremi della società sia una loro scelta. Non ci domandiamo come mai, nell’arco della nostra intera vita, gli individui appartenenti a queste comunità siano stati sempre presenti, né quale sia la loro storia. Gli zingari rappresentano l’estremo e non barattabile confine di ciò che crediamo essere la nostra società, una società a cui essi risultano essere stati sempre funzionali, un tempo come abili artigiani dei metalli ad esempio o musicisti nelle corti dei sovrani europei, oggi con ciò che l’organizzazione sociale e quella economica rendono possibile: il lavoro nei campi, la raccolta dei metalli, l’accattonaggio, sebbene un discorso generale, che non tenga conto delle tante e diverse realtà sarebbe falso. Ma di falsità a proposito degli zingari ne sono sempre circolate tante, come quella secondo la quale rubano i bambini. Una cosa vera è piuttosto che la loro è una vicenda millenaria fatta di emarginazione e schiavitù, in cui il nomadismo è una componente variabile, una storia che li ha visti attori con ruoli che il tempo ha cambiato. I Rom che incontriamo nelle nostre strade sono in molti casi provenienti dalla ex Jugoslavia, ma quelli presenti in Italia nei primi anni del secolo scorso,  fuggivano sì,  ma da altri paesi. La loro condizione attuale li vede spesso cittadini, altre volte no, qualche volta scolarizzati, più spesso no. Non sempre infatti per i Rom far frequentare le scuole ai propri figli risulta conveniente, con la quotidiana esperienza del disprezzo loro riservata, a cui va aggiunto che di quei piccoli hanno bisogno per racimolare il necessario per  sopravvivere. Gli zingari (e comprensibilmente) sono diffidenti verso maggioranze da sempre disposte a segregarli o come durante l’ultimo conflitto mondiale, a sterminarli assieme ad omosessuali ed ebrei, non a caso presentati anche questi da sempre come parassiti, disgustosi persino esteticamente. Anche per i bambini ebrei morti durante l’Olocausto ci siamo commossi, dopo. Ci meravigliamo dell’antisemitismo che ha portato alla Shoah, un antisemitismo nella millenaria anch’essa storia degli ebrei, sempre presente e che era un tempo vissuto come normale da tutti. Moltissimi di noi sarebbero stati antisemiti se fossero vissuti nei primi anni del secolo scorso e non avrebbero trovato in ciò nulla di riprovevole: quanto una maggioranza decide è sempre moralmente giusto e lo è per il solo fatto di essere stato decretato dalla maggioranza. Chiediamoci dunque cosa l’attuale maggioranza ha oggi il dovere di fare per almeno limitare il divario con le comunità Rom presenti nel nostro paese. Quanto è stato fatto è con tutta evidenza insufficiente a garantire il rispetto della dignità umana. È necessario un lavoro di mediazione che si annuncia certo faticoso e difficile, ma che rompa la millenaria diffidenza ed apra al dialogo,  perché ad onta di quanto si crede, non basta riempire una pancia per costruire una civiltà. 

La morte di due bambini in una baraccopoli del foggiano a causa di una stufa che una madre aveva lasciato accesa affinché i suoi figli non patissero il freddo è infatti sì una intollerabile tragedia,  ma che si inserisce in un lunga storia di drammi nei quali siamo stati spesso i colpevoli attori perché, come ci detto qualcuno “anche se noi ci crediamo assolti, siamo lo stesso coinvolti”, ci piaccia o meno, si sia disposti ad ammetterlo o meno.

Rosamaria Fumarola 

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Giornalista pubblicista, scrittrice, critica jazz, autrice e conduttrice radiofonica, giurisprudente (pentita), appassionata di storia, filosofia, letteratura e sociologia, in attesa di terminare gli studi in archeologia scrivo per diverse testate, malcelando sempre uno smodato amore per tutti i linguaggi ed i segni dell'essere umano