Musica & Spettacolo
Jazz italiano: il mare inventato da Paolo Di Sabatino
Tra le cose che di più rendono la musica di Di Sabatino un bene prezioso per la migliore cultura italiana, non si può non ricordare la ipnotica capacità di improvvisare, che non dimentica mai di raccontare in ogni nota la sua personale visione del mondo, la sua raffinata, delicatissima poesia italiana.
Una decina di anni fa, ascoltando annoiata l’ennesima edizione del Festival di Sanremo, fui colpita da un lungo assolo di piano, che rimandava ad un mondo che non era esattamente quello del Festival della canzone italiana, almeno non nella sua accezione comune. Quelle “frasi” di italiano, nel senso però profondo del termine, avevano molto, soprattutto il cuore della musica cantautorale, mescolate tuttavia al linguaggio sapiente, stabile del jazz. Mi dissi che la scelta di lasciare uno spazio, sia pure piccolo ad un discorso raffinato, era cosa apprezzabile che avrebbe potuto anche nelle edizioni successive essere replicata ed invece così non fu: non ho più ascoltato durante le esibizioni festivaliere la bellezza di un pianismo come quello del jazzista teramano Paolo Di Sabatino, che in quel lontano Sanremo accompagnava il cantatuore Fabio Concato.
Proprio con l’artista milanese Di Sabatino ha avviato una felice collaborazione, che dura da ormai molti anni e che non può sorprendere, essendo Concato musicista di grande talento, capace di scegliere con sapienza gli artisti con i quali lavorare. Ma cosa ha regalato il pianista alla poesia delle composizioni di Concato? Il pianismo di Di Sabatino è stato in grado di “regalargli il mare”, un mare che saputo inventare di nuovo. Occorre però precisare che il jazzista non può essere considerato un musicista in grado solo di coadiuvare, sia pure in modo mirabile, l’universo poetico di altri artisti. Questa è senz’altro una sua dote, favorita dalla versatilità e dall’ esperienza, ma non l’ unica, come dimostrano i numerosissimi progetti a suo nome, nei quali emerge tanto la sicura padronanza dello strumento (si è infatti diplomato al Conservatorio di Bari nel 1990 in musica jazz col massimo dei voti ed è attualmente docente e coordinatore del dipartimento di musica jazz del Conservatorio de L’Aquila) quanto l’originalità della sua cifra stilistica. Sì, perché il mondo di quest’ artista è ricco e complesso e gli consente di collaborare con grandi musicisti italiani, ma anche con jazzisti del calibro di John Abercrombie, presente nell’ album “Distant Look” del 2013 (uno dei suoi lavori che di più amo) e Peter Erskine, che troviamo invece in “Trace Elements” del 2014. Il suo rapporto col jazz è un rapporto nel quale si esprime in autonomia, non subendo mai ad esempio il peso degli standards, ma reinventandoli alla luce della lezione anche della musica contemporanea, dei suoi “vuoti”, che tanto raccontano della nostra vita.
Infine, tra le cose che di più rendono la musica di Di Sabatino un bene prezioso per la migliore cultura italiana, non si può non ricordare la sua ipnotica capacità di improvvisare, sorprendendo chi lo ascolta, lasciandolo senza fiato, ma non dimenticando mai di raccontare in ogni nota la sua personale visione del mondo, la sua raffinata, delicatissima poesia italiana.
Rosamaria Fumarola.
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