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Cultura

Claudio Prima ci racconta la musica senza confini ispirata ai valori di don Tonino Bello

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Di Maria Del Rosso

Claudio Prima,è conosciuto al grande pubblico per essere il leader di BandAdriatica e Progetto Seme, artista affermato nel panorama della world music, ci racconta la sua musica accompagnata dal suo inseparabile organetto che da sempre è un ponte tra le differenti culture che si nutre di suoni, di linguaggi,di storia dei popoli del mondo.

Una musica internazionale che parte dalla terra salentina con uno sguardo attento verso l’ Oriente, che non conosce muri o barriere e attraversa nuovi mondi, nuove realtà, nuove storie.

Dal Salento nasce una musica senza confini proposta da Claudio Prima, musicista talentuoso e sensibile sulle tematiche sociali come 

l’ immigrazione, basata sullo scambio culturale e sull’ integrazione dei diversi popoli che si ispira ai  valori che ci ha insegnato il vescovo salentino, don Tonino Bello, con la sua “convivialità delle differenze”.       

Claudio, quest’anno ricorrono i trent’anni dalla morte del vescovo salentino, don Tonino Bello.

È stato l’uomo che ha esaltato gli umili ed è stato anche musicista, suonava la fisarmonica e amava l’arte.

Nella tua musica ci sono molte tematiche trattate da don Tonino Bello come l’immigrazione.

Di recente abbiamo assistito impotenti dinanzi alle scene dei corpi dei migranti senza vita sulle coste.

Basti pensare alla strage di Cutro. Quanto la musica può smuovere le coscienze e quanto sia costruttivo e incisivo il ruolo dell’artista nella società?

“Il ruolo dell’arte è stato sempre centrale nella sensibilizzazione del pubblico alle tematiche sociali. Ancor più in questo periodo, in cui i media ci affollano di informazioni spesso confuse o contrastanti, se non propagandistiche e tendenziose, il messaggio che la musica può trasmettere è di importanza fondamentale. La sensibilità degli artisti permette una visione del mondo preziosa, spesso alternativa, legata alla nostra anima, alla capacità di essere più intimi con noi stessi e con l’altro. La musica non può essere che un vettore di fratellanza e di unione. Sarebbe un controsenso, soprattutto per chi, come nella world music contemporanea, cerca una chiave di incontro fra culture diverse e si rende conto, come noi abbiamo potuto fare negli ultimi anni, che tutte le musiche e tutte le culture altro non sono che il risultato di un incontro specifico, avvenuto in un dato momento, di due altre culture che hanno convissuto nello stesso luogo. La musica, quindi, è migrante di per sé, viaggia libera nel tempo e nello spazio e si mescola con tutto quello che incontra, e grazie a questo si trasforma, si evolve.”

C’è un brano “Odissea” che vede la partecipazione di Bandadriatica e di Castrignanò che racconta in parole e in musica il viaggio della speranza dei migranti.

È di straordinario coraggio e di attualità nel non essere restati indifferenti dinanzi alla Storia.

Quando avete realizzato il brano cosa ti sei aspettato che il pubblico potesse percepire e hai avuto un po’ di timore dell’opinione pubblica di determinati partiti politici e dei populismi?

“Ci aspettavamo di creare un momento di riflessione sulla questione relativa ai migranti nel Mediterraneo, creando un legame diretto con Ulisse, che noi abbiamo poeticamente reinterpretato come primo migrante della storia. Il Nessuno di Omero è, per analogia, il nessuno che oggi viene trascurato dalla storia, l’uomo senza volto che attraversa il mare per trovare una nuova casa, una nuova vita, per arrivare ad una nuova Itaca, anche se noi facciamo finta di non vederlo. Nessun timore, anzi, la convinzione che un tipo di parallelismo di questo genere possa destare le nostre coscienze. Le coscienze di noi europei che, nel corso della storia, siamo stati spesso emigranti, alla ricerca di fortuna in altri paesi d’Europa oppure dall’altra parte dell’Oceano e che spesso abbiamo ricevuto un trattamento che non desideravamo, proprio come quello che oggi stiamo offrendo a chi viene dal mare in cerca di opportunità.”

Spesso i migranti che giungono sulle nostre coste con la speranza di una vita dignitosa si ritrovano ad essere schiavizzati nelle campagne pugliesi in pessime condizioni.

Al riguardo, in qualità di artista di cosa oggi la Puglia necessita per divenire quell’ Arca di Pace tanto sognata da don Tonino Bello?

“La Pace necessita dell’immedesimazione. Non posso essere in pace con l’altro se non comprendo che la sua posizione potrebbe essere la mia, o forse lo è già stata. La Puglia, come dicevo è stata terra di emigrazione. I Pugliesi in Svizzera, in Belgio, in Francia, in Germania, in America hanno vissuto quello che i migranti di oggi possono vivere qui da noi. Come poter trascurare questa storia comune? Come poter quindi mancare di comprensione per una sorte che noi stessi abbiamo già sperimentato? Devo dire che spesso, soprattutto la Puglia si dimostra terra di accoglienza, molto più che altrove. Da noi storicamente le porte sono sempre aperte. Quindi forse dobbiamo cercare altrove le ragioni della mala gestione del fenomeno migranti. La gente di Puglia sa essere ospitale. Ha l’ospitalità nel DNA, ha accolto nei secoli, le dominazioni più disparate e ne ha fatto una questione genetica. E’ un popolo che ha fatto del meticciato un’arte. Basti vedere la musica, ma non solo: la lingua, l’architettura, la cucina, etc. etc.”

Pensavamo di liberarci dal tunnel della pandemia e poi è subentrata una più prepotente: la guerra in Ucraina.

Al riguardo, Jim Morrison affermava che “Un giorno anche la guerra

 s’inchinerà dinanzi al suono di una chitarra”.

Dove manca la politica, la musica può guarire l’umanità?

Sarà così?

“Non so se è il caso di parlare di guarigione. L’umanità fa il suo corso come la storia. E’ un corso inesorabile, in preda alle forze della natura, alle leggi che governano i comportamenti degli esseri viventi. La musica certamente può lenire la sofferenza che a volte genera l’assurdità di alcune propensioni umane e delle loro conseguenze. Può far riflettere e può aumentare la capacità di rendersi sensibili all’altro e alla vita. Può appunto, nutrire l’anima e lo spirito, perché parla un’altra lingua, una lingua del cuore potremmo dire. E’ una lingua che non necessariamente pensa alla pura sopravvivenza, alle questioni puramente pratiche, che a volte ci allontanano dall’etica, dal rispetto, da un sistema di valori come quelli che Don Tonino sosteneva, un sistema che può portarci a scegliere l’essere vivente e non il dollaro, come priorità delle nostre scelte di vita.”

Don Tonino Bello è stato da sempre considerato “scomodo” perché non taceva dinanzi alle ingiustizie sociali come la guerra promuovendo la cultura della non violenza in difesa della Pace tra i popoli.

Al riguardo, le nuove generazioni come possono impegnarsi concretamente per divenire costruttori di Pace?

“Ancora una volta Pace è un concetto che può rimanere astratto, che può sembrare lontano da noi se delegato nelle mani di chi comanda, di chi decide una guerra e di chi, a chilometri da noi, genera violenza nei confronti di altri esseri umani. Un impegno concreto però, è possibile per tutti. Ed è quello quotidiano del generare la Pace nelle nostre piccole azioni, nelle azioni di ogni giorno, nel modo in cui ci relazioniamo all’ambiente che ci circonda e alle persone che vivono a contatto con noi. Una posizione ‘scomoda’ potrebbe essere ammettere che troppo spesso siamo noi stessi protagonisti violenti del momento storico attuale, che le influenze che subiamo ci portano a reagire con astio e a trascurare l’effetto che noi stessi abbiamo sul mondo intorno a noi. Questa acquisizione potrebbe aiutare le nuove generazioni a trovare una chiave concreta per poter agire, e subito, in direzione della Pace, sentendosi protagonisti di un mondo il cui futuro è, tutto sommato, nelle loro mani.”

Concludiamo l’intervista con tuo brano da dedicare alla vita di don Tonino Bello.

“Odissea sicuramente si candida per essere il brano più vicino alla poetica di Don Tonino, per l’intenzione che ha di fornire una visione alternativa e ‘scomoda’ della realtà, come lui sapeva fare. Prendo l’impegno però di scrivere un brano che possa rappresentare il suo pensiero in maniera ancora più aderente, cercando di cogliere a pieno la sua lezione e di portarla a tutti con il sostegno della musica.”

©Riproduzione riservata

Ph. Giuseppe Rutigliano

Maria del Rosso

Classe '91, sono nata in Puglia. Coltivo da molti anni la mia passione per la scrittura, ho collaborato con diverse testate giornalistiche e partecipo agli eventi di poesia. Per me la scrittura è vita, è sogno, è amore, è linfa vitale. E come afferma Luca Doveri : "La scrittura apre le finestre che si affacciano sull' anima del lettore".