Cultura
E “Signorinella” diviene un caso politico
di MARIO GIANFRATE
La celeberrima canzone di Libero Bovio bandita dal fascismo
“Avevi un nome che non si dimentica, un nome lungo e breve: giovinezza”. Sono i versi che Libero Bovio, autore della celeberrima “Signorinella” – cantata negli anni venti da Carlo Buti e ripresa, dopo la seconda guerra mondiale, da Achille Togliani – fa sommessamente quasi sussurrare al “buon don Cesare”, notaio ormai avanti con l’età, quando, tra le pagine di un suo vecchio libro di latino, il figliolo ritrova un vecchio fiorellino rinsecchito, una pansè; e allora nella sua mente riaffiora vivo e malinconico il ricordo, fino a quel momento sbiadito dal tempo, di un nostalgico e lontano amore giovanile per una giovane sartina, dirimpettaia del quinto piano. E i suoi occhi si inumidiscono mentre dai vetri della finestra il suo sguardo si sperde tra la neve che copre di bianco il campanile e che continua a cadere fitta.
Versi che, con l’avvento del fascismo, cozzavano irrimediabilmente con le virili parole di “Giovinezza”, inno fascista e, in pratica, inno nazionale eseguito, in tutte le circostanze, insieme alla Marcia reale, che, sullo stesso concetto si esprimeva in termini antitetici: “Giovinezza, giovinezza, primavera di bellezza, nella vita e nell’ebbrezza il tuo canto squillerà”.
Concetti diametralmente opposti, quindi, che suonavano stridente contrasto tra la brevità della giovinezza transitoria, patetica e nostalgica di “Signorinella”, e la entusiastica e durevole giovinezza consacrata nell’inno fascista. Ma, anche tra una visione della donna inconciliabile: alla “signorinella pallida” che si strugge d’amore per il giovane studente, ricambiando sguardi languidi e baci pudici, si oppone la gagliardia e la fierezza della donna fascista, non incline al sentimentalismo e alla tristezza.
“Signorinella” subirà, così, un “accantonamento” dal sapore censorio e politico e, nel ventennio, non si potrà più ascoltare. Sarà sottratta all’oblio e portata al successo, come detto, da Togliani al termine del secondo conflitto mondiale, negli anni della ricostruzione democratica.