Attualità
La Napoli di Gomorra e la Napoli di Piedone
Gomorra e Piedone, sia quello del 1973 che quello odierno, possono aiutare a capire problemi e soluzioni meglio di tanti convegni e studi.
Perché alla fine bisogna solo avere il coraggio di “sporcarsi” le mani di umanità. Rigorosamente miez’ ‘a via.
Di Pierdomenico Corte Ruggiero
L’attore Salvatore Esposito per merito e destino si è trovato a raccontare i due volti di Napoli in due serie televisive che, per motivazioni diverse, hanno fatto discutere.
Ha interpretato Gennaro Savastano in “Gomorra La serie” e l’ispettore di polizia Vincenzo Palmieri in “Piedone uno sbirro a Napoli”.
La serie tv Gomorra ha suscitato molte polemiche. Mostra il volto violento e degradato di Napoli. La criminalità organizzata dai facili guadagni che attira i giovani.
Gomorra è stata accusata di creare emulazione. Possibile certo. Il vero problema è che racconta la realtà. Esiste la malavita, esiste il degrado. Esiste la violenza. Esistono giovani attratti dal denaro disonesto.
Problemi che vanno risolti. Non basta e non serve censurare una serie televisiva.
Invece la serie tv “Piedone uno sbirro a Napoli” è stata criticata per un presunto sgarbo al grande Bud Spencer. “Piedone uno sbirro a Napoli” rende omaggio al film “Piedone lo sbirro” del 1973 in cui Bud Spencer interpreta il commissario Rizzo.
Sono critiche ingenerose. Primo perché non è uno scimmiottare Bud Spencer. Tanto più che anche suo figlio, Giuseppe Pedersoli, ha dato un contributo.
Soprattutto perché sia il commissario Rizzo che l’ispettore Palmieri raccontano l’altra faccia di Napoli. Palmieri è infatti l’erede spirituale del commissario Rizzo che lo ha cresciuto sia a livello umano che professionale.
Quella della gente onesta che affronta le difficoltà della vita. Racconta anche i piccoli “mariuoli” che vivono ai margini della legge ma onesti a modo loro. Racconta i colori e i sapori delle vie di Napoli. Una città capace di cicatrizzare ogni ferità.
“Piedone uno sbirro a Napoli” racconta la sanità pubblica in affanno che si deve affidare all’Onnipotente per far funzionare un computer mentre la sanità privata ingrassa. Racconta le difficoltà di integrazione dei cittadini stranieri che onestamente vivono e lavorano in Italia. La piaga devastante del revenge porn e della diffusione delle droghe tra i giovani. Gli ostacoli agli amori lgbt.
Racconta la necessità per le Istituzioni di essere autorevoli e non autoritarie con i giovani. Quando l’ispettore Palmieri fa notare ad una ragazzina, che lui ospita a casa sua insieme alla madre perché sono state sfrattate, che ha fumato erba lei, in modo provocatorio, risponde “mi vuoi arrestare?” Palmieri ridendo le chiede se ha fame e si mette a parlare con lei mentre mangiano.
Sia il commissario Rizzo che l’ispettore Palmieri mostrano il volto dialogante e comprensivo unito al giusto rigore che la legge impone. Soprattutto in una città come Napoli dalle mille sfumature. La Napoli raccontata nel capolavoro “Così parlò Bellavista” di Luciano De Crescenzo.
“Piedone uno sbirro a Napoli” ripropone poi la filosofia fondamentale per poter raccontare, capire, prevenire, reprimere e risolvere le tante problematiche di Napoli e di tutte le realtà italiane. La filosofia del “miez’ ‘a via”, cioè per la strada. A contatto continuo con la gente e con la realtà.
“Piedone uno sbirro a Napoli” non è una pallida copia. Rende attuale il commissario Rizzo, racconta la Napoli di oggi molto diversa da quella del 1973 ma allo stesso tempo identica. Racconta, tramite le vicende dell’ispettore Palmieri, la differenza tra vendetta e giustizia. La vendetta ti uccide l’anima, la giustizia ti permette di andare oltre.
Una serie che vive di luce propria grazie ad attori come Silvia D’Amico ( il commissario Sonia Ascarelli fuggita dalla Napoli bene e anche lei con qualche ferita da guarire), Fabio Balsamo ( l’ispettore Michele Noviello che è il Sancho Panza di Vincenzo Palmieri) , Susy Del Giudice, Massimiliano Russo, Carla Ruffo, Antonio De Matteo ( Carmine Scannella, il miglior amico di Palmieri che dopo aver conosciuto il carcere cerca di dare una possibilità ai ragazzi di strada) e Gaia Scodellaro.
Gomorra e Piedone, sia quello del 1973 che quello odierno, possono aiutare a capire problemi e soluzioni meglio di tanti convegni e studi.
Perché alla fine bisogna solo avere il coraggio di “sporcarsi” le mani di umanità. Rigorosamente miez’ ‘a via.
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