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Aborto nel belpaese ovvero ricatto di Stato 

Sul corpo delle donne si concretizza oggi il più cinico degli interventi politici, che ha a cuore esclusivamente l’accaparramento del consenso di un paese da sempre così poco laico quale il nostro.

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Credit foto Repertorio LaPresse

Di Rosamaria Fumarola

Io figli non ne ho. Ho sempre e convintamente scelto di non essere madre ritenendo non risolto il mio rapporto con la vita e temendo di aggiungere dolore ad un mondo che già ne ha troppo. È anche probabile che la cultura predominante quando ero una giovane donna, con la sua spinta alla realizzazione personale prima di ogni altra cosa, abbia contribuito a far maturare in me questa radicale presa di posizione. Mi sono sentita libera di scegliere? A me è sembrato di sì,  sebbene non esista nulla di così assoluto quando si parla della formazione del pensiero di un essere umano. Non mi è successo mai peraltro di dover ricorrere all’aborto per interrompere una gravidanza che non avrei potuto né voluto portare a termine. Non ho mai nemmeno pensato che il mio corpo potesse diventare oggetto di una contesa politica, che fosse cioè di altri e non soltanto il mio.

Ma evidentemente sono stata fortunata. Di recente stiamo assistendo infatti ad un nuovo e massiccio intervento della politica nel limitare la libertà di scelta delle donne in materia di aborto, intervento che di fatto rende inefficaci le garanzie previste dalla legge 194. Tutele già fortemente indebolite dall’aver posto in essere un sistema di negazione del godimento del diritto, che ad esempio rende concretamente impossibile ad una donna che voglia abortire, poterlo fare nel presidio più vicino, senza dover raggiungere ospedali siti in altre regioni, perché non disponibile un ginecologo che non sia obiettore di coscienza. Più di recente il governo si è reso autore di un provvedimento che inserisce nei consultori i rappresentanti “pro life” con il compito di prospettare altre strade alle donne che facciano richiesta di interruzione di una gravidanza. Personalmente riterrei sensata la nuova misura se non fosse che “altre strade” non ve ne sono. Lo stato si è sempre mostrato deficitario nel creare un welfare che garantisca alle donne un sostegno concreto preferibile all’interruzione di gravidanza, sostegno che in paesi come la Germania, per citarne solo uno, permette scelte più libere e senz’altro meno dolorose. Perché che l’aborto sia un evento doloroso per qualunque donna, mi auguro che nessuno possa metterlo in dubbio, così come mi auguro che nessuno possa mettere in discussione il diritto di ciascuno di decidere per sé del proprio corpo, soprattutto una donna. Ed invece il corpo femminile è ancora oggetto di cinici e demagogici interventi di natura politica. La questione è come sopra scritto sempre delicata, sempre drammatica e poter decidere tra un male assoluto ed un bene assoluto sarebbe certo comodo, ma non riguarda una scelta quale quella dell’interruzione volontaria di gravidanza, che ha come misura il vissuto, le prospettive e le scelte personali di ciascuna e che non può essere limitata dalla “coperta politica” del governante di turno. Sul corpo delle donne si concretizza oggi il più cinico degli interventi politici, che ha a cuore esclusivamente l’accaparramento del consenso di un paese così poco laico quale il nostro. Una interruzione di gravidanza che permetta alle donne di non rischiare la vita in strutture non sicure e clandestine, andrebbe vista come uno strumento di civiltà che ha prima di ogni altra cosa come obiettivo primario la salute delle donne. L’aborto dovrebbe essere infatti scevro dalle valutazioni morali, che attengono alla sfera individuale e che non possono essere oggetto di persuasione politica, come invece di fatto da decenni avviene. Resta da sottolineare che purtroppo a fare le spese di una politica inadeguata e cinica, saranno le donne più fragili, meno tutelate e dunque più ricattabili riguardo diritti che non dovrebbero invece mai essere oggetto di discussione e tantomeno di compravendita.

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Giornalista pubblicista, scrittrice, critica jazz, autrice e conduttrice radiofonica, giurisprudente (pentita), appassionata di storia, filosofia, letteratura e sociologia, in attesa di terminare gli studi in archeologia scrivo per diverse testate, malcelando sempre uno smodato amore per tutti i linguaggi ed i segni dell'essere umano