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Nella palude ci sono i coccodrilli

Da tempo il “Vecchio Porco” ha esalato il suo ultimo grugnito. Il compagno Napoleon è diventato amico sia dei Pilkington sia dei Frederick, mentre Palla di Neve viene descritto come fosse il Signore delle Mosche.

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Wikimedia Commons, dominio pubblico.

di Alessandro Andrea Argeri

Non è facile determinare con precisione la speranza di vita di un coccodrillo. Un esemplare potrebbe vivere mediamente dai 70 ai 100 anni, tuttavia solo pochissimi muoiono di vecchiaia. Piuttosto crepano di fame, malattie, incidenti o stress dovuti alla cattività. Sono pochi gli ultracentenari, in quanto molti sono stati spazzati via all’inizio del XX secolo dall’industria dei grassi, placidi, ippopotami, i mammiferi più pericolosi al mondo sebbene erbivori per natura, oppure finti tali per scansare l’odio di vegani, vegetariani, anti-specisti, blogger, “radical” vari. Il massacro dei coccodrilli si ripete ciclicamente con le decadi, solitamente in connessione con prolungate siccità, quando la maggioranza è all’asciutto e i predatori fingono di essere disperati.

Nonostante abbia denti talmente affilati da spaventare qualsiasi altra specie, specialmente gli ippopotami, il coccodrillo medio non protesta mai, nemmeno quando usano la sua pelle per le borse, non a caso nessuno conosce il suo verso. Piuttosto, pur di non alzare il capo gli esemplari preferiscono mangiarsi tra loro, come nemmeno i piranha. Nel mentre, sulle rive del lago, di poco defilati nei boschi della palude, sempre gli ippopotami incalzano estasiati la guerra tra poveri. Alla fine a morire sono sempre i poverissimi proprio in nome della “giustizia sociale”. I coccodrilli possono contare su strategie di sopravvivenza estremamente efficienti. Non solo infatti possono rimanere senza ossigeno per tempi prolungati, ma sono capaci di riprendersi velocemente da questi periodi anossici grazie a una dote naturale chiamata “resilienza”.

A quanto pare, inoltre, i coccodrilli sembrano non “invecchiare”. Un esemplare di 70 anni è vigoroso quanto uno di cinque, almeno agli occhi dei paffuti ippopotami. In realtà, per essere più precisi, anche i coccodrilli invecchiano, ma in modo estremamente lento poiché non raggiungono mai i contributi necessari alla pensione, ovvero a godersi la terza età. Ad oggi ci sono ancora poche ricerche sui processi di invecchiamento dei coccodrilli, tuttavia gli esperti concordano nell’attribuire a ogni esemplare le potenzialità di un qualsiasi Dorian Gray, eternamente giovane fino ai 35 anni. Il coccodrillo in cattività più grande del mondo si chiama Cassius, omonimo di uno degli uccisori di quel Cesare accusato di voler instaurare la monarchia a Roma. Tuttavia si trova nel Queensland, è lungo quasi sei metri, ha più di 110 anni, continua ad andare avanti nonostante l’inflazione. Siccome dei Draghi gli hanno preannunciato un inverno difficile, madre natura gli ha concesso di convertire il suo sangue da caldo in freddo. Di conseguenza è diventato ancora più apatico nei confronti del mondo circostante: già si è convinto a non andare a votare. Il poveraccio intona ancora una vecchia poesia scritta più di mezzo secolo addietro:

Si sta,
come al solito.
I coccodrilli,
nella palude.

Nonostante si astengano dal mangiare carne per coltivare l’ideale di una vita sana, gli ippopotami vivono in media dai 40 ai 50 anni. Muoiono come le vecchie rockstar, ovvero per problemi legati al peso, al troppo grasso, o all’abuso di droghe pesanti alle quali ricorrono “per noia”. Gli squali invece, col particolare caso di quelli della Groenlandia, disposti a nutrirsi di qualsiasi alimento trovino, sia questo vivo o morto, possono arrivare anche a 400 anni. Ma lo Stato di Natura è bello perché vario. Oltre ai medi coccodrilli, possiamo trovare anche api operaie disposte a lavorare 365 giorni l’anno nella fabbrica dell’alveare, oppure le famose formiche stagionali impiegate soprattutto in estate, quest’anno più degli altri per consentire alle cicale di cantare agli inquinanti beach party. Tuttavia le amiche gialle sono in via di estinzione, oppure muoiono sul lavoro schiacciati dal polline appena prodotto, mentre le operose compagne ogni tanto vengono sfollate dalle proprie case a causa di terremoti, banche o dagli abusi dei loro nemici naturali: volatili, rettili, rospi.

Davanti a tale carneficina sociale, gli avvoltoi in attesa di spolpare le carcasse dei cadaveri commentano dall’alto: “bestiacce miserabili”, ovviamente accentuano la erre moscia perché era chic negli anni in cui andavano in onda “Z la Formica”, “L’Ape Maia”, “A Bug’s Life”. Come in quest’ultimo film, c’è una guerra in corso con “uno sciame di cavallette sbruffone”, il quale esige periodicamente una parte delle provviste raccolte dalle formiche. I risultati del conflitto sono incerti da molto tempo, solo recentemente le piccole classi operaie hanno ripreso ad alzare la voce, dopo aver compreso come sia più conveniente rimanere a casa anziché incentivare il sistema della servitù della gleba. Ad ogni modo, per risolvere le controversie ci vorrebbe un supereroe, uno ai livelli di Spiderman o Black Panther, qualcuno incurante del giudizio degli avvoltoi, capace di salvare sia le attive formiche sia i coccodrilli passivi, magari pure col bene placido degli ippopotami. Sarebbe proprio una favola!

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Giornalista regolarmente tesserato all'Albo dei Giornalisti di Puglia, Elenco Pubblicisti, tessera n. 183934. Pongo domande. No, non sono un filosofo (e nemmeno radical chic).