Ambiente
Energia Rinnovabile senza regole: Il Salento e la Puglia interessati dall’offensiva dell’eolico offshore
La mancanza di un testo unico sulle energie rinnovabili, rischia di arrecare non pochi danni all’ambiente. Sono oltre 400, le richieste d’autorizzazione presentate in Puglia per nuovi impianti eolici, fotovoltaici e di biomasse. Un sacrificio di consumo di suolo smisurato per una Regione, che risulta essere già leader in Italia per produzione di energia rinnovabile.
DI NICO CATALANO
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Ridurre del 55% la quantità delle emissioni di gas serra, rispetto ai livelli del 1990, rappresenta uno degli obiettivi fissati a livello Europeo per fermare entro il 2030, il fenomeno del surriscaldamento climatico. Per rispettare tale previsione, risulterebbe necessario installare nel nostro Paese, un numero di impianti energetici da fonti rinnovabili per assicurare una potenza complessiva di circa 70 miliardi di watt. Pertanto, basterebbe portare a termine anche solo il 50% dei progetti già presentati di Solare, Eolico, Geotermico ecc., purtroppo arenati nella palude di regole confuse e contraddittorie della pubblica amministrazione, o peggio ancora, smarriti nei meandri di una burocrazia, spesso utile a rafforzare egoismi ideologici e infantili posizioni di principio. Una situazione questa, principalmente causata dall’assenza di regole fondamentali, necessarie per spiegare come e dove in Italia, implementare gli impianti di rinnovabili, senza arrecare danni al paesaggio e all’ambiente. Una condizione di caos dovuta all’inadeguatezza delle nostre istituzioni Statali, Regionali e Comunali, di fronte alla sfida mondiale più importante per il futuro dell’umanità: quella contro il cambiamento climatico. La mancanza di un Testo Unico sulle energie rinnovabili, nonché di regole omogenee per tutto il territorio nazionale, oltre a penalizzare il principio della libera impresa, peraltro sancito dalla nostra Costituzione, rischia di arrecare non pochi danni all’ambiente e all’ecologia dei luoghi. Negli ultimi mesi, l’offensiva verso il bene comune da parte dei colossi multinazionali delle energie rinnovabili, è diventata sempre più insistente, favorita dalla spesso noiosa narrazione della Transizione Ecologica e dall’enorme mole di finanziamenti previsti dal PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), ma soprattutto dalla confusione normativa in merito. Un vero e proprio assalto al paesaggio di Regioni come la Puglia, dove ammontano a oltre 400, le richieste d’autorizzazione presentate per nuovi impianti eolici, fotovoltaici e di biomasse, il tutto per una complessiva produzione energetica di oltre 27 miliardi di watt. Un sacrificio ambientale e di consumo di suolo smisurato per una Regione, che risulta essere da tempo attestata come la prima in Italia, per quantità di energia rinnovabile prodotta: circa il 21 % del totale nazionale. Un danno rilevante per una terra, quella pugliese, che annovera importanti ecosistemi dal punto di vista della biodiversità, e che in questi ultimi anni è diventata la metà di turisti provenienti da ogni parte del mondo, attratti da storia, cultura oltre che da paesaggio, cibo e mare. Proprio sul mare pugliese, si è concentrata l’azione dei colossi delle rinnovabili, una vera e propria prateria di conquista per gli impianti eolici galleggianti. Sette progetti di parchi eolici in mare, che ad esclusione di quello previsto nel golfo di Taranto, sono compresi tutti lungo la costa tra Brindisi e Otranto. Proprio alcune splendide località turistiche del Salento, come Otranto, Santa Cesarea Terme e Castro, rischiano di subire al largo delle loro coste, la realizzazione del più grande parco eolico offshore mai realizzato: 100 pale con turbine eoliche galleggianti, alte oltre 300 metri. Un progetto che provocherebbe seri danni ad una straordinaria e unica bellezza paesaggistica riconosciuta da tutto il mondo. Una situazione sgradevole, favorita dall’attuale classe politica italiana, incapace di governare i processi e dalla conseguente mancanza di regole che inevitabilmente favorisce il più forte economicamente a discapito in questo caso del bene comune.
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