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Ambiente

2021: Anno Internazionale della frutta e della verdura tra distorsioni di mercato, standard commerciali e prezzi bassi.

l’agricoltura è il settore che, pur avendo una grande responsabilità in termini di emissioni di gas serra, è allo stesso tempo quello che subisce i danni maggiori dal cambiamento del clima

nico catalano

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DI NICO CATALANO

Credit foto  cagiflickr license  CC BY-NC-SA 2.0

Lo scorso mese di febbraio, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha dichiarato il 2021 quale anno Internazionale della frutta e della verdura. Le Nazioni Unite, hanno approvato tale risoluzione sia per accrescere la consapevolezza dei consumatori sui benefici nutrizionali e salutistici generati proprio dal maggior consumo di frutta e verdura, ma anche per diffondere tra gli agricoltori pratiche virtuose al fine di ridurre le emissioni di gas serra e nel contempo contrastare gli sprechi alimentari. Tale celebrazione dei prodotti della terra, purtroppo non trova assonanza con quanto stiamo assistendo in questi giorni, con i contadini sempre più strozzati dalle regole perverse imposte dalla Grande Distribuzione Organizzata (GDO). Difatti le esigenze dei mercati globali, richiedono un prodotto perfetto e standard nelle dimensioni, colorazione della buccia e percentuale in zuccheri presenti nel frutto. Tipologie di produzioni, assecondate istituzionalmente per via del Regolamento UE 543/2011, successivamente modificato tramite il 428/2019, che ha introdotto norme per differenziare i prodotti agricoli attraverso stringenti categorie merceologiche. Se le diciture “Extra” e “prima scelta” rappresentano la frutta che troviamo quotidianamente sugli scaffali. La “seconda scelta” rappresenta quel prodotto non corrispondente ai criteri di omogeneità e perfezione standardizzata, che finisce nei mercati “poveri” come quelli dei Paesi dell’Est Europa o ancora peggio in discarica, con buona pace per il contrasto agli sprechi alimentari. Garantire l’omogeneità delle produzioni, diventa sempre più difficile per i nostri coltivatori, a causa della consolidata presenza nei campi di numerose specie parassite invasive o aliene. Insetti, funghi e batteri che tramite l’aumento degli scambi commerciali e la velocità dei moderni mezzi di comunicazione, si spostano dai loro areali originari ed invadono le nostre campagne. Tali avversità biotiche, trovando condizioni favorevoli sia per la mancanza dei propri antagonisti naturali ma anche per un clima sempre più prossimo alla tropicalizzazione, danneggiano le produzioni agricole in modo irreversibile nella forma e dimensione. Inoltre, l’agricoltura è il settore che, pur avendo una grande responsabilità in termini di emissioni di gas serra, è allo stesso tempo quello che subisce i danni maggiori dal cambiamento del clima: l’aumento degli eventi climatici estremi impatta sulla produzione e le temperature crescenti fanno oscillare le rese. Quest’anno diverse colture, tra cui il ciliegio, hanno presentato una produzione abbondante, ma caratterizzata da frutti con uno sviluppo ridotto, quindi poco apprezzati dalla GDO e non corrispondenti agli standard commerciali disciplinati dai Regolamenti UE. In alcuni territori come nel sud est barese, il prodotto è stato talmente svalutato che il prezzo delle ciliegie nei mercati all’ingrosso, ha raggiunto quotazioni bassissime. Un fenomeno distorsivo che nel tempo sta causando accanto al calo del reddito degli agricoltori anche l’abbandono delle terre. Agricoltori che a loro volta per non finire sul lastrico, preferiscono rimandare la conversione verso modelli di un’agricoltura sostenibile oppure comprimono il fattore lavoro, ricorrendo a forme di lavoro nero e grigio. In entrambi i casi la collettività perde in termini sia di sostenibilità ambientale che di rispetto dei diritti. Così, una regolamentazione nata per favorire la commercializzazione di prodotti di qualità e aumentare la competitività dei mercati, si è trasformata in un boomerang, che garantisce sopravvivenza solo a quelle poche produzioni che riescono a garantire un’alta percentuale di prodotti di prima scelta. Una legge dovrebbe individuare strumenti per favorire valorizzazione e vendita di prodotti freschi e sani anche a prescindere dall’estetica degli stessi con una maggiore attenzione verso la sostenibilità ecologica ed economica del sistema produttivo per farne valore aggiunto. È la sfida che oggi la politica è chiamata ad affrontare per celebrare degnamente celebrare l’anno internazionale della frutta e verdura.

Agronomo, ricercatore ecologista, divulgatore e saggista