Mettiti in comunicazione con noi

01 Dicembre 2025

Le esportazioni manifatturiere superano le attese e consolidano il surplus commerciale del Paese

Pubblicato

su

  • La manifattura italiana rafforza resilienza e competitività grazie a diversificazione settoriale e investimenti tecnologici mirati.
  • La crescita della produttività emerge soprattutto nelle imprese più strutturate, riducendo il divario con i concorrenti europei.
  • Le dipendenze critiche dall’estero diminuiscono, migliorando stabilità delle filiere e sicurezza degli approvvigionamenti strategici.

Il panorama della manifattura italiana, osservato attraverso un’analisi ampia e sistematica, mostra un settore che mantiene una centralità decisiva per l’economia nazionale, nonostante gli shock che hanno colpito il sistema produttivo negli ultimi anni. Tuttavia, accanto agli elementi di forza, emergono anche criticità strutturali e sfide complesse che nei prossimi anni determineranno il reale margine di competitività del comparto. Il quadro complessivo restituisce l’immagine di una manifattura in movimento, attraversata da trasformazioni lente ma profonde, spesso accelerate da eventi esterni come la pandemia, l’aumento dei costi energetici e le tensioni geopolitiche che hanno riconfigurato le catene globali del valore.

Il primo aspetto che colpisce è la stabilità del peso della manifattura all’interno dell’economia nazionale. Dopo un lungo periodo in cui il settore industriale aveva iniziato a ridursi in proporzione al PIL, negli ultimi quindici anni la sua incidenza si è stabilizzata, restando intorno a un valore che, considerando anche l’indotto generato lungo le filiere, rappresenta una componente molto rilevante della produzione complessiva. Questo dato contrasta con l’idea di un progressivo arretramento strutturale dell’industria e dimostra invece che l’Italia conserva un modello produttivo misto, in cui il settore manifatturiero continua a svolgere un ruolo essenziale in termini di creazione di valore, occupazione qualificata e capacità di traino dell’innovazione.

Parte della forza della manifattura deriva dal suo contributo alla competitività internazionale del Paese. Le esportazioni di beni rappresentano la parte dominante dell’export nazionale e l’industria mantiene un surplus commerciale significativo, sostenuto da alcuni settori chiave capaci di affermarsi sui mercati globali grazie a qualità, specializzazione tecnica e reputazione consolidata. In un contesto internazionale caratterizzato da una competizione crescente, questa capacità di presidiare molti segmenti dell’export rappresenta una delle migliori garanzie per la stabilità macroeconomica del Paese.

Un altro tratto distintivo della manifattura italiana è la sua straordinaria diversificazione settoriale. Pochi altri paesi europei presentano una distribuzione così equilibrata tra molteplici comparti produttivi. Questa caratteristica offre un importante vantaggio competitivo: limita la vulnerabilità a shock specifici e consente una maggiore flessibilità nel rispondere ai cambiamenti della domanda. Tuttavia, questa diversificazione si accompagna a un profilo tecnologico ancora sbilanciato verso settori a intensità tecnologica medio-bassa, mentre la presenza in segmenti ad alta tecnologia rimane meno marcata rispetto ai principali paesi concorrenti. Ne deriva che, se da un lato l’industria italiana è capace di coprire un ventaglio molto ampio di produzioni, dall’altro la sua competitività a lungo termine dipenderà anche dalla capacità di rafforzare i comparti più avanzati e di far crescere la componente immateriale degli investimenti.

La struttura dimensionale delle imprese costituisce un ulteriore elemento di complessità. La manifattura italiana è caratterizzata da una presenza consistente di micro e piccole imprese, che svolgono un ruolo vitale per il tessuto economico ma al tempo stesso rappresentano un limite alla crescita della produttività complessiva. Le imprese di dimensioni maggiori, infatti, mostrano livelli di efficienza più elevati, grazie alla possibilità di realizzare economie di scala, investire di più in tecnologie innovative e competere sui mercati internazionali con una maggiore solidità finanziaria. Negli ultimi anni si osserva un processo di selezione che ha ridotto il numero delle imprese molto piccole e favorito un aumento della dimensione media delle aziende più strutturate. Questa trasformazione, sebbene lenta, rappresenta un segnale positivo di evoluzione verso un assetto industriale più competitivo.

La produttività resta tuttavia uno dei nodi più problematici. La crescita della produttività del lavoro nella manifattura italiana, pur migliore rispetto ai servizi, è stata nel lungo periodo nettamente inferiore a quella dei principali paesi con cui l’Italia compete. Una parte significativa di questo ritardo è imputabile alla debole dinamica della produttività totale dei fattori, che riflette limiti nell’adozione di innovazioni, nella diffusione delle tecnologie digitali e nella qualità della gestione aziendale. Gli anni precedenti alla pandemia avevano mostrato alcuni segnali incoraggianti di recupero, ma le crisi recenti hanno compromesso parte di quella dinamica positiva. In particolare, l’aumento eccezionale dei costi energetici ha inciso in maniera più forte sull’Italia rispetto ad altri paesi europei, dato che l’incidenza dell’energia sui costi di produzione era già elevata, soprattutto nei settori più energivori. In parallelo, la tendenza delle imprese a trattenere forza lavoro nonostante la riduzione della produzione – un fenomeno tipico nei periodi di incertezza – ha determinato un calo meccanico della produttività nel breve periodo.

Nonostante questo quadro complesso, la manifattura italiana ha mostrato una notevole capacità di adattamento. La crescita della produttività negli ultimi anni è stata trainata soprattutto da miglioramenti interni ai singoli settori e da una più efficiente riallocazione delle risorse tra imprese, con una performance particolarmente positiva delle aziende più vicine alla frontiera tecnologica. Tuttavia, si osserva un ampliamento del divario tra le imprese più produttive e il resto del tessuto produttivo, segno che la dinamica di crescita non è distribuita uniformemente. Per sostenere un’evoluzione più equilibrata sarebbe necessario promuovere la diffusione delle migliori pratiche tecnologiche e manageriali anche nelle imprese di dimensioni minori, creando condizioni favorevoli alla loro crescita.

Il tema degli investimenti rappresenta un ulteriore pilastro dell’analisi. La propensione delle imprese italiane a investire in capitale fisico è superiore a quella dei principali paesi europei, un dato che testimonia la volontà dell’industria di mantenere aggiornato il proprio parco macchinari e di rafforzare la capacità produttiva. Tuttavia, gli investimenti immateriali, come ricerca, software avanzati, brevetti e formazione, rimangono inferiori rispetto a quelli dei paesi con cui l’Italia competerebbe sulla frontiera tecnologica. Questa carenza limita la capacità di sfruttare appieno le opportunità offerte dalla digitalizzazione, dall’intelligenza artificiale e dalla meccatronica, ossia i grandi motori della nuova manifattura globale. Senza un rafforzamento deciso di questa componente, il rischio è quello di consolidare un modello industriale forte ma non pienamente allineato alle nuove traiettorie tecnologiche.

Le trasformazioni globali hanno reso inevitabile un esame più attento delle dipendenze critiche dall’estero. Negli ultimi anni l’Italia ha ridotto alcune vulnerabilità, soprattutto nel settore energetico, diversificando le forniture e diminuendo la dipendenza da singoli paesi. Rimangono però rilevanti dipendenze in settori chiave come elettronica, farmaceutica e componentistica avanzata, dove il peso di pochi fornitori globali è ancora molto elevato. Queste vulnerabilità rappresentano una minaccia per la resilienza dei processi produttivi e rendono necessaria una strategia più articolata di mitigazione, che può includere sia la diversificazione delle importazioni sia il rafforzamento delle capacità produttive interne.

Nelle analisi sul mondo del lavoro emergono riflessioni importanti sulla necessità di ampliare la partecipazione al mercato del lavoro e di migliorare la qualità delle competenze disponibili. L’Italia soffre di tassi di occupazione femminile e giovanile troppo bassi, con conseguenze dirette sulla capacità del sistema produttivo di rispondere alle esigenze di modernizzazione. Investire nei servizi sociali, come l’assistenza all’infanzia, e migliorare la flessibilità e l’efficienza del mercato del lavoro aggiornando la normativa e incentivando la formazione rappresentano condizioni essenziali per colmare una parte del ritardo accumulato.

Accanto al lavoro, anche la politica industriale torna al centro del dibattito. L’idea che lo Stato debba intervenire in modo mirato per sostenere settori strategici è tornata di attualità in tutto il mondo, spinta da esigenze di resilienza, transizione ecologica e competizione tecnologica. Il successo di tali interventi dipende però dalla capacità di selezionare obiettivi chiari, allocare le risorse in modo trasparente ed evitare distorsioni o sprechi. L’esperienza storica dimostra che le politiche industriali funzionano quando si concentrano su tecnologie ad alta complessità, quando accompagnano investimenti privati già in atto e quando sono coerenti con i punti di forza del sistema produttivo.

Nel complesso, il ritratto della manifattura italiana è quello di un settore solido e dinamico, capace di resistere agli shock e di mantenere una presenza significativa nei mercati internazionali. Tuttavia, la competitività futura dipenderà dalla capacità di intervenire sui nodi strutturali: produttività, investimenti immateriali, competenze, dimensione delle imprese e riduzione delle dipendenze critiche. Se questi elementi verranno affrontati con politiche coerenti e con un impegno diffuso all’interno del sistema produttivo, la manifattura potrà non solo rimanere competitiva, ma rafforzare ulteriormente il proprio ruolo nell’economia italiana.

Fonte: Confindustria

Link: https://www.confindustria.it/pubblicazioni/manifattura-in-trasformazione-rimarra-ancora-competitiva/

Commercialista, pubblicista, innovation manager, ricercatore, professore a contratto presso l'Università LUM GIuseppe Degennaro e presso l'Università di Bari Aldo Moro.