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20 Ottobre 2025

Trump, la guerra travestita da pace: il Venezuela sotto attacco

La pace non si impone con i missili.

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Di Marlene Madalena Pozzan Foschiera

Donald Trump ha dimostrato ancora una volta che il suo concetto di “pace” è la continuazione della guerra con altri mezzi. Mentre si proclama “meritevole del Premio Nobel per la Pace”, il presidente degli Stati Uniti (EU) ha autorizzato la CIA a compiere operazioni letali in Venezuela, trasformando i Caraibi in un teatro di aggressione imperiale.

In un video della Reuters, Trump afferma:

“Sì, ho autorizzato la CIA a condurre operazioni segrete. Il mare è sotto controllo, ora guardiamo alla terra.”

Non è una metafora: è una confessione.
Un capo di Stato che dichiara di poter invadere un paese sovrano senza mandato internazionale né rispetto per il diritto internazionale.
Eppure si presenta come colui che “metterà fine alle guerre”.

 La domanda che ha smascherato la contraddizione

Durante una conferenza stampa alla Casa Bianca, una giornalista ha chiesto:
“Perché ha autorizzato la CIA a intervenire in Venezuela?”
Trump ha risposto:

“L’ho autorizzata per due ragioni. Hanno svuotato le loro prigioni verso gli EU. E droga. Molta droga viene dal Venezuela via mare. Ma la fermeremo anche via terra.”

E quando gli è stato chiesto se la CIA avesse potere per “eliminare Maduro”, ha detto:

“Non voglio rispondere a una domanda del genere. Sarebbe ridicolo rispondere.”

La risposta arrogante e ambigua rivela il divario tra la retorica della pace e la pratica della guerra.
Mentre Trump recita la parte del pacificatore, pescatori venezuelani muoiono in mare, per decisione sua.

 Il massacro invisibile: barche affondate, dolore taciuto

Il 2 settembre 2025, un attacco statunitense contro una barca venezuelana uccise 11 persone. Trump disse fossero “trafficanti”, ma non presentò mai prove.

Da allora, sono stati documentati almeno sei attacchi, con un bilancio di 27 morti secondo dati ufficiali e fonti venezuelane.

Il 16 ottobre, una nuova escalation: un altro attacco nei Caraibi ha lasciato sopravvissuti, fatto mai accaduto prima.

Questo episodio intensifica l’orrore: non solo si uccide, ma si lascia altri vivi a testimoniare la tragedia.

Le dimissioni del capo del Comando Sud e le tensioni interne

Le dimissioni dell’ammiraglio Alvin Holsey, comandante del Southern Command delle Forze Armate degli EU, responsabile per le operazioni militari in America Latina e nei Caraibi, aggiungono una nuova dimensione alla crisi.

Holsey lascia l’incarico dopo meno di un anno — un periodo insolitamente breve — e proprio nel momento di massima intensità delle operazioni navali nel Caribe.
Fonti interne riferiscono che avrebbe espresso preoccupazioni etiche e legali sulle azioni contro le imbarcazioni venezuelane.
La sua uscita coincide con un nuovo bombardamento e con crescenti accuse internazionali di esecuzioni extragiudiziali.

Holsey potrebbe essere chiamato in futuro a rispondere sia per il ruolo diretto nelle operazioni letali, sia per la sua partecipazione alle riunioni di Trump con l’alto comando militare — incontri che, secondo analisti, avevano l’obiettivo di consolidare la fedeltà cieca dei vertici e reprimere eventuali dissensi interni.
Le sue dimissioni possono essere lette come un gesto di autoprotezione o come un segnale morale: anche nell’impero esistono limiti al potere del comandante supremo.

La voce della resistenza di Maduro

Maduro risponde:

“No al regime change, che richiama le guerre fallite in Afghanistan, Iraq e Libia. No ai colpi della CIA. L’America Latina non lo vuole né ne ha bisogno.”
E denuncia:
“Non è tensione — è aggressione su tutta la linea: giudiziaria, politica, diplomatica e militare.”

Con una lettera inviata all’ONU, il governo venezuelano chiede al Consiglio di Sicurezza di dichiarare illegali i colpi degli EU.
Accusa che le navi colpite fossero civili in acque internazionali e cita le 27 vittime già accertate.

Maduro ribadisce che il Venezuela “non cerca guerra, ma è pronto a difendere la sua pace, sovranità e integrità territoriale”.

La farsa del Nobel e la complice della guerra

Se il Premio Nobel per la Pace è stato strumentalizzato, il 2025 ne dà la prova più cruda:
l’oppositrice María Corina Machado, impopolare tra molti venezuelani, ha ricevuto il premio e l’ha dedicato a Trump.
Peggio: ha appoggiato pubblicamente le operazioni militari degli EU contro il suo stesso paese, lodando Trump per “guidare la coalizione contro il crimine”.

È un paradosso feroce: una “laureata della pace” che esulta per il bombardamento di pescatori e l’assedio economico al proprio paese.
Parla non di dialogo, ma di resa; non di sovranità, ma di subordinazione.

La guerra come motore imperiale

Gli EU non dominano più solo con il dollaro — dominano con le guerre, le armi e l’annessione indiretta.
Il complesso industriale-militare è il cuore economico del potere imperiale: vende conflitti, coltiva dipendenza, lo chiama “sicurezza”.
Ogni bomba lanciata nel Caribe gonfia profitti.
Ogni barca distrutta rinnova contratti bellici.
Questa è la pace secondo Trump: la pace dei mercati, non dei popoli.

 Per un senso vero di pace

La pace non si impone con i missili.
Si costruisce con la sovranità, la giustizia e la solidarietà tra i popoli.
Il mondo assiste, ancora una volta, al potere imperiale travestito da salvatore.
Ma la verità è chiara, ineludibile:

La pace non verrà da chi vuole mantenerci come colonia e ci uccide.