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20 Ottobre 2025

Il Contro-Attacco del Patriarcato e le Nuove Frontiere della Negazione: La Lotta per i Diritti delle Donne non Cede Spazio

La sfida resta quella di assicurare che le soluzioni adottate mantengano saldo l’asse politico, contrastando ogni tentativo di delegittimazione psicologica o formale, e intervenendo sul legame inestricabile tra potere di genere, potere di classe, la struttura familiare e la debolezza della tutela economica post-matrimoniale.

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Di Maddalena Celano

L’evento tenutosi lo scorso 16 ottobre presso la Sala Koch di Palazzo Madama, promosso dalla senatrice Pd Valeria Valente, ha acceso un faro su un fenomeno allarmante: la preoccupante escalation di strategie volte a negare, mistificare e depoliticizzare la natura strutturale e di genere della violenza contro le donne. L’occasione per questa necessaria e urgente analisi è stata offerta dall’apertura di uno “sportello per uomini maltrattati” nel VI Municipio di Roma, un’iniziativa che il mondo femminista e antiviolenza ha denunciato non come atto di sensibilità sociale, ma come una pericolosa manovra ideologica finalizzata a minare l’intero impianto di tutela.

Le Frontiere della Negazione: L’Equiparazione e lo Stupro Civico

Il cuore del dibattito ha messo in luce come l’istituzione di questi sportelli, in netto contrasto con la Convenzione di Istanbul, rappresenti l’ultima frontiera del patriarcato. Il tentativo è chiaro: equiparare la violenza maschile, che è sistemica e strutturale, a una generica violenza episodica o a un “conflitto privato”.

Questa logica si manifesta apertamente nel fenomeno che le accademiche Marina Calloni e Fabrizia Giuliani definiscono “stupro civico”: l’attacco e la delegittimazione della cittadinanza stessa della donna che denuncia. Ciò avviene attraverso la vittimizzazione secondaria in sede istituzionale (tribunali, servizi sociali) o con l’uso strumentale della PA (Sindrome da Alienazione Parentale). La PA, in particolare, diventa uno strumento di ritorsione statale per punire le madri che osano rompere la relazione violenta, riducendo un problema di dominio a una patologia individuale.

A demistificare la narrazione ideologica delle “false accuse” è intervenuto il magistrato Fabio Roia (Presidente del Tribunale di Milano), il quale ha confermato che le false denunce sono numericamente irrilevanti. La retorica delle false accuse è, in realtà, una tattica di terrorismo psicologico usata per spaventare le vittime e disincentivarle dal denunciare, mentre risulta molto più diffuso l’uso di denunce preventive e ritorsive da parte degli uomini per screditare la vittima in sede civile.

La Famiglia, il Dominio e la Crisi Istituzionale

Il prof. Stefano Ciccone (dell’Associazione Maschile Plurale) ha tracciato una cornice teorica fondamentale: la violenza domestica non è un’aberrazione, ma la reazione paranoica alla libertà femminile, un tentativo di ristabilire un ordine gerarchico basato sul possesso. Questa logica di controllo nel privato si salda con l’aggressività del patriarcato pubblico, il cui contrattacco (backlash) istituzionale tenta di soffocare l’istanza di libertà femminile.

Il Contributo Critico: Nodi e Questioni Aperte

Il ricco dibattito di questo 16 ottobre, ha rilevato dei cruciali nodi politici che andrebbero urgentemente affrontati. Per contrastare efficacemente la violenza strutturale, è cruciale indirizzare il dibattito su alcuni nodi critici, che interrogano le attuali risposte politiche e sociali:

1. La Famiglia come Luogo di Potere e Nuova Patria Potestà

La famiglia deve essere decostruita e analizzata non solo come cellula affettiva, ma come l’istituzione in cui l’asimmetria di potere viene appresa, legittimata e in cui si annidano le ritorsioni più violente. Oggi, la difesa regressiva di un modello familiare basato sulla gerarchia e sul controllo maschile è veicolata in modo aggressivo dai movimenti dei padri separati (spesso di orientamento antifemminista). Questi movimenti hanno giocato un ruolo chiave nel dibattito pubblico e giuridico per ripristinare l’autorità paterna e la patria potestà in senso simbolico e legale (attraverso l’abuso di strumenti come la PA), rendendo il percorso di separazione della donna da una relazione violenta un percorso ad altissimo rischio.

2. L’Erosione Economica e il Declino Totale del Matrimonio

L’erosione della sicurezza economica post-matrimoniale è l’altra potente arma del backlash. La prassi giudiziaria e le statistiche mostrano che i tribunali sono sempre meno propensi a concedere assegni di mantenimento alle donne, e il numero di uomini che effettivamente pagano gli alimenti è in calo.

Questo ha innescato una crisi istituzionale con risvolti storici: se per secoli le donne si sono sposate per ottenere protezione economica e sociale, oggi non vedono più nell’istituto matrimoniale una forma di tutela adeguata. Per tale ragione, sono in massa le donne che oggi rifiutano il matrimonio. Il backlash patriarcale, nel negare la protezione, ha involontariamente accelerato la dissoluzione totale e la perdita di attrattiva dell’istituzione matrimoniale stessa.

3. Il Vuoto Istituzionale e il “Rifugio” Femminile

Il declino totale del matrimonio come strumento di tutela ha lasciato un vuoto istituzionale profondo. Lo Stato non offre ancora un sistema di welfare o garanzie che riconoscano e tutelino il lavoro di cura non retribuito. Le donne rispondono a questo vuoto rifugiandosi nel privato (aumento delle donne single con maggiore autonomia) o in nuove forme di coabitazione e reti di solidarietà, cercando di costruirsi forme di sicurezza sociale ed economica alternative, ma non istituzionalizzate.

4. La Priorità Strategica: Formazione Politica ed Economica delle Donne

Se la violenza è politica, la risposta deve esserlo altrettanto. L’investimento strategico non può concentrarsi primariamente sulla mera formazione affettiva dei maschietti. La priorità deve essere il potenziamento della formazione politica ed economica delle donne. Questo atto ne politicizza la presenza nello spazio pubblico, rafforza la loro autonomia finanziaria, la capacità di autotutela e la possibilità di diventare agenti di cambiamento strutturale, intervenendo sulla radice dell’asimmetria di potere.

5. Oltre il Formalismo: Quote Rosa e Struttura di Classe

Infine, affrontare la violenza e la scarsa rappresentanza femminile richiede una visione radicale. Se da un lato le quote rosa rischiano di scadere in un formalismo cooptativo che non risolve l’ostilità della politica, dall’altro lato, la riflessione sulla violenza di genere non può prescindere dall’analisi del contesto strutturale economico (capitalistico). La necessità ultima è un cambiamento politico ed economico radicale che smantelli le gerarchie di potere e di classe intrinsecamente legate alle gerarchie di genere e al controllo sulla famiglia.

La sfida resta quella di assicurare che le soluzioni adottate mantengano saldo l’asse politico, contrastando ogni tentativo di delegittimazione psicologica o formale, e intervenendo sul legame inestricabile tra potere di genere, potere di classe, la struttura familiare e la debolezza della tutela economica post-matrimoniale.