13 Ottobre 2025
Gaza pagherà ancora la civiltà altrui

Di Rosamaria Fumarola
Nella parte finale del Blob andato in onda nella serata del 7 ottobre, gli autori hanno accostato alle immagini della distesa di macerie che è oggi Gaza il sonoro de “Il mio canto libero” il brano di Lucio Battisti del 1972. Da tempo non ascoltavo il pezzo che ha accarezzato i giorni di tante generazioni con la sua bellezza, che provoca stupore e che permette il sogno, un sogno che da solo è già felicità. La mia esistenza immagino sia stata e sia contemporanea a quella di tanti palestinesi, nati e vissuti nella guerra, tutti privati delle possibilità che la vita offre perché ostaggi del ricatto del lunghissimo conflitto. Quando da adolescente negli anni ottanta e novanta e non passava giorno senza che dedicassi le ore lontane dallo studio ad immaginare la libertà infinita che solo la musica regala, i miei coetanei a Gaza forse nemmeno credevano alla possibilità del sogno e si abituavano a perdere fratelli, amici, genitori per “un sì o per un no” come Primo Levi raccontava accadesse ad Auschwitz. La loro disperazione non l’abbiamo ascoltata, le loro urla straziate non le abbiamo mai sentite. Oggi provo dolore per l’ingiusta sottrazione della bellezza che da decenni subiscono, ricevendo in cambio la follia dell’inferno. Mentre le strade della mia città si illuminavano alla luce del sole e facevano spazio ai giochi dei bambini usciti da scuola, in troppi lontano camminavano nella polvere delle macerie. Dopo la seconda guerra mondiale l’Europa ha voluto rinascere nella pace e nella pace ha costruito cieli sgombri, pronti ad accogliere i sogni degli uomini, non le bombe dei nemici. Questo ha permesso l’emancipazione dall’ abbrutimento della guerra e della fame. La pace costituenda tra Israele e Palestina sancisce la vittoria di Netanyahu, con Gaza rasa al suolo e la sua popolazione decimata, la cui vita resterà ostaggio dei voleri e delle ambizioni altrui. Il conflitto non è risolto, si è solo trasformato assumendo un aspetto capace di disinnescare la reazione indignata del mondo. Un destino colonialista attende dunque ancora i gazawi e presto o tardi Israele sferrerà un nuovo attacco. I rapporti tra le parti in campo infatti ora più che mai non sono pacificati. Due anni di genocidio sono stati benzina sul fuoco dell’ odio per il futuro mediorientale ed una ipoteca rinnovata sine die sulle vite dei palestinesi, ai quali non si intende riconoscere umana dignità. Resta da chiedersi se sia possibile la civiltà senza qualcuno che ne paghi il prezzo: gli schiavi nelle società greca e romana, gli indiani e gli afroamericani in America, gli ebrei nella Germania nazista. Ma resta anche un’ altra domanda senza risposta: ora che cibo ed acqua stanno arrivando ai gazawi, quando ci sarà la restituzione della capacità di sognare da troppo tempo ostaggio dell’ odio e nuovamente ipotecata da due anni di genocidio? Fino a quando ciò non sarà possibile, le vite dei palestinesi saranno vite a metà, anche per questo ridotte a rango di inferiorità rispetto alle nostre.
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