06 Ottobre 2025
Torture, umiliazioni e silenzio: cosa ha subito Greta Thunberg
La libertà e la giustizia non si difendono mai tacendo.

Di Maddalena Celano
Le notizie che emergono da fonti credibili svedesi, spagnole, turche e internazionali gettano un’ombra oscura su ciò che Greta Thunberg avrebbe dovuto subire durante la sua detenzione: condizioni disumane, violazioni di diritti basilari, umiliazioni pubbliche. Non possiamo restare in silenzio di fronte a queste accuse.
Secondo le comunicazioni del Ministero degli Esteri svedese e di altri testimoni, Greta sarebbe stata rinchiusa in una cella infestata da pidocchi (bedbugs), costretta a stare seduta su superfici dure per lunghi periodi, senza adeguato accesso a cibo, acqua o medicinali. Sono emerse disidratazione e la comparsa di eruzioni cutanee probabilmente dovute alle condizioni della cella. Le sarebbe stato imposto di posare per foto con bandiere, contro la sua volontà. Secondo testimoni, sarebbe stata trascinata per i capelli, picchiata, umiliata fisicamente e costretta a baciare una bandiera. Le sarebbe stata negata assistenza adeguata: accesso ai farmaci, condizioni igieniche minime, sostegno legale.
Queste denunce non sono semplici disagi: si configurano come violazioni profonde dei diritti umani, come trattamento crudele, degradante e potenzialmente assimilabile alla tortura psicologica e fisica. Ma non è solo la crudeltà fisica che scandalizza. È l’umiliazione. È il messaggio che viene mandato a chi difende la vita, la giustizia e la verità in un mondo che troppo spesso odia chi osa dire “basta”.
Greta non è solo un’attivista: è una donna, giovane e libera, portatrice di verità scomode. Ecco perché la sua figura è diventata bersaglio non solo politico ma simbolico. Chi attacca Greta non attacca solo lei, ma la possibilità stessa che una donna parli, si esponga, sia credibile. Il gesto di costringerla a baciare la bandiera, di presentarla come trofeo, è un atto rituale di cancellazione: un modo per ridurre una donna a oggetto, spettacolo, trofeo di potere.
Questo non è un caso isolato. È il segno di un mondo in cui la violenza torna ad essere linguaggio politico. Greta è il monito del nostro tempo: se permettiamo che tutto questo accada a lei — una figura monitorata e riconosciuta globalmente — cosa accadrà a chi non ha visibilità, a chi non ha voce?
Serve una presa di posizione immediata. Occorrono indagini indipendenti, trasparenti, da parte delle organizzazioni internazionali per i diritti umani. Serve una condanna diplomatica netta e la richiesta di responsabilità politica. Serve protezione per Greta e per tutti gli attivisti che rischiano la repressione ogni volta che mettono in discussione il potere.
Ma serve anche, e forse soprattutto, una riflessione collettiva sulla cultura che umilia le donne, che trasforma la protesta in spettacolo di sottomissione, che considera il corpo femminile uno spazio di dominio simbolico. Umiliare Greta significa umiliare tutte noi. Distruggere la Terra significa distruggere il grembo della vita.
CONCLUSIONI
Greta Thunberg non è una ribelle capricciosa, come tanti hanno cercato di dipingerla. È una voce di verità in un tempo di menzogna. Se oggi viene umiliata, torturata o zittita, ciò che viene calpestato non è solo una persona, ma l’idea stessa di umanità. Umiliare Greta è umiliare tutti noi, è permettere che la violenza diventi linguaggio normale, che la verità diventi silenzio, che la dignità diventi concessione.
Non dobbiamo dimenticare. Non dobbiamo restare in silenzio. La libertà e la giustizia non si difendono mai tacendo.
