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Oasi Culturale

Addio a Stefano Benni, lo scrittore fantasista della letteratura italiana

Benvenuti su “Oasi Culturale” rubrica de IlSudEst a cura di Alessandro Andrea Argeri e Sara D’Angelo.
Questa settimana rendiamo omaggio a Stefano Benni recentemente scomparso
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Credit foto Pausacaffeblog.it

Di Sara D’Angelo

All’età di 78 anni è morto Stefano Benni, autore di romanzi che fin dal giorno della pubblicazione hanno avuto un notevole impatto sociale,
destinati a scuotere le coscienze adagiate nella loro anonima immobilità.
Da qualche tempo non aveva più rilasciato interviste perché fortemente provato da una lunga malattia. Scrittore, giornalista e drammaturgo è stato un punto di riferimento per diverse generazioni di lettori attratti dalla scrittura sopra le righe che non tarda a raggiungere la meta prefissata.
Il suo è un pubblico attento al richiamo di opere che coniugano realtà e immaginazione in un unico insieme.
Nato a Bologna nel 1947, Stefano Benni ha sempre affidato ai suoi editori una narrativa surreale dietro cui si nasconde una profonda sensibilità verso i comportamenti all’interno di una società complice di ingiustizie alleate tra loro. La satira sottile delle sue opere sigilla il suo nome tra le firme più incisive di visionari fedeli alla realtà.
Fin dai tempi dell’università Benni dimostra di vivere un fermento esistenziale che lo divora, di questo sussulto ne farà soggetto principale di tutte le sue opere letterarie e teatrali.
Il suo primo libro, “Bar Sport”, lo scrive durante il servizio militare, pubblicato da Mondadori nel 1976. Il successo dell’opera dà l’avvio alla stesura di oltre venti romanzi e raccolte di racconti, tutti pubblicati da Feltrinelli: “Terra!” (1983), “Baol” (1990), “La Compagnia dei Celestini” (1992), “Elianto” (1996), “Saltatempo” (2001), “Achille piè veloce” (2003), “Margherita Dolcevita” (2005) “Blues in sedici: ballata della città dolente, “Giura” (2020), il poema “Dancing Paradiso” (2019) e il docufilm autobiografico “Le avventure del Lupo” (2018), sono soltanto alcuni titoli della copiosa produzione dell’umorista più amato della letteratura italiana contemporanea.
Scrittore e giornalista, dicevamo.
Stefano Benni ha scritto per testate di rilievo  come “L’Espresso”, “Panorama”, “Il Manifesto”, “La Repubblica”, “Il mondo”, ed è stato un autore televisivo molto apprezzato. In teatro ha lavorato con Dario Fo e Franca Rame.
Porta la data del 2018 il docufilm autobiografico “Le avventure del Lupo”. Era proprio lui, Stefano, il lupo era il suo soprannome che lo riportava indietro di molti anni quando, nei boschi dell’Appennino bolognese, si sentiva pervaso “da una bellissima follia notturna”.
L’ amicizia con Daniel Pennac crebbe in un sodalizio di reciproca intesa, sostenuto sulle orme della cultura contemporanea. Benni lo introdusse nella macchina editoriale italiana con la traduzione delle sue opere pubblicate da Feltrinelli. Per Benni, Daniel Pennac fu un “fratello di scrittura” oltre che custode di un’ amicizia leale e profonda.
“Ero seduto su una panchina in un parco a Parigi e stavo leggendo questo libro, mi alzai e andai a cercare un telefono per chiamare in Feltrinelli e dire che se non avessero tradotto questo autore erano dei pazzi”. L’ aneddoto sul primo quasi-incontro tra Benni e Pennac fu la ragione per cui la penna francese, allora poco nota, venne tradotta per la prima volta in Italia.
Da quel momento Feltrinelli fu la casa editrice di due autori affini per una brillante originalità stilistica a servizio di un umorismo pieno di spine, diffuso come un seme nella pubblica piazza.
Nel 2004 lo scrittore francese dedicò a Stefano Benni “Grazie”, un’opera che scandaglia le forme di gratitudine nei contesti umani accomunati dalla necessità di dare espressione ai principi del valore morale.
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A dare l’annuncio della scomparsa di Benni è stato Niclas, il figlio dello scrittore che ha reso pubblico un messaggio per ricordare la dimensione privata e professionale del padre.
“Una cosa che Stefano mi aveva detto più volte – ricorda – è che gli sarebbe piaciuto essere ricordato leggendo ad alta voce i suoi racconti. Come alcuni di voi sapranno, Stefano era molto affezionato al reading come forma artistica, la lettura ad alta voce, spesso accompagnata da musicisti. Quindi, se volete ricordarlo, vi invito in questi giorni a leggere le opere di Stefano che vi stanno più a cuore a chi vi è vicino: amici, figli, amanti, parenti. Sono sicuro che, da lassù, vedere un esercito di lettori condividere il loro amore per ciò che ha creato gli strapperebbe una gran risata. Grazie”.

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