Esteri
Alleanza per la democrazia: Lula, Petro, Boric, Sánchez e Yamandú Orsi contro l’estrema destra globale
Non basta resistere. È necessario proporre. E questa proposta comincia a prendere forma — tra il Sud ribelle e l’Europa dissidente

Di Marlene Madalena Pozzan Foschiera
Mentre Donald Trump prepara una nuova crociata contro il mondo multipolare e organizza offensive golpiste come quella che minaccia il Brasile, un fronte internazionale democratico comincia a consolidarsi. Tra il 17 e il 19 luglio 2025, il presidente Luiz Inácio Lula da Silva si è riunito con i leader progressisti dell’America Latina e dell’Europa — Gabriel Boric (Cile), Gustavo Petro (Colombia), Yamandú Orsi (Uruguay) e il capo del governo spagnolo Pedro Sánchez — in un gesto politico di grande rilevanza simbolica e strategica: difendere la democrazia, i diritti dei popoli e la pace mondiale di fronte all’avanzata delle forze autoritarie globali.
L’incontro rappresenta un chiaro contrappeso all’asse internazionale dell’estrema destra, oggi incarnato da Trump, Bolsonaro, Javier Milei, Benjamin Netanyahu,Viktor Orbán e altri. Due progetti sono in gioco: da un lato la guerra, l’autoritarismo e il neoliberismo predatorio; dall’altro, la democrazia sociale, l’integrazione tra i popoli e la ricerca di un mondo giusto e multipolare.
Un Brasile sotto attacco, ma in piedi
Il Brasile si trova oggi al centro della tempesta. Attaccato con dazi unilaterali, minacciato nella sua sovranità, sabotato nella sua stabilità istituzionale da alleati di Trump e Bolsonaro, il paese avrebbe potuto isolarsi. Ma Lula ha scelto un’altra strada: quella del protagonismo fiero. Sta costruendo ponti, articolando alleanze e riaffermando il suo ruolo di leadership globale nella difesa della democrazia.
Non si tratta solo di resistere. Si tratta di proporre un altro orizzonte possibile. Il Brasile riafferma, insieme a Colombia, Cile, Uruguay e Spagna, che la democrazia non si esaurisce nel voto, ma richiede giustizia sociale, diritti umani, protezione ambientale, sovranità alimentare e pace tra i popoli.
Una nuova generazione guida il Sud globale
L’incontro simboleggia anche l’ascesa di una nuova generazione di leader popolari e progressisti che emergono con forza nel Sud Globale. Gabriel Boric in Cile e Gustavo Petro in Colombia rappresentano una svolta politica storica in paesi da decenni dominati da forze conservatrici. In Uruguay, Yamandú Orsi, del Frente Amplio, prosegue la tradizione democratica e partecipativa avviata da José “Pepe” Mujica. Cresce anche la presenza femminile nelle leadership politiche della regione — segno di una nuova fase emancipatoria in corso.
Lula, veterano della lotta democratica e figura di riferimento globale, tesse alleanze senza protagonismi narcisisti — e rafforza il campo popolare su scala internazionale.
Pace per Gaza, sovranità per i popoli
Non a caso, il tema della pace mondiale è stato centrale negli interventi dei presidenti latinoamericani. I leader riuniti hanno denunciato i massacri commessi da Israele nella Striscia di Gaza e la complicità dell’Occidente nel genocidio del popolo palestinese. Lula, Petro e Boric sono stati voci forti a favore di un cessate il fuoco immediato e del riconoscimento dello Stato di Palestina.
Questa posizione sta rompendo il silenzio dell’Europa istituzionale. Nella stessa settimana, la Francia ha annunciato ufficialmente il riconoscimento dello Stato palestinese. Sebbene tardivo, è un gesto politico che rompe con l’allineamento cieco alla NATO e segnala che qualcosa comincia a muoversi nel continente. Può sembrare poco, ma è molto — considerando la storica omertà e complicità della maggior parte dei governi europei.
La disputa globale è già cominciata
Il mondo vive un bivio storico. L’estrema destra si articola in rete, con strategie di guerra ibrida, colpi giudiziari, manipolazione digitale e terrorismo economico. Non c’è più spazio per l’ingenuità diplomatica.
Trump ha già dichiarato guerra economica ai BRICS. Ha attaccato direttamente il Brasile. Difende apertamente Bolsonaro e i suoi alleati latitanti. Finanza gruppi estremisti e minaccia governi sovrani. La sua rielezione, ormai in corso, non rappresenta solo un rischio per gli Stati Uniti — ma una tragedia globale.
Per questo, il vertice guidato da Lula assume un enorme peso politico: è l’abbozzo di un fronte democratico internazionale. Un blocco che, pur con contraddizioni interne, si propone di affrontare l’autoritarismo globale con coraggio e unità.
Il futuro è in disputa
Non è solo il Brasile a essere sotto attacco. È l’idea stessa di un mondo in cui i popoli possano decidere il proprio destino, senza la tutela dell’impero e senza i vincoli del capitale speculativo. Lula, Petro, Boric, Sánchez e Yamandú Orsi ne sono consapevoli. E, riunendosi in questo momento, lanciano un messaggio chiaro al pianeta: la democrazia sopravviverà solo se sarà internazionalista, solidale e popolare.
Non basta resistere. È necessario proporre. E questa proposta comincia a prendere forma — tra il Sud ribelle e l’Europa dissidente
