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28 Luglio 2025

Randagismo in Italia: un’emergenza silenziosa tra abbandoni, costi pubblici e rischi sanitari

Lui è uno dei tanti senza nome. Uno dei tanti cani abbandonati per strada. Che spesso ignoriamo. Giusto un secondo di compassione e poi via.

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Di Pierdomenico Corte Ruggiero

Lui è uno dei tanti senza nome.

Vaga per le strade di campagna di Coreno Ausonio nel Basso Lazio. Ma è solo uno dei tantissimi cani abbandonati per strada in tutta Italia. Che spesso ignoriamo. Giusto un secondo di compassione e poi via.

Pensandoci meglio ha un nome. Il suo nome è speranza. La speranza di trovare una casa grazie al lavoro dei volontari prima che a qualcuno possa venire la tentazione di risolvere il “problema” nel modo più barbaro .

Volontari che operano senza sostegno istituzionale, istituzioni che troppo spesso ignorano le segnalazioni dei cittadini.

Anche lui è vittima del randagismo.

Un fenomeno tanto diffuso quanto trascurato. Il randagismo in Italia è una realtà che continua a crescere, alimentata da abbandoni, controlli carenti e una cultura del possesso animale spesso irresponsabile. Secondo le ultime stime, sarebbero tra i 600.000 e i 700.000 i cani randagi presenti sul territorio nazionale https://www.vet33.it/eventi/3061/randagismo-in-italia-ogni-anno-oltre-55-000-cani-abbandonati-e-l-80-non-sopravvive.html, con una concentrazione preoccupante nelle regioni del Centro-Sud.

Le istituzioni spendono ogni anno centinaia di milioni di euro per fronteggiare questa piaga, ma il problema resta lontano dalla soluzione.

I dati raccolti da Legambiente, dal Ministero della Salute e da numerose associazioni evidenziano un quadro complesso. Solo nel 2023, si contano circa 85.000 cani abbandonati, un numero in crescita rispetto all’anno precedente. All’anagrafe canina mancano all’appello oltre 2 milioni di animali, soprattutto in alcune regioni del Sud, dove la registrazione e il controllo veterinario sono spesso carenti.

Un’emergenza sommersa, alimentata da comportamenti irresponsabili e da una cronica assenza di controlli.

In molte zone d’Italia, si assiste a un fenomeno ancora più grave: quello dei cani “vaganti”, cioè animali di proprietà lasciati liberi di circolare. Spesso non sterilizzati, diventano un fattore moltiplicatore del randagismo.

Oltre al dramma animale, il randagismo comporta gravi rischi per la salute pubblica e la sicurezza stradale. Cani non vaccinati possono diffondere malattie zoonotiche; branchi che si aggirano vicino a strade o centri abitati rappresentano un pericolo concreto per automobilisti e pedoni. Le amministrazioni locali si trovano poi a gestire canili sovraffollati, dove le adozioni non bastano a contenere il flusso.

Nel 2022 sono stati registrati 67.500 ingressi nei canili, ma le adozioni si sono fermate a 32.600. Il resto degli animali resta a lungo — a volte per tutta la vita — nei rifugi.

Tra le principali concause del fenomeno:

mancanza di anagrafe canina aggiornata e microchip obbligatori non verificati;

assenza di campagne strutturate di sterilizzazione e applicazione del microchip, soprattutto nelle aree rurali;

scarsa cultura della responsabilità tra i proprietari di animali;

carenze nell’organizzazione delle ASL veterinarie e nella gestione dei rifugi.

Gli esperti concordano: occorrono azioni coordinate e strutturali. Le principali proposte comprendono:

Microchip e anagrafe obbligatoria, con sanzioni per chi non registra l’animale;

Sterilizzazione di massa, incentivata economicamente per i cittadini;

Campagne educative nelle scuole e nei media per promuovere l’adozione e contrastare l’abbandono;

Assunzione di veterinari pubblici;

Rafforzamento delle strutture sanitarie pubbliche e miglioramento della rete dei rifugi;

Incentivi fiscali per chi adotta un cane randagio o sterilizza il proprio animale.

Misure per permettere ai cani di rimanere, in piena sicurezza, nel territorio.

In alcune Regioni, l’attuazione combinata di queste misure ha già dato risultati incoraggianti: diminuzione degli ingressi nei canili, aumento delle restituzioni ai legittimi proprietari e calo del randagismo sul territorio.

Il randagismo non si risolve solo con le strutture: serve un cambiamento culturale profondo. Gli animali non sono cose ma esseri viventi con una dignità da tutelare. Come stabilito dal ddl 1308 che ha rivoluzionato la tutela giuridica degli animali che diventano soggetti di diritto https://www.ruminantia.it/una-riforma-storica-gli-animali-come-soggetti-di-diritto-nel-codice-penale/ .

Nel frattempo, ogni estate il fenomeno si acuisce, complice l’abbandono stagionale.

Mentre migliaia di volontari continuano a operare sul campo con mezzi limitati, cresce l’urgenza di un piano nazionale integrato, sostenuto da risorse certe e da una visione a lungo termine.

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