Attualità
Alberto Stasi e la verginità ritrovata

Di Rosamaria Fumarola
Se qualcuno legittimamente si chiedesse la ragione per la quale a distanza di diciotto anni,
un caso di omicidio per cui la Cassazione aveva indicato un colpevole “ogni altro
ragionevole dubbio”, venga riaperto alle indagini e sia da mesi l’oggetto di speculazioni
pubbliche e private la risposta, com’ era prevedibile, non è l’accertamento di una nuova
verità processuale, benché la ragione espressamente dichiarata sia questa. L’obiettivo a cui
Alberto Stasi, tramite i suoi legali, ha mirato è infatti una vittoria diversa da una nuova
sentenza in grado di scagionarlo dall’ accusa di essere l’ assassino di Chiara Poggi. Stasi ha
sempre ambito alla vittoria che solo il dubbio è capace di garantire, allo scopo di ricreare per
sé una verginità civile che la Cassazione (in parte) gli aveva negato. A chi potrebbe
sottolineare che la Corte ha espresso una condanna ogni altro ragionevole dubbio che non è
per sua natura parziale, va ricordato che evidentemente l’opinione pubblica non ha ritenuto
essere l’assolutezza del giudicato convincente a sufficienza ed è questa la leva di cui Stasi
si è sempre servito. Quasi vent’anni sono trascorsi dall’ assassinio di Chiara Poggi e dieci
dalla condanna del fidanzato, ritenuto il solo responsabile dell’ omicidio. Da oggi il
condannato è in regime di semilibertà e si dichiara felice seppure frastornato per il
provvedimento che gli permetterà di vivere una vita quasi normale. La sua ambizione è da
sempre cosa nota. In carcere si è laureato ed ha trovato un impiego all’ esterno. Ha
frequentazioni importanti Stasi e la morte di Chiara è stata evidentemente una parentesi dal
peso inferiore agli obiettivi professionali che lo hanno invece sempre accompagnato. Per
questo non ha mai perso i connotati esteriori del bravo ragazzo: il modo ricercato e mai
sciatto di vestire, la pacatezza delle reazioni pubbliche, la compostezza che anche in
carcere sembra avere costantemente caratterizzato le sue azioni. Oggi anche i suoi legali si
dichiarano felici della semilibertà che la Suprema Corte di Cassazione gli ha riconosciuto.
Un anno fa chiedere in una circostanza analoga a Stasi quali fossero le sue emozioni e
sentirsi rispondere così liberamente e coram populo “Mi sento felice anche se frastornato”
non sarebbe sarebbe stato possibile, perché la sentenza di condanna non era stata ancora fatta a pezzi nella pubblica piazza come poi è avvenuto e la cogenza di quel giudicato sarebbe
stata anche moralmente più forte. Andrea Sempio, vista la totale assenza di riscontri in
merito alla sua presenza sul luogo del delitto è probabile che esca completamente e
definitivamente dalle nuove indagini ma nel frattempo, il gran polverone ha creato quei
presupposti necessari a preparare la rentrée in società di Stasi, preceduto da tutte le
sottolineature circa i dubbi della sua condanna e delle probabile responsabilità di altri nella
morte di Chiara. Era tutto volto solo a sollevare e mantenere dubbi su quanto accaduto a
Garlasco la mattina del 13 agosto 2007. Stasi ha giocato bene le sue carte e come in un film
con Alberto Sordi degli anni sessanta, forse conoscerà un giorno una fanciulla la cui famiglia
sarà felice di accoglierlo nonostante le peculiarità del suo passato, dichiarando magari
pubblicamente di non avere alcun dubbio circa l’ innocenza di quel bravo ragazzo. Nelle
commedie italiane era ritratta la società del dopoguerra, disposta a scendere a patti con la
propria coscienza, moralmente opaca, pronta a convincersi che fosse giusto raggiungere i
propri obiettivi con qualunque mezzo e che questo bastasse a dare valore ad un individuo
all’ interno di un contesto civile e sociale. Ecco Stasi e quanti hanno lavorato e lavorano alla
ricostruzione della sua verginità ricordano tutta l’ambiguità morale che caratterizzava quei
personaggi, capaci sempre di nascondere dietro una brillante ascesa la tragedia di un debito
morale mai saldato.
