Cultura
Musicoterapia, perché non è solo “ascoltare musica”
La musicoterapia è una modalità di approccio alla persona purtroppo ancora troppo poco nota nel nostro Paese, nonostante risulti essere non solo particolarmente interessante, ma anche benefica sotto molti aspetti legati all’individuo. Questa settimana intervistiamo il dott. Giordano, musicoterapeuta e ricercatore AIM.
Nella foto di copertina, il logo dell'”Associazione Italiana Musicoterapia” (AIM). Autorizzazione al trattamento dell’immagine concessa dal proprietario.
Questa settimana ho avuto la possibilità di parlare di musicoterapia in un’intervista al dott. Giordano, musicoterapeuta e ricercatore AIM, il quale mi ha spiegato non solo le caratteristiche fondamentali di una pratica in Italia relativamente recente, ma anche le ragioni per cui andrebbe maggiormente istituzionalizzata.
- Cos’è “AIM”, com’è nata?
AIM è l’Associazione Italiana Professionisti Musicoterapia, nata nel 2002 con l’obiettivo di raccogliere gran parte dei professionisti della musicoterapia che ci sono in Italia, per salvaguardare, promuovere e diffondere la musicoterapia nel nostro paese. Poiché è un’associazione iscritta al MISE, può rilasciare l’attestato di qualità e qualificazione professionale dei servizi, nel rispetto della Legge 4/2013. Questo è importante perché solo recentemente in Italia la musicoterapia sta iniziando a trovare una posizione riconosciuta anche al livello istituzionale. L’AIM ha l’obiettivo di valorizzare la professione del musico- terapeuta, di offrire formazione continua per i soci, e ha di diffondere la musicoterapia in rete. Questo in Europa già da tempo è importante, però in Italia ci stiamo “conquistando i nostri spazi”.
- Più precisamente, cos’è la musicoterapia?
Innanzitutto, noi non dobbiamo immaginare la musicoterapia solo come un “qualcosa di medico”, infatti gran parte dei musicoterapeuti lavorano presso case di cura, nelle scuole, nei centri per disabili per anziani, o privatamente. L’ambito medico è solo una delle possibilità che la musicoterapia offre. Quando parliamo di musicoterapia parliamo di un intervento che prevede l’uso di tutti gli elementi sonoro-musicali con l’obiettivo di raggiungere degli obiettivi specifici, da parte di un professionista della musicoterapia, in una relazione che si instaura tra il paziente, il musicoterapeuta e la musica. È bene ricordarlo perché non esiste la “musica magica” o la “playlist che cura”, ma un processo di relazione che si crea con e attraverso la musica.
- Quindi come cura il musicoterapeuta?
La musicoterapia non è il semplice “ascoltare musica”, né cura la malattia, ma la musicoterapia si prende cura del disagio derivato da quest’ultima, infatti interviene dove c’è una “difficoltà” legata alla malattia stessa. Non possiamo pensare di curare la leucemia solo attraverso la musicoterapia, sarebbe dannoso e pericoloso . La musicoterapia è una disciplina che viene svolta all’interno di una equipe multidisciplinare, in cui Tutti hanno in carico il paziente, anzi la persona, e il musicoterapeuta si interfaccia con ogni membro del team. Alla fine l’equipe va vista come se fosse un’orchestra: anche se c’è il solista, la forza è nell’armonia di tutto il gruppo. Per quanto riguarda gli strumenti utilizzati durante la terapia, bisogna considerare come tutti gli elementi musicali vengano presi in considerazione, a partire dal silenzio, non per altro “fare musicoterapia” vuol dire anche “stare nel silenzio di una persona che ne ha bisogno”, poiché anche il silenzio è musica.
- Come si può curare col silenzio?
Secondo me, ma è una mia visione personale, la qualità più gande che debba avere un musicoterapeuta è proprio quella di saper ascoltare. Molto spesso è sufficiente mettersi in ascolto di una persona, perché è quello che aiuta ad entrare in contatto e a creare la relazione con lui. Non si può “curare con il silenzio” in senso lato, ma si possono creare delle possibilità. Il silenzio poi racchiude in sé tanti suoni e tanti spunti, quindi è una dimensione molto particolare, infatti è difficile e anche molto complicato da gestire.
- Nel particolare, quali metodi di approccio utilizza il musico terapeuta?
La musicoterapia prevede le tecniche attive e ricettive. Le prime sono quelle in cui si suona insieme, che possono prevedere il gioco con gli strumenti o il “songwriting”, più semplicemente: tutto ciò che prevede un uso attivo della musica. Mentre con metodi ricettivi intendiamo tutte quelle modalità in cui utilizziamo la musica preregistrata o suonata al momento dal terapeuta, ovviamente finalizzata all’ascolto.
- A chi è rivolto il trattamento musico-terapeutico?
Il trattamento può essere rivolto a chiunque, non necessariamente a chi è in condizione di malattia, ma la cosa importante è non improvvisare questo intervento, bensì programmarlo con obiettivi e scopi.
- Musicoterapia nell’infanzia, quando viene applicata e con quali risultati?
Ci sono esperienze molto importanti, anche con pubblicazioni scientifiche di rilievo relativi agli effetti della musicoterapia sui bambini, ma anche con le gestanti, ovvero quando i bambini sono ancora in utero. In ambito preventivo viene applicata anche nelle scuole dell’infanzia. Comunque, non c’è un’età particolare per applicare la musicoterapia, è sufficiente ci sia una richiesta, un invio, qualcuno che chiede di ricevere il trattamento terapeutico.
- Quali sono i benefici legati alla musicoterapia?
I benefici possono essere di ogni tipo: fisiologico, psicologico, emotivo, per gestione dell’ansia, del dolore, dello stress. In pratica riguardano tutta la sfera dell’io. In questo momento particolare c’è molta attenzione verso i disturbi legati alla socialità e all’interazione tra esseri umani, con l’obiettivo di riuscire a riavvicinare le persone.
- La musicoterapia aiuta ad essere un “buon cittadino”?
La funzione sociale della musica c’è, in fin dei conti tutto ciò che è bello aiuta ad essere migliori, che sia l’arte, la musica o lo sport. Sicuramente il bello rende persone migliori, almeno teoricamente. Quindi direi di sì, almeno può aiutare ad ascoltare e ad ascoltarsi di più, perché se uno non si sa ascoltare come può ascoltare gli altri?
- Musicoterapia e psicologia: analogie e differenze?
Io lavoro costantemente con una psicologa, ma credo che le due discipline siano differenti. Il musicoterapeuta non è uno psicologo, così come lo psicologo non è un musicoterapeuta, nella stessa maniera in cui il musicoterapeuta non è un medico, o un medico che sa suonare la chitarra non è un musicoterapeuta. Sostanzialmente, la psicologia usa le parole, mentre la musicoterapia i suoni. Nei modelli di musicoterapia c’è sicuramente una parte teorica dei che viene dalla psicologia, così come dalla pedagogia, dalla sociologia, dalla medicina. Io direi che sono due discipline diverse tra loro ma che possono sicuramente collaborare insieme.
- Come si diventa professionisti della musicoterapia?
Prima di tutto, un professionista dovrebbe essere un ottimo musicista, perché l‘elemento di lavoro è la musica, è necessario quindi avere competenze musicali. Io, ad esempio, son diplomato in sassofono e suono pianoforte e chitarra come strumenti armonici. Poi la formazione in musicoterapia è una formazione ibrida nel senso che prima c’erano scuole private, che hanno formato i musico terapeuti per molto tempo. Per mettersi in linea con la formazione europea però, dallo scorso dicembre, è stata approvato il disegno di legge che prevede un biennio e un triennio fornito nei conservatori. In questo modo la formazione in musicoterapia sarà sempre più istituzionalizzato.
- Durante la pandemia, come avete lavorato?
Personalmente, lavorando come ricercatore per l’università di bari ho continuato a lavorare normalmente, infatti, a voler essere precisi, io mi occupo di “medical music terapy”. Ho lavorato anche nei reparti di terapia intensiva nella fiera del Levante. Comunque i musicoterapeuti hanno subito lo stesso impatto che hanno subito i professionisti, ovvero è stato difficile lavorare, anche se negli ultimi 2 anni si è comunque cercato di rispondere alle esigenze dei pazienti con risultati in remoto, con risultati più o meno accettabili, in pratica ci siamo dovuti adattare, reinventare perché è un’attività che riorganizzata a distanza trova un po’ di difficoltà. molto spesso si confonde la musicoterapia con il semplice ascolto della musica. Se parliamo di quanto la musica può far bene ad una persona, be’, quello riguarda la musica, ma la musicoterapia è anche altro. L’ascolto musicale non è musicoterapia. Un dottore o un infermiere che chiede al paziente i suoi gusti musicali, o gli consiglia di ascoltare della musica, sta facendo un’azione che può essere buona, ma non fa musicoterapia.
- Lo Stato cosa dovrebbe fare per incentivare e garantire la musicoterapia?
La burocrazia italiana è complessa, però questi passettini che si stanno facendo per la formazione nei conservatori sono aspetti che piano piano vanno in una direzione, l’ideale sarebbe che la musicoterapia fosse istituzionalizzata e inserita all’interno dei gruppi, ovvero riconosciuta ad un livello superiore per essere inserita negli organici, negli ospedali, nelle case di cura, piuttosto che solo nei centri per anziani e nelle scuole. Però sono fiducioso nel pensare che in futuro a musicoterapia troverà la giusta collocazione in società. L’Italia ha vinto la candidatura per ospitare nel 2026 il congresso mondiale di musicoterapia che si terrà a Bologna, e sarà ovviamente un’occasione per accendere i riflettori verso una disciplina che già da trent’anni è presente in Italia. Vedremo, sono abbastanza positivo in merito.
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