Editoriale
La morte impossibile
di Lavinia Orlando
Sarebbe bello raccontare di un’Italia finalmente all’avanguardia nel settore dei diritti, di un Paese esempio nella legislazione sulle libertà individuali, di uno Stato esente da tutti quei condizionamenti esterni che impediscono a milioni di cittadini di rendere concrete scelte che, altrove, sono la normalità.
Lo spot norvegese in cui il Babbo Natale bacia l’uomo di cui è innamorato è, ad esempio, cosa impensabile per il nostro Paese. Trattasi di un video realizzato dal servizio postale norvegese per ricordare i cinquant’anni dalla depenalizzazione del reato di omosessualità nel Paese.
In Italia, al contrario, si discute ancora circa l’approvazione della legge contro l’omofobia, ma anche in altri settori si continua a viaggiare indietro anni luce rispetto alla maggior parte degli Stati limitrofi o comunque appartenenti al continente europeo.
Così, nonostante l’iniziale giubilo legato all’autorizzazione espressa dall’Azienda sanitaria della Regione Marche al primo suicidio assistito del nostro Paese, ci si è subito resi conto che la realtà sarebbe stata ben differente.
Come al solito, infatti, il ginepraio burocratico-amministrativo continuerà per chissà ancora quanto tempo a costringere al rinvio della definitiva autorizzazione, in un continuo di rimpallo di responsabilità tra le diverse autorità, nazionali e regionali, ciascuna delle quali detentrice di un potere decisionale che, a seconda dei casi e della convenienza, viene considerato più o meno ampio.
Tanto si verifica a causa della mancanza di una legge che autorizzi la pratica nel nostro Paese. La fattispecie penale “suicidio assistito”, difatti, è stata parzialmente depenalizzata nel 2019, grazie alla pronuncia della Corte Costituzionale sul caso dj Fabo, che ha reso possibile, a determinate condizioni, l’agevolazione del suicidio.
È, ancora una volta, scontata ed assordante la totale assenza del legislatore, che pure sarebbe dovuto intervenire per fissare in linea generale i criteri che rendano possibile tale pratica. Per tale ragione, il giovane marchigiano tetraplegico che ha avviato la procedura ha dovuto attendere, nell’ordine, una sentenza del tribunale di Ancona e la predetta decisione del comitato etico dell’Azienda sanitaria della Regione Marche. Quest’ultimo ha sì affermato il possesso da parte del richiedente dei requisiti per l’accesso all’autosomministrazione di farmaci legali, ma con una serie di dubbi che potrebbero dover essere risolti da un’ulteriore decisione del tribunale. Come al solito, una storia infinita.
In tutto ciò, la politica continua, beatamente, a dormire, con ciò non rispondendo alle legittime richieste di tante donne e uomini che, come il cittadino marchigiano di cui sopra, vorrebbero semplicemente morire con dignità, risparmiandosi inutili sofferenze e spese esose, nel caso in cui decidano di recarsi all’estero.
In Italia, tutto ciò è ancora impossibile, per via di una politica che si mostra, come sempre, estremamente in ritardo rispetto alle istanze dei cittadini e troppo attenta alle opinioni di un Vaticano che continua ad influenzare in maniera ossessiva gli organi decisionali ed a imporre scelte erga omnes anche a chi, non credente o laico, esigerebbe di vivere in uno Stato che lasci la libertà di scegliere se e come morire.
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