Scuola
Scuola: la Ministra cambi metodo e si confronti per fare scelte più adeguate. Nessuno è autosufficiente in una fase come questa
Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Comunicato stampa della Federazione Lavoratori della Conoscenza CGIL
In fase di emergenza, buon senso e lungimiranza richiederebbero scelte il più possibile condivise, ad esempio nella gestione della mobilità per il personale della scuola che coinvolge decine di migliaia di persone. Per prima cosa servirebbe fermarsi e ascoltare ciò che le organizzazioni sindacali da giorni intendono proporre al MI, a partire da una valutazione da fare insieme sui termini della procedura, che non possono in alcun modo corrispondere a quelli attualmente indicati dall’ordinanza.
La Ministra, come se fossimo in una situazione di ordinaria amministrazione, adotta una decisione che di fatto induce alla riapertura delle scuole e degli uffici periferici del Ministero per ricevere i lavoratori interessati alla mobilità.
Non si può trascurare un dato di fatto: da sempre in queste occasioni, le sedi sindacali si affollano fino all’inverosimile per soddisfare richieste d’informazione e di assistenza. Le segreterie territoriali della FLC CGIL ci confermano di essere già subissate di chiamate per richieste di appuntamenti e
consulenze in presenza. Questa nostra richiesta non si basa su valutazioni di natura esclusivamente sindacale, gli stessi timori sono stati condivisi in IX Commissione della Conferenza delle Regioni, che ha espresso forti preoccupazioni rispetto a operazioni di mobilità che coinvolgono praticamente tutto il Paese in una situazione di blocco totale di attività anche istituzionali.
La Ministra sostiene di aver accolto le proposte sindacali in un incontro del 5 marzo, omettendo il fatto che la situazione si è completamente modificata e i sindacati non sono stati più interpellati. Anzi, abbiamo appreso dai siti specializzati il testo ufficiale dell’ordinanza e le date fissate per la mobilità (28 marzo e 21 aprile) senza essere più consultati. Nel frattempo oltre otto milioni di studenti, un milione e duecentomila lavoratori e tutte le rispettive famiglie sono coinvolti in una situazione di emergenza. Essi non possono dipendere da decisioni prese ogni giorno in maniera estemporanea e senza alcuna condivisione, è necessario adottare urgentemente un provvedimento di legge che fornisca un quadro di riferimento preciso sulle modalità di conclusione di questo anno scolastico e di avvio del nuovo.
La negazione del confronto denota una politica del Ministero dell’Istruzione che proviene da un passato drammatico per la scuola e che fa emergere una sostanziale volontà di disintermediazione. Si vuol riportare il Paese a modalità e metodi dei tempi della 107 del 2015?
Abbiamo fatto il massimo per contribuire alla gestione dell’emergenza con proposte, suggerimenti e indicazioni. La FLC ha portato a risolvere tantissimi problemi e a tutelare al meglio la salute dei lavoratori cercando nel contempo di far procedere la relazione educativa. Così come abbiamo detto cose chiare sulla didattica a distanza guardando al merito, nel rispetto dei diritti degli insegnanti, dei problemi che si pongono sul piano pedagogico, senza dimenticare la condizione di tante famiglie in difficoltà nel seguire i loro figli. E abbiamo avanzato dubbi sui limiti e sui rischi del web e sugli appetiti dei fornitori, sui quali è intervenuto con rigore e determinazione lo stesso Garante della privacy con linee di indirizzo molto chiare. Linee che il ministro farebbe bene a divulgare tra scuole, docenti e famiglie.
In questi scenari incerti avanzano soluzioni per la conclusione dell’anno scolastico e l’avvio del prossimo fantasiose e, soprattutto, impraticabili. Sono oggetto di discussione sui mezzi di comunicazione delle soluzioni che prevedano una diversa calendarizzazione post-emergenza (allungando questo anno scolastico e/o il prossimo) oppure una diversa modalità di organizzazione dell’esame finale delle classi della scuola secondaria di primo e secondo grado. Riteniamo che si tratti di misure ragionevoli, anche perché i docenti in questi giorni stanno continuando a garantire ore di insegnamento e di vicinanza agli studenti, nella prospettiva di tornare più presto in classe e a fine anno nella migliore delle condizioni possibili.
Indubbiamente il problema più vicino in ordine cronologico è quello dell’esame finale: riteniamo un gravissimo errore strategico e didattico quello di riportare, come vogliono alcuni, nell’esame di stato la prova Invalsi, come strumento aggiuntivo per determinare il voto finale.
L’obiettivo deve essere quello di semplificare l’esame valorizzando il lavoro svolto da alunni e docenti anche in queste settimane. Proprio per questo ribadiamo che Invalsi e PCTO (l’ex alternanza scuola-lavoro) devono essere eliminati, sia quest’anno che i prossimi, dall’esame di stato. Nessuna delle due attività è infatti un indicatore credibile per la valutazione degli alunni: in particolare le prove Invalsi non sono strumento idoneo, in qualsiasi forma li si voglia impiegare, dal momento che sono nate, e devono tornare ad esserlo in via esclusiva, uno strumento di monitoraggio del sistema scolastico al servizio del decisore politico.
Aspettiamo che il Ministero dell’Istruzione elabori la sua proposta e ci auguriamo che il prossimo confronto politico che avremo a breve segni un cambio di passo a partire dal metodo.