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Il Decameron
di MARIAPIA METALLO
“Comincia il libro chiamato Decameron, cognominato Prencipe Galeotto, nel quale si contengono cento novelle, in diece dì dette da sette donne e da tre giovani uomini…”
Ciò che colpisce è l’inno solenne che Boccaccio innalza all’uomo, alla sua intelligenza, alla sua iniziativa personale e alle sue capacità creative, in grado di portarlo in salvo da qualunque insidia. I personaggi vincenti, ancorché talvolta moralmente riprovevoli: a cominciare da quel Ciappellet…to, che apre la raccolta e che rappresenta una sorta di discesa ad inferos da cui faticosamente risalire di giornata in giornata, secondo una delle più attendibili letture “allegoriche” dell’opera. Personaggi vincenti sono coloro che superano le peripezie grazie alle loro capacità tutte umane, completamente affidandosi alla parola, all’intelligenza, alla conoscenza del mondo e dell’uomo, all’esperienza. E, si badi bene, si tratta di capacità del tutto trasversali dal punto di vista sociale; sono messi alla berlina principi e sempliciotti, uomini di chiesa e sciocchi servi; e la consapevolezza e l’accettazione della propria sconfitta dialettica sono segni distintivi dell’intelligenza almeno quanto la vittoria del proprio avversario. Notevolissime, in questo senso, le famose novelle di Chichibio cuoco e di Cisti fornaio, campioni di una borghesia in ascesa, riconosciuti dai loro interlocutori come vincitori della sfida delle parole. Siamo ben lontani, appare evidente, dall’atteggiamento fatalistico, nobiliare e teocentrista cha aveva caratterizzato la cultura medioevale. E proprio questa è la grande conquista di Boccaccio e dell’umanità Umanista prima e Rinascimentale poi.