Inchiesta
Aree di crisi nel mondo n. 2 del 1-3-2019
di STEFANO ORSI
Siamo al secondo appuntamento con questa nuova rubrica che ci permetterà di seguire, con uno sguardo di ampio raggio, gli scenari in evoluzione su un vasto numero di teatri operativi, da crisi militari a crisi diplomatiche che sono di importanza rilevante per gli interessi del mondo.
Inizieremo parlando della vicenda che più ha tenuto banco questa settimana, il tentato golpe in Venezuela e proseguiremo con le novità come la crisi tra India e Pakistan, che si riaccende dopo anni, le rivolte di Haiti, la situazione in Yemen, il viaggio di Assad in Iran, le elezioni contestate in Nigeria,
Crisi India Pakistan
La crisi ha avuto inizio il 26 cm. con un raid dell’aviazione indiana in territorio pakistano.
Al raid hanno partecipato circa 12 caccia Mirage 2000, armati con bombe da 1000 Kg a guida laser.
Il bersaglio un comando operativo delle milizie Jaish al Muhammad, gruppo attivo nel Kashmir occupato dall’India e rivendicato dal Pakistan, oggetto di scontri armati e più di una guerra tra i due Paesi.
Questo gruppo armato è stato responsabile di un pesante attacco contro i soldati indiani in Kashmir, il giorno 14 febbraio us, 45 sono state le vittime tra i soldati di Nuova Delhi.
Le milizie operano in territorio occupato dall’India per poi trovare riparo in Pakistan, da qui la necessità di colpirli oltre il confine.
I 12 caccia di produzione francese Mirage-2000 son stati appoggiati da uso di disturbi elettronici delle difese aeree pakistane. Circa 300 sarebbero le vittime di questo attacco.
La risposta pakistana è iniziata oggi con l’attacco di terra di alcune postazioni indiane e la loro occupazione mutando di fatto un confine che non variava da decenni, tiri di artiglieria conto le postazioni di entrambi si sono susseguiti per tutto il giorno.
I caccia di Islamabad hanno chiuso lo spazio aereo e quando due caccia indiani, due vecchi mig 21 e 27 hanno sconfinato, sono stati immediatamente abbattuti.
Le difese aeree indiane da parte loro hanno annunciato l’abbattimento di un caccia pakistano, un F-16 multiruolo che però potrebbe essere rientrato alla base o atterrato nell’aeroporto più vicino sebbene colpito, su questo permangono dubbi, potete vedere nel video allegato.
Al momento caccia di recente produzione sono stati inviati dalla IAF per pattugliare il settore SU-30 MKI e Mig-29 che dovrebbero dare molto filo da torcere ai caccia di produzione americana del Pakistan.
La situazione è la crisi più grave che si registra da decenni e si spera che gli appelli alla calma arrivati da Mosca immediatamente, possano placare gli animi, essendo potenze atomiche entrambe sarebbe auspicabile che non proseguano nel conflitto, ma occorre anche ricordare che i dissapori storici possano anche spingerli nello scontro cruento, come già accaduto in passato.
Al momento le principali città pakistane sono sotto blackout, da oggi pomeriggio interrotti tutti i voli civili da e per il Pakistan.
28.2.2019, mattina
è stato appurato nella notte che sia caduto anche un elicottero indiano Mi-17 carico di soldati che a causa di un guasto meccanico e non di un abbattimento.
Un aspetto inquietante assume la vicinanza delle elezioni politiche in India e le dichiarazioni rilasciate da un leader di partito in lizza ( https://timesofindia.indiatimes.com/india/air-strike-will-help-us-win-22-lok-sabha-seats-in-karnataka-bs-yeddyurappa/articleshow/68195655.cms ), la notte è stata carica di tensione ma si è conclusa senza nuovi incidenti.
Confermata la provenienza degli ordigni sganciati dai caccia indiani, si tratta di bombe di produzione israeliana, quantomeno nel kit SPICE 2000, che serve per convertire gli ordigni tradizionali, come le Mk-84 da 2000 libbre (circa 900 Kg di peso).
Russia
Si è svolto l’incontro tra i presidenti russo Putin e israeliano Netanyahu presso Mosca. I colloqui si sono concentrati sui rapporti tra i due Paesi in seguito all’abbattimento dell’aereo russo in Siria causato dai caccia israeliani che lo avevano utilizzato come scudo radar per allontanarsi dopo l’attacco in Siria. I rapporti sono sembrati rasserenarsi e come gesto di riappacificazione, il pragmatismo del Presidente russo è proverbiale, Putin ha accettato di presenziare all’inaugurazione di un monumento in Gerusalemme (la scelta della città non è casuale data la pretesa di Israele di dichiararla come capitale dello stato sebbene sia città condivisa con i Palestinesi), tale monumento, già pronto celebrerebbe il 75° anniversario della liberazione di Leningrado, città che subì un sanguinoso e spietato assedio durato 900 giorni fino al gennaio 44, in cui una decisa offensiva sovietica riuscì a liberare del tutto la città causando il tracollo del fronte Tedesco.
Dopo questo incipit cordiale i temi affrontai sono stati meno gentili, dagli S300 forniti alla Siria, che nonostante le dichiarazioni spavalde, pare incutano effettivo timore tra i militari di Telaviv, con la presa di posizione del Primo ministro israeliano che ha affermato che intendano proseguite i loro attacchi in Siria giudicando pericolosa la presenza di forze iraniane alleate di Damasco, sebbene mai in questi anni abbiano rappresentato per loro un pericolo e mai abbiano tentato alcun attacco.
Pertanto anche la questione della presenza iraniana è stata un evidente oggetto di discussione, dato che l’Iran ha ricevuto dalla Russia analoghi sistemi S300 ma in numero ben maggiore ed efficace.
Una proposta di interesse è stata quella avanzata dal premier Netanyahu riguardante la presenza in Siria di truppe straniere, proponendo un accordo che sarebbe , questo si, negli interessi di tutte le parti in causa, il totale ritiro di OGNI truppa straniera dal suolo siriano, questo infatti includerebbe anche ogni presenza USA ed europea o turca nella regione, e questo in cambio del ritiro delle forze iraniane e di Hezbollah, il che sarebbe, a questo punto del conflitto, di fatto vinto dalla Siria con Russia , Iran, ed Hezbollah principalmente, un vantaggio per il Presidente siriano Bashar al Assad, che si libererebbe di una presenza che in periodo di pace sarebbe a dir poco ingombrante.
Un incontro quindi che giudico positivamente, il peso delle scelte israeliane sulla politica estera USA non sono mai di secondo piano, meno che mai sull’amministrazione Trump.
Al rientro dal summit di Mosca, ad attendere il premier israeliano , la notizia della sua incriminazione per corruzione, una indagine che si protrae da anni e che si è tentato con molti espedienti di ritardare, giunge ora con tutta la sua dirompente forza nella politica interna di Telaviv e non mancherà di suscitare un seguito di rilevante importanza, sebbene noi giudichiamo negativamente la politica di aggressione e terroristica portata avanti da Israele in questi anni, il diavolo che conosciamo, Netanyahu, rischia di essere migliore del suo eventuale successore, ovvero l’angelo che ci è ignoto.
“Il procuratore generale Avichai Mandelblit ha annunciato giovedì pomeriggio che intende sporgere denuncia contro Netanyahu in tre casi separati – tre volte per frode e violazione della fiducia, e una volta per corruzione – è solo l’inizio di ciò che promette di essere un processo estenuante che è probabile dominare i titoli per anni.” fonte Times of Israel.
1 marzo 2019
Va normalizzandosi la tensione tra India e Pakistan, un notevole passo avanti oggi con il rilascio da parte pakistana del pilota del mig 27 il comandante Abhinandan Varthaman, la parola ora torna alla diplomazia, il Pakistan presenterà una formale denuncia alle nazioni Unite per il bombardamento indiano, anche per eco-terrorismo vista la distruzione di una ampia zona coperta da foresta, mentre l’India vuole inchiodare alle sue responsabilità il Pakistan per aver garantito appoggio alla formazione terrorista. (fonte India Today)
Yemen
Nello Yemen è in corso un sanguinoso conflitto, gli scontri sono iniziati nel 2015, vi sono diverse fazioni in lotta, da un lato le forze fedeli al Presidente Mansur Hadi, ripiegato in Arabia Saudita che lo sostiene militarmente, le milizie Huthi, di fede sciita, appoggiate dll’Iran, e l’onnipresente Al Qaeda, ricordiamo infatti che Bin Laden fosse di famiglia yemenita.
La guerra vedrebbe sulla carta, il predominio militare della potenza regionale Saudita, che ha messo in campo una formidabile aviazione, e potenti mezzi di terra compresi molti carri armati Abrahams L1A2, ma la tenacia e il coraggio dei miliziani Huthi, ottimi strateghi della guerriglia, pare riescano ancora a contenerne lo strapotere di mezzi.
Una caratteristica di questo conflitto è che non se ne senta molto parlare, il silenzio mediatico è ancora più colpevole dal momento che i civili sono una costante vittima della guerra, infatti non solo non si contano più le stragi di civili a causa dei tremendi bombardamenti sui centri abitati da parte dell’aviazione saudita (che utilizza per lo più bombe fabbricate dalla RWM che ha proprio il suo impianto di punta in Sardegna) ma anche per il blocco navale attorno al Paese che impedisce oltre all’approvvigionamento di armi per i ribelli, anche l’arrivo dei necessari generi alimentari, causando un vero e proprio genocidio per fame della popolazione, qui si che c’è la fame, altro che Venezuela.
Il conflitto nello Yemen ci riporta al tipico scenario del medio oriente, in cui a contrapporsi sono le parti storicamente in conflitto Sciiti contro Wahabiti-Sunniti, Iran e Arabia si combattono su questo scacchiere quasi per procura, infatti non vi sono prove esplicite di presenza di truppe iraniane, mentre le forze saudite, e anche degli Emirati arabi, sono direttamente impegnate nei combattimenti e finora non hanno dato gran prova, purtroppo diversi articoli di stampa specializzata riportano notizie di presenza di forze speciali americane ,Berretti Verdi, britanniche ( nove militari britannici sarebbero stati uccisi pochi giorni fa presso Najran in Arabia Saudita dove sono riusciti a penetrare le forze Huthi, potrebbe però trattarsi degli ormai onnipresenti contractors), e probabilmente anche francesi. Recentemente infatti, si è notato un miglioramento delle strategie di attacco delle forze saudite che si sono portate a ridosso del porto di Al Hudaidah.
La pace in questo settore è molto lontana almeno quanto la soluzione militare del conflitto.
Ucraina
Nelle ultime settimane sono andati aumentando gli scontri a fuoco e i bombardamenti causati dalle artiglierie ucraine sulle città e sui fronti del Donbass, a mano a mano che ci avviciniamo alle elezioni presidenziali ed i sondaggi danno indietro l’incapace presidente Poroshenko, indietro rispetto ad un neofita come l’umorista televisivo Zalenskyj, Poroshenko al momento risulta secondo e la favorita della vigilia e delle forze +europeiste Tymoshenko addirittura dietro, al terzo posto e fuori dal ballottaggio, in questi giorni la stampa avrebbe ipotizzato un suo piano B, in caso di esclusione dal ballottaggio, vorrebbe pilotare i suoi consensi su Zalenskyj in cambio del ruolo di Primo Ministro, ruolo già ricoperto e che le valse l’arresto e la condanna per corruzione.
Dobbiamo aspettarci che l’incertezza elettorale porti ad una nuova crisi militare con le forze autonomiste del Donbass al fine di creare tensione nel Paese e rafforzare la posizione del presidente in grave difficoltà.
I dati economici ucraini, che seguendo i dettami europei e del FMI ha distrutto tutta la sua economia ed industria, fanno temere addirittura per la tenuta democratica del Paese, un PIL dimezzato in 5 anni da Maidan, è qualcosa di insostenibile, e lo spettro del taglio del gas russo, con il nuovo Nord Stream 2 toglierebbe anche entrate da diritti di passaggio oltre che i rifornimenti di gas, che peraltro raramente riesce a pagare.
Non si sono registrati nuovi incidenti con la Russia dopo la crisi dello stretto di Kerch, i militari ucraini e gli agenti dei servizi a bordo delle imbarcazioni sono ancora giustamente detenuti e sotto processo in Crimea.
Venezuela
Apro parlando del 30° anniversario della strage della ricolta del Caracazo.
L’imponente manifestazione in corso a Caracas per ricordare la rivolta di popolo di Caracazo, quartiere di Petare, alla rivolta il Presidente Perez rispose con la violenza più feroce, 2000 vittime in 24 ore di mattanza per le strade. Cittadini disarmati subirono nel silenzio internazionale un massacro terribile.
Dal massacro della rivolta di Caracazo crebbe invece il movimento che portò poi al potere Chavez con la rivoluzione bolivariana del Venezuela.
30 anni fa iniziavano le proteste del Caracazo, si concludevano il giorno successivo con l’intervento delle forze di polizia e guardia nazionale.
Fu un massacro con più di duemila vittime, allora governavano in Venezuela le forze “democratiche” che tanto piacevano agli USA ed all’Europa, spararono su cittadini disarmati, inermi, colpevoli di chiedere diritti, di poter mandare i figli a scuola, di avere una vita dignitosa, osarono chiedere ciò che gli spettava e furono massacrati, ecco più di duemila morti in un solo giorno, questi furono i metodi spicci con cui i governi “democratici” che tanto piacciono agli USA usarono per risolvere le contestazioni e rivendicazioni della parte più povera del Paese, in quegli anni circa il 70% dei Venezuelani era tenuto in stato di analfabetismo, niente scuole per chi non poteva pagarle, analfabetismo e povertà assoluta andavano di pari passo con lo sfruttamento della manodopera e la riduzione in schiavitù data l’assoluta mancanza di tutele per i lavoratori, il paradiso degli sfruttatori.
E continuò così finché non arrivò al potere Chavez.
Questo anche per meglio comprendere come mai il governo abbia ancora tanto appoggio e sostegno tra la popolazione, magari sono poveri, ma sono davvero tanti, il famoso 99%.
Qui un video di RT che ricorda gli ultimi 30 giorni del fu autoproclamato Presidente del Venezuela ora pare auto-esiliatosi.
https://www.youtube.com/watch?v=y-eIfjCFooY&feature=youtu.be
Riflessioni sul fallito golpe e situazione venezuelana, pochi afferrano il perché un Pese sostenga il suo Presidente data la rappresentazione che ne viene data dai media nostrani: “Questa sera parlavo con una persona che mi ha chiesto se Maduro fosse da ritenersi un dittatore.
Dopo l’ultimo mese di tensione credo che valga questa risposta per spiegare bene un fatto:
Guaidò si è autoproclamato presidente chiedendo ai militari, alla burocrazia, alla polizia dello stato a tutti i cittadini di riconoscerlo come Presidente del Venezuela, pur non avendone alcun titolo.
Lo ha fatto da uomo libero, come liberi erano e sono ancora tutti i membri del parlamento che fanno parte dei gruppi di opposizione che lo hanno sostenuto in questa follia.
Dopo il fallimento del golpe, conclamato dopo il 23 febbraio scorso, è fuggito in elicottero in Colombia e lo ha fatto con un elicottero dell’esercito colombiano.
Dittatore, una parola che si pronuncia con troppa facilità, basta essere un presidente eletto democraticamente ma non allineato ai dettami dell’occidente e del neoliberismo che subito si diviene dittatori.
Se davvero Maduro fosse stato un dittatore, come lo furono:
Videla,
Galtieri,
Pinochet,
Batista,
Duvalier,
Somoza,
Stroessner,
Alvarado,
E altri ancora, Guaidò e tutti coloro che in Venezuela lo avessero sostenuto, sarebbero stati immediatamente arrestati e fucilati nel giro di poche ore e i corpi fatti scomparire per sempre.
Bisogna sempre domandarsi il senso di una parola, perché in questa vicenda una sola cosa emerge chiara, che non ci sono stati arresti di massa, che nessuna violenza è stata perpetrata dalla polizia, che fa ordine pubblico sempre senza armi da fianco, che tutto l’apparato dello stato si è dimostrato fedele al suo dovere e alla Costituzione del Paese, e che le manifestazioni continue della popolazione in difesa della democrazia nel Paese hanno ampiamente assicurato la totale tenuta democratica del Venezuela di fronte ad un tentativo di golpe sostenuto solo da potenze esterne al Venezuela.
La calma e la serenità con cui i facinorosi golpisti sono stati lasciati agire indisturbati per un mese intero, ci dicono quanto in realtà nel governo fossero sicuri della fedeltà al loro dovere ad ogni livello dello Stato, sinceramente oltre le aspettative di chiunque.
Altro che dittatori.
https://www.facebook.com/stefano.orsi.376/posts/1494211234046418?comment_id=1496507807150094¬if_id=1551426126374636¬if_t=feed_comment
Aggiornamenti sulla crisi in Venezuela 24-2-2019
Dopo il fallimento del suo ultimatum contro l’esercito e la Guardia nazionale, perché lo riconoscessero come presidente, nessuno lo ha ascoltato, Guaidò ha abbandonato il paese utilizzando un elicottero delle forze armate colombiane, che lo attendeva vicino al confine dove si è tenuto l’altrettanto fallimentare concerto AID Venezuela.
Nessun camion di finti aiuti umanitari, dico finti perché inviati da coloro che causano i problemi economici del Venezuela attraverso un feroce regime di sanzioni economiche.
Addirittura diversi cittadini venezuelani hanno fatto pervenire alla tv Telesur i video che dimostrano come di fronte al posto di blocco della Guardia nazionale del Venezuela, siano stati gli stessi oppositori a dare fuoco ai camion fermi ancora fuori dai confini controllati da Caracas, per poter denunciare la loro distruzione.
Questo golpe, come diciamo da subito, ha il fattore tempo che gioca decisamente contro Guaidò, le ha tentate tutte, con promesse, pianti, minacce, corruzione, ma nulla è stato scalfitto delle Istituzioni del Paese bolivariano, dove la popolazione, la burocrazia, l’Esercito, l’Aviazione, la Marina le forze di Polizia e della Guardia nazionale, sono rimasti tutti fedeli alla Costituzione del Paese ed al Presidente democraticamente eletto Maduro.
Se fossero state vere anche solo un decimo delle menzogne fatte regolarmente circolare nel mondo contro questo Paese, avremmo visto incrinarsi la monolitica compattezza dello Stato, invece nulla si è mosso, di fronte ad una simile prova di forza resta solo l’opzione della guerra contro un Paese sovrano ed unito nel difendere la propria sovranità ed indipendenza.
Credo che ci penseranno due volte prima di imbarcarsi in una impresa davvero difficile.
Dopo il fallimento del Golpe, la situazione in Venezuela è andata sempre più normalizzandosi, è comunque da notare che tolti gli eventi organizzati appositamente dalle opposizioni che sostenevano Guaidò, nel resto del Paese non ci sono stati ne disordini ne altro se non le manifestazioni del popolo in difesa della sovranità del Paese, per cui direi che Guaidò possa dirsi archiviato ora dovrebbe stare molto attento ad un fattore, che la sua figura, per gli scopi degli USA e altri, possa valere di più da morto che da vivo e se fossi in lui dormirei poco e quel poco con un occhio ben aperto.
Non sono mancate pesanti minacce di morte da parte USA, il velato riferimento, non tanto velato, postato da Marco Rubio, senatore americano in cui si mostra il fu rais di Libia prima vivo e vegeto e poi torturato a sangue prima di morire, fanno rabbrividire per l’infimo livello della moralità della classe dirigente USA.
Stesso livello nei toni di Mike Pompeo che ha affermato che i giorni di Maduro siano contati.
Maduro non ha risposto ma ha ricevuto le credenziali degli ambasciatori di alcuni stati tra cui la Serbia e ordinato di trasferire parte delle riserve auree in Turchia per metterle al sicuro visto che quelle a Londra sono state sequestrate illegalmente dalle autorità locali.
Altra decisione strategica, lo spostamento della sede degli uffici europei dell’industria petrolifera venezuelana dal Portogallo a Mosca.
Ieri 28 febbraio 2019 nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU si è discusso di Venezuela.
Gli Stati Uniti hanno presentato una mozione che intendeva richiedere un intervento internazionale sotto egida ONU in Venezuela, chiaramente la proposta è stata immediatamente bocciata da Russia , Cina e Sudafrica, che invece hanno stigmatizzato il tentativo statunitense di intervenire nel Paese spingendo per la sua destabilizzazione e violandone la sovranità, hanno entrambe posto quindi l’accento per un impegno dell’ONU al rispetto per la sovranità del Venezuela. Inoltre, ha chiesto che l’organizzazione difenda i principi della Carta, promuova soluzioni pacifiche e mantenga la stabilità in Venezuela.
Insomma è apparso evidente come la risoluzione proposta dagli USA di fatto fosse in aperta violazione con la stessa Carta dell’ONU.
Un’ultima osservazione, durante i tafferugli al confine tra la Colombia ed il Venezuela, sono andati in fiamme due camion di prodotti di vari genere inviati dagli USA, subito sono state incolpate le guardie venezuelane, ma dalle stesse immagini diffuse dagli organizzatori dei disordini, è emerso chiaramente che l’incendio fosse stato appiccato dai manifestanti stessi e non dal personale di frontiera di Caracas, naturalmente nessuna correzione della notizia falsa sui media occidentali, la verità questa sconosciuta.
https://www.youtube.com/watch?v=Y_7StahE1Tw&fbclid=IwAR1iDwzU1tHRpvWGfGOHOkEymAC1t-DqLv756iJxHx6LC85jUzBh4Mm2VhY
video delle molotov che appiccano il fuoco ai camion
https://www.facebook.com/watch/?v=305130943481008
Roger Waters
https://www.facebook.com/CaracasChiAma/videos/306279530076098/?v=305130943481008
Nigeria
Le elezioni si sono tenute regolarmente, pochi disordini e martedì la commissione elettorale ha infine diffuso gli esiti del voto.
Si era creata tensione quando dagli uffici elettorali del principale candidato pretendente alla presidenza Atiku Abubakar, è stato lanciato un appello, quasi ultimatum, a proclamare la vittoria del loro candidato sostenuto.
La commissione ha atteso i tempi stabiliti e ha diffuso l’esito del voto dichiarando vincitore il Presidente uscente Muhammadu Buhari.
Il partito di Abubakar ha richiesto l’immediato stop del conteggio lamentando irregolarità e brogli.
https://en.wikipedia.org/wiki/2019_Nigerian_general_election
Haiti
Per cercare di recuperare la calma nel Paese, il contestato Presidente Jovenel Moise, ha organizzato un Comitato di facilitazione del dialogo, che non si capisce bene cosa dovrebbe facilitare, comunque per il momento , in una Port au Prince blindata, la tregua pare reggere, vedremo poi nelle settimane a venire.