17 Novembre 2025
Satirico, ironico, disincantato , scettico. Praticamente Ennio Flaiano

Di Fulvio Rapanà
Il prossimo 23 di novembre saranno 52 anni che ci manca Ennio Flaiano ma rido e mi diverto immaginando il senso di delusione, fastidio e scoramento che avrebbe provato se, come l’Alex di Arancia Meccanica, l’avessi costretto a guardare almeno un talk show, un film e uno show musicale al giorno. Penserebbe demoralizzato che a distanza di 50 anni l’italiano “continua a custodire i propri rifiuti senza volersene liberare. Non si sa mai!”.
Non conosco altro autore più profetico di Flaiano nella narrazione di questa nazione, sempre eguale, o forse peggiorata, e quindi sempre assolutamente attuale. Quale riflessione è più precisa e puntuale circa la situazione politica e sociale dell’aforisma “In Italia la situazione è sempre grave, difficile mai seria”. D’altronde “in Italia si mangia tanto bene da scoraggiare qualsiasi ipotesi di cambiamento, tutti sperano che gli altri cambino per un proprio personale vantaggio!”. Di rivolte o rivoluzione, come i francesi, manco a parlarne: “Gli italiani non sono un popolo rivoluzionario anche perché necessiterebbe di fare le barricate ma non con i miei mobili. Li devo ancora finire di pagare!”.
Protagonista della cultura del Novecento
Ennio Flaiano è stato una delle figure più brillanti e poliedriche del panorama culturale italiano del Novecento pur non essendo stato mai un personaggio di prima fila nel “sistema” culturale, preferendo il ruolo di osservatore ai margini. Tuttavia, la sua influenza è stata enorme come scrittore, sceneggiatore e giornalista. Impossibile fare tutti i nomi degli artisti e delle le opere a cui ha partecipato contribuendo a far vincere due Oscar, numerosi David di Donatello, Leone a Cannes, 5 Nastri d’Argento fra cui uno per “Roma città aperta”, Premio Strega per “Tempo di uccidere” unico romanzo scritto.
Flaiano è stato la coscienza criticamente ironica di un’Italia in rapida trasformazione, un intellettuale che ha saputo raccontare con lucidità e sarcasmo il malessere e le contraddizioni dell’italiano suo contemporaneo con una leggerezza e un umorismo così raffinato che riusciva a non offendere chi prendeva di mira.
Qualche giorno fa leggevo delle critiche a Sinner per il forfait alla Coppa Davis e ho pensato subito ad un breve racconto di Flaiano “Un marziano a Roma”, in cui un marziano atterra a Roma e viene accolto trionfalmente ma in breve tempo finisce per dover fuggire di notte perseguito da un mandato di cattura. Spero che Sinner sia più furbo e si tenga alla larga dalle lusinghe e dall’enfasi trionfalistica tipica delle nostre umorali tifoserie. L’ Oscar vinto da Sorrentino “La grande bellezza” è stato definito il primo film postumo del duo Fellini, per la tecnica cinematografica, e Flaiano, per la sceneggiatura. Senza più esserci entrambi riescono a trasmettere a distanza di 70 anni il cliché identico ora come allora di un’Italia di plastica, immutabile e irredimibile, cinica e gretta, di cui Roma, più banda della Magliana che quella raccontata da Sordi o Verdone, “è la capitale morale, fintamente dinamica, dai costumi molli e corrotti”. A Roma nessuno si offende.
Personaggi che superano la fantasia cinematografica
Leggere i suoi scritti anche postumi è come aprire una finestra e far entrare aria fresca e profumata rispetto ad una realtà fintamente cupa e artificiosamente sinistra come di un “tunnel degli orrori” dei Luna Park. I suoi personaggi sono spesso “inetti”, figure passive, emblematiche loro malgrado, che subiscono gli eventi senza riuscire a comprenderli o a cambiarli. Tutte le mattine insieme a Fellini o Pinelli uscivano per andare in giro e cercare ispirazione su personaggi o situazioni interessanti per un film. Un giorno in un bar scrutano un’uomo che fumava e beveva caffè continuamente . Favoriti dal barista si avvicinarono e questo guardandoli con disprezzo gli disse: “ siete sposati? Bene ne avete solo una e non sapete come fare a tenerla a bada io ne devo proteggere, accontentare e ascoltare più di 50 vi sembra che posso vivere tranquillo!”. Fellini su quel personaggio a distanza di anni ci costruì sopra “La città delle donne”. “L’attività più difficile quando trovo un personaggio che va bene per un film è riportarlo dalla realtà della vita quotidiana alla fantasia cinematografica essendo spesso la realtà troppo surreale da raccontare: “questo è un paese dove spesso la realtà supera la fantasia”.
Il Fascismo che l’italiano si è cucito addosso
Flaiano non ha mai scritto direttamente di politica ma solo di costume e critica cinematografica ma nei suoi articoli emergono interpretazioni politiche nette e precise. Detestava tanto il fascismo quanto il comunismo. Aveva vissuto il ventennio e disprezzava il fascismo non per un fatto politico in sé ma in quanto aveva acuito e aggravato le debolezze di un popolo che per sdoganarsi nella civiltà avrebbe avuto necessità di una lavatrice sociale ben più potente di una dittatura che gli italiani da soli si erano cuciti addosso :
“Il Fascismo conviene agli italiani perché è nella loro natura e racchiude le loro aspirazioni, esalta i loro odi, rassicura la loro inferiorità. Il Fascismo è demagogico ma padronale, retorico, xenofobo, odiatore di culture, spregiatore della libertà e della giustizia, oppressore dei deboli, servo dei forti, sempre pronto a indicare negli “altri” le cause della sua impotenza o sconfitta. Il fascismo è lirico, gerontofobo, teppista se occorre, stupido sempre, ma alacre, plagiatore, manierista. Non ama la natura, perché la identifica nella vita di campagna, cioè nella vita dei servi; ma è cafone, cioè ha le spocchie del servo arricchito. Odia gli animali escluso i suoi, non ha senso dell’arte. Non ama l’amore, ma il possesso. Non ha senso religioso ma intimamente crede in Dio come ente col quale ha stabilito un concordato, do ut des. È superstizioso, vuole essere libero di fare quel che gli pare, specialmente se a danno o a fastidio degli altri”. Flaiano non fa una riflessione politica, né da’ un giudizio sul fascismo, ma parla di costume, scrive “fascismo” ma in realtà si riferisce alla trasposizione platonica della civiltà, o inciviltà, in cui vogliamo o siamo costretti a vivere. Per convesso non sopportava la spocchia degli uomini di cultura comunisti: “Io comunista? Non posso permettermelo, non ho il denaro”. Mal sopportava gli intellettuali, ovviamente di sinistra: “Sono la rovina dei quartieri per bene. Si insediano in un quartiere e dopo pochi anni il quartiere entra nella moda, e quando la vita per le persone comuni e degli stessi intellettuali diventa impossibile ecco che trasmigrano verso un altro quartiere per stare in pace e finiscono per rovinarlo”. In questi giorni è uscito un libro “Chiuso per noia” edito da Adelphi in cui la curatrice Anna Longoni raccoglie le recensioni di film scritte da Flaiano che vanno dal fascismo al boom economico agli anni di celluloide patinata: “ il libro non è solo un’antologia di critiche cinematografiche, ma una mappa delle illusioni, delle vanità e delle rare, luminose verità, del Novecento italiano, attuali e più pungenti che mai”.
E’ difficile consigliare cosa iniziare a leggere di Flaiano certamente non mi perderei “Frasario essenziale” e “Diario degli errori”. Per chi ci riesce do il benvenuto nella personale e collettiva seduta di psicoanalisi sociologica.
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