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17 Novembre 2025

Nervi scoperti

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Credit foto ilfattoquotidiano.it

Di Rosamaria Fumarola

Da ragazza di frequente sentivo una signora urlare al figlio : “Prima che ti dicano che ti hanno visto rubare, grida tu “al ladro!” L’ammaestramento proveniva dalla finestra aperta di un condominio attiguo al mio, abitato da una famiglia che aveva avuto qualche problema con la giustizia. A questo insegnamento ho francamente pensato a settembre quando, prima Giorgia Meloni e poi uno ad uno tutti i rappresentanti della destra di governo, hanno lamentato un ingiustificato e pericoloso innalzamento dei toni nel dibattito politico da parte dell’ opposizione. E questo stesso insegnamento mi è tornato alla mente ieri, quando la presidente del Consiglio ed il suo ospite Edi Rama, hanno risposto alle domande dei numerosi giornalisti presenti alla conferenza stampa, a margine del Vertice intergovernativo Italia-Albania. L’inviato per il TG 3 Jacopo Matano ha posto interrogativi che in uno stato democratico non avrebbero turbato affatto l’ interlocutore ed invece, con tono di sufficienza e derisione, il giornalista si è sentito rispondere che da due anni fa le stesse domande mentre lui (Rama) e Meloni si sono dedicati a decine di questioni ben più importanti. Matano aveva chiesto conto del fallimento del progetto del centro migranti in Albania e delle risorse pubbliche andate perse nell’ impresa. L’intervento della Meloni, secondo il noto copione del poliziotto cattivo e di quello buono, ha esordito con un tono pacato, attribuendo però la colpa del fallimento a coloro i quali hanno impedito che il progetto albanese trovasse realizzazione e che costoro di ciò avrebbero dovuto prima o poi assumersi la responsabilità. È un po’ lo stesso punto di vista espresso in relazione alla bocciatura da parte della Corte dei Conti del progetto del ponte sullo Stretto di Messina: la colpa non è delle menti che hanno sviluppato un progetto fallace, ma di chi fa notare che il progetto è appunto fallace, senza considerare che la Corte dei Conti non tutela un interesse privato, ma quello pubblico a ché i denari di tutti vengano spesi nel miglior modo possibile e seguendo i dettami del nostro ordinamento. 

In tanti all’ opposizione, dall’ inizio del governo Meloni hanno dichiarato che mai il fascismo si sarebbe riproposto secondo le vecchie forme studiate sui libri di storia: olio di ricino agli oppositori, squadracce punitive, repressione del dissenso con l’umiliazione, emanazione delle leggi razziali etc. e che le istituzioni democratiche con il nuovo governo non avrebbero corso alcun pericolo. Più che dar credito a questo pronostico, con atteggiamento garantista ho voluto credere a questo pronostico. Oggi, se guardo ai fatti ed ai comportamenti posti in essere dai rappresentanti della destra di governo, trovo invece solo somiglianza con quelli agiti durante il ventennio fascista: assoggettamento alle linee guida del paese che si ritiene più forte, qualunque progetto persegua anche il più moralmente abbietto, disprezzo per gli organi democratici, ritorno ai valori  della famiglia tradizionale, recupero di una cultura lontana che si pensa, spesso sbagliando, sia identitaria del paese. A ciò si aggiungano i toni sempre più perentori e sprezzanti con i quali questa classe dirigente ama esprimersi, soprattutto da quando ha denunciato un pericoloso scadimento del dibattito politico in modi sempre più violenti come quelli degli anni di piombo. Ed allora non possono non tornarmi alla mente le parole di quella mamma pregiudicata, che tanti anni fa al figlio insegnava a gridare “al ladro!”  tutte le volte in cui lo avessero colto proprio nella flagranza di un furto.

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Giornalista pubblicista, scrittrice, critica jazz, autrice e conduttrice radiofonica, blogger, podcaster, giurisprudente (pentita), appassionata di storia, filosofia, letteratura e sociologia, in attesa di terminare gli studi in archeologia scrivo per diverse testate, malcelando sempre uno smodato amore per tutti i linguaggi ed i segni dell'essere umano