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15 Settembre 2025

Israele bombarda il Qatar: l’attacco di Netanyahu alla mediazione e la scalata verso una guerra regionale

Se la comunità internazionale rimarrà inerte, assisteremo alla fine di qualsiasi prospettiva di pace.

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Di Marlene Madalena Pozzan Foschiera

Il mondo ha assistito attonito all’ultima escalation di guerra: il 9 settembre 2025, il governo di Benjamin Netanyahu ha lanciato un attacco aereo su Doha, in Qatar, uccidendo almeno sei persone – tra cui cinque membri di Hamas e una guardia di sicurezza qatariota. Il bersaglio erano i leader politici di Hamas, riuniti per discutere una proposta di cessate il fuoco mediata dagli Stati Uniti. L’attacco, in pieno territorio sovrano di uno Stato mediatore, è stato immediatamente condannato dal Qatar come “terrorismo di Stato”.

**La giustificazione israeliana**

Netanyahu accusa il Qatar di fungere da “porto sicuro” per Hamas, sostenendo che il paese finanzia e facilita le sue operazioni. Secondo il governo israeliano, l’attacco è stata una ritorsione per un recente attentato a Gerusalemme. Ma, in pratica, si è trattato di un’operazione ad altissimo rischio e dalle enormi ripercussioni internazionali: violare la sovranità di un alleato nel cuore del Golfo non è difesa, ma una dichiarazione di guerra diplomatica.

**La rottura della mediazione**

Il Qatar è stato, insieme all’Egitto, uno dei principali mediatori del conflitto Israele-Hamas. Era a Doha che si tenevano i negoziati per la liberazione degli ostaggi e per possibili tregue. Attaccare un incontro di mediazione significa minare il processo di pace stesso. Come negoziare, se nemmeno il territorio di un mediatore è considerato sicuro? Chi si arrischierà a sedersi al tavolo dopo aver visto le bombe cadere sul dialogo?

**Le ipotesi e la perdita di fiducia negli USA**

Si pongono due ipotesi. La prima: gli Stati Uniti sapevano e, nonostante ciò, non hanno fatto nulla per impedirlo – il che li renderebbe complici per omissione. La seconda: non sapevano, o sono stati informati troppo tardi – rivelando che Israele agisce senza alcun controllo da parte di Washington. In entrambi gli scenari, l’effetto è devastante: gli USA perdono credibilità e fiducia, sia in Medio Oriente che nel resto del mondo. Se alleati strategici come il Qatar non si sentono protetti, si apre la porta affinché cerchino garanzie in altri poli di potere, come la Cina. L’attacco, quindi, non è stato solo contro il Qatar, ma contro la stessa pretesa degli Stati Uniti di dettare l’ordine mondiale.

**Escalation regionale**

L’azione ha generato condanne immediate. Il Qatar ha accusato Israele di violare la sua sovranità. I paesi arabi hanno reagito con indignazione. Il rischio di un’escalation regionale è enorme: se un mediatore viene attaccato, gli alleati potrebbero sentirsi obbligati a rispondere – politicamente, economicamente o persino militarmente. In un Medio Oriente già devastato dalla guerra a Gaza, questa esplosione di tensioni potrebbe trascinare la regione in un conflitto ancora più ampio. Per l’Europa, e in particolare per l’Italia con la sua posizione geostrategica, una conflagrazione generalizzata avrebbe conseguenze drammatiche: un nuovo massiccio flusso di rifugiati, la destabilizzazione del mercato energetico e un imprevedibile rischio per la sicurezza.

**Le conseguenze reali**

*   **Umanitarie:** oltre alle morti a Doha, l’attacco invia il messaggio che nessuno spazio è sicuro, né per i civili, né per i mediatori.

*   **Diplomatiche:** Israele infrange principi basilari dell’ordine internazionale attaccando su suolo straniero.

*   **Politiche:** indebolendo i mediatori, Netanyahu rafforza gli estremisti. Ogni bomba contro il dialogo è una vittoria per chi predica la guerra senza fine.

*   **Ecologiche e sociali:** le guerre prolungate distruggono non solo le vite, ma l’acqua, il suolo, l’agricoltura, l’energia. Il Medio Oriente si avvia verso un collasso umanitario e ambientale se questo ciclo non viene fermato.

**Un autogol di Netanyahu**

Netanyahu tenta di mostrare forza alla sua base interna, ma, in pratica, isola Israele, moltiplica i nemici e minaccia persino gli interessi strategici a lungo termine dello stesso Stato israeliano. Rompere i ponti con il Qatar e con altri mediatori significa chiudere le porte che potrebbero portare alla pace.

**Per un futuro che non sia di macerie**

La pace in Medio Oriente non si raggiungerà con le bombe, ma con la giustizia. Fintanto che non ci sarà il riconoscimento dei diritti del popolo palestinese, la fine dell’apartheid, dei blocchi e la responsabilizzazione per i crimini di guerra, la violenza continuerà a essere la norma.

Se la comunità internazionale rimarrà inerte, assisteremo alla fine di qualsiasi prospettiva di pace. Ogni governo, ogni cittadino e ogni movimento sociale deve alzare la voce: non è “conflitto”, è genocidio e terrorismo di Stato. Il silenzio globale è complicità. È ora che l’Europa prema per sanzioni e per un embargo sulle armi per impedire che altro sangue venga versato. L’Italia e l’Unione Europea avranno il coraggio di agire?