13 Ottobre 2025
Il cessate il fuoco prima della pace vera e giusta?
I movimenti geopolitici in corso fra tutti gli stati del medioriente dalla Turchia all’Egitto all’Arabia Saudita all’Iraq al Pakistan e il reingresso dell’Iran nel contesto delle alleanze arabo-mussulmane confermano la consapevolezza che gli Stati Uniti sono inaffidabili in quanto hanno un solo vero alleato ed è Israele gli altri sono solo “compagni di merende acquisiti all’abbisogna”.

Di Fulvio Rapanà
Se tutto andrà secondo il piano di 20 punti, messo a punto da Trump e dalle lobby sioniste americane , entro lunedì Israele e Hamas attueranno un completo cessate il fuoco con le truppe israeliane che si stanno già ritirando dalle loro attuali posizioni e Hamas che sta radunando gli ostaggi vivi per rilasciarli in cambio di 250 prigionieri palestinesi condannati all’ergastolo e di altri 1.750 cittadini di Gaza catturati da Israele negli ultimi due anni e detenuti senza processo e senza accuse nelle carceri israeliane. Israele dovrebbe contestualmente permettere che le organizzazioni umanitarie internazionali entrino nella striscia per portare assistenza sanitaria e aiuti alimentari . E già per questa prima fase, che è stranamente la più semplice da attuare, perché non ci si spara, vengono fuori una serie di domande e di incognite: chi deciderà la misura dei flussi di aiuti e cibo, a quale organizzazione verrà permesso di rientrare ad operare nella Striscia, e chi gestirà la distribuzione degli aiuti . La seconda fase è più difficile perché riguarda gli aspetti militari: disarmo di Hamas e ritiro dell’IDF in una zona cuscinetto all’interno del territorio di Gaza. Terza fase con il ritiro completo dell’IDF una volta che Hamas/Gaza non rappresenti più una minaccia per Israele; la creazione di un comitato di pace per supervisionare la governance dell’enclave e di un gruppo tecnocratico di palestinesi per amministrarla. Quarta fase: creazione di una forza internazionale di stabilizzazione che opererà come polizia e per favorire la riforma dell’Autorità Nazionale Palestinese e gettare le basi alla riunificazione politica di Gaza e della Cisgiordania per facilitare un percorso verso l’autodeterminazione e la sovranità palestinese (!!!). Le ultime due sono le più difficili perché riguardano le scelte politiche soprattutto di Israele e per le quali non vi è una maggioranza né politica né nell’opinione pubblica. E’ una soluzione sgangherata soprattutto perché non si capisce chi dovrebbe trattare per conto dei palestinesi le cento questioni che sorgono su un percorso di de-escalation militare. Tante le domande: Hamas, che si è guadagnato il rispetto militare sul campo, chi potrà disarmarlo completamente se non ci è riuscita Israele in due anni di una guerra ad altissima intensità; chi potrà governare Gaza senza l’approvazione di Hamas; che consistenza e quali compiti avrebbe la forza internazionale di stabilizzazione che ovunque opera: Libano, Bosnia, Cipro non funziona come deterrente militare. La decisione di porre fine alla guerra stava maturando già da qualche mese sia nella politica interna degli Stati Uniti che di Israele. Trump e chi tiene le fila delle lobby sioniste negli Stati Uniti hanno preso atto che di giorno in giorno il dissenso e l’ostilità verso Israele sta crescendo in tutto il mondo ma anche nelle forze politiche americane sia del partito democratico che in quella del vecchio partito repubblicano. Negli USA l’opinione pubblica contraria ad Israele è in forte crescita da maggio-giugno in poi. Un sondaggio Gallup fissa nel 61% di chi vota democratico e nel 37% di chi vota repubblicano ritiene che a Gaza sia in corso un genocidio che non potrebbe avvenire senza le armi e l’appoggio diplomatico degli Stati Uniti. Per lo stesso sondaggio il 72% degli under 40, di ambedue i partiti, per motivazioni diverse, ha una opinione negativa su Israele che starebbe approfittando dell’alleanza con gli Stati Uniti per perpetrare un genocidio e l’apartheid del popolo palestinese e che vorrebbe un taglio netto dell’alleanza con Israele. Sull’appoggio incondizionato ad Israele Trump ha il quasi totale dissenso interno al mondo MAGA con leaders come Steve Bannon, Tucker Carlson, Matt Gaetz, Joe Rogan che considerano l’influenza di Israele e delle lobby sioniste una ingerenza di uno “stato straniero” troppo condizionante rispetto agli interessi degli Stati Uniti. Marjorie Taylor-Greene portavoce di spicco dei MAGA, è diventata la prima repubblicana a definire “genocidio” gli atti compiuti da Israele a Gaza. Lo stesso Kirk aveva espresso il timore di essere fatto fuori per le prese di posizioni contrarie a Israele e all’appoggio dato dagli Stati Uniti nel perpetrare un massacro ignominioso. Le lobby sioniste per 80 anni si sono poggiate sui repubblicani per ostacolare i democratici quando facevano finta di voler pacificare la Palestina con la soluzione dei due stati, ora questo appoggio si è molto ridotto e il dissenso verso Israele è al 53% nell’intera opinione pubblica americana contro il 37% che si considera pro-Israele. Netanyahu ha un generale appoggio dell’opinione pubblica per le operazioni militari a Gaza, compreso il massacro di civili inermi, ma cresce il dissenso fra le forze armate che stanno subendo perdite in uomini e materiali e crescenti diserzioni fra i riservisti, con 22 di questi che si sono suicidati dopo il rientro a casa. Nel mese di maggio 300 fra ex militari e uomini dell’intelligence hanno scritto a Netanyahu contro la continuazione di una “guerra inutile” in quanto “Hamas rappresenta un popolo e anche se ha subito gravi perdite ha potuto reintegrare i ranghi con combattenti meno professionali ma più desiderosi di procurare danni e perdite ad Israele”. Dissenso alla continuazione della guerra da parte dell’economia con il turismo a zero e le aziende che incominciano a subire le conseguenze di un crescente boicottaggio dei prodotti israeliani in tutto il mondo. Inoltre le aziende dichiarano una forte carenza di manodopera da chi risponde alla leva o che dopo la leva si rifiuta di lavorare o che se ne è andata a Cipro o in altri posti più sicuri. Come ho già scritto anche nel mondo ebraico è in corso uno scontro fra ultranazionalisti, messianici, laici e ultraortodossi. Se in Israele i primi due gruppi sono maggioritari e ben rappresentati nel governo, negli Stati Uniti la situazione si è ribaltata con i laici e gli ultraortodossi che pur continuando ad avere un legame con Israele ne criticano anche in modo aspro il governo e parlano apertamente di genocidio. Il punto di svolta è stato l’attacco missilistico da parte di Israele a Doha nell’intento di assassinare i leaders di Hamas che stavano negoziando un cessato il fuoco. Il Qatar è l’alleato più importante degli Stati Uniti in tutta la regione, ospita una importante base militare, oltre ad essere il più generoso finanziatore di Hamas, che da quel momento ha deciso di non ospitato trattative che si sono spostate in Egitto. La mia opinione sul progetto Trump/Netanyahu è negativa negli obiettivi finali. Non credo che si andrà oltre ad un cessate il fuoco solo su Gaza, con la Cisgiordania sempre più sotto le attività predatorie ed espansionistiche di Israele, e alla presenza di una forza internazionale compresi gli americani che garantiranno esclusivamente Israele sul disarmo di Hamas e di tutte le fazioni armate che hanno combattuto in questi due anni. I movimenti geopolitici in corso fra tutti gli stati del medioriente dalla Turchia all’Egitto all’Arabia Saudita all’Iraq al Pakistan e il reingresso dell’Iran nel contesto delle alleanze arabo-mussulmane confermano la consapevolezza che gli Stati Uniti sono inaffidabili in quanto hanno un solo vero alleato ed è Israele gli altri sono solo “compagni di merende acquisiti all’abbisogna”.
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