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04 Agosto 2025

 Il Brasile fuori di nuovo dalla Mappa della Fame: la vittoria della vita contro la necropolitica

L’uscita dalla Mappa della Fame è più di una vittoria di governo. È la vittoria del popolo brasiliano contro secoli di esclusione.

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Di Marlene Madalena Pozzan Foschiera

Un paese ricco mantenuto nella povertà

Il Brasile, una delle nazioni più ricche al mondo in termini di risorse naturali — con terre fertili, biodiversità abbondante, riserve minerarie e la maggiore disponibilità di acqua dolce del pianeta — è segnato da una contraddizione brutale: la convivenza con la fame e la disuguaglianza estrema. Frutto di una colonizzazione predatoria, di un’élite schiavista e di un’alleanza storica con il capitale internazionale, il Paese è stato trasformato in un laboratorio neoliberista, dove ogni politica pubblica a favore del popolo è vista come una minaccia.

La prima uscita dalla Mappa della Fame e i governi popolari

Nel 2014, sotto il governo della presidentessa Dilma Rousseff e con la continuità delle politiche di lotta alla povertà avviate da Lula, il Brasile è uscito per la prima volta dalla Mappa della Fame dell’ONU. Ciò è stato possibile grazie a un insieme coordinato di azioni: rafforzamento del Bolsa Família, valorizzazione del salario minimo, accesso all’acqua nel semi-arido del nord-est, investimenti nell’agricoltura familiare e nell’alimentazione scolastica con prodotti locali. Più di 36 milioni di persone erano uscite dall’estrema povertà durante i governi del PT.

Il colpo di Stato del 2016 e il ritorno della fame

Ma questa conquista storica è stata distrutta. Nel 2016, un colpo di Stato parlamentare — legittimato da un’élite politica, mediatica e imprenditoriale — ha rimosso Dilma Rousseff dalla presidenza senza alcun crimine di responsabilità. Il vicepresidente Michel Temer ha assunto il potere con un programma che non sarebbe mai passato alle urne. Sotto il suo governo e poi sotto quello di Jair Bolsonaro, il Brasile è precipitato nuovamente nell’insicurezza alimentare, nello smantellamento delle politiche sociali e nel disprezzo per la vita dei più poveri.

Nel 2021, secondo i dati della Rete PENSSAN, oltre 33 milioni di brasiliani tornavano a soffrire la fame. L’estrema destra ha trasformato lo Stato in uno strumento di distruzione, negando la pandemia, sabotando la vaccinazione, abbandonando i popoli indigeni e smantellando i sistemi di protezione sociale.

Il ritorno di Lula e la ricostruzione di un Paese ferito

Con l’elezione di Lula nel 2022, il Brasile ha ripreso un progetto orientato alla dignità umana. Il suo governo, pur affrontando ostacoli politici e minacce golpiste interne ed esterne, ha posto la lotta alla fame e alla povertà come priorità assoluta. Nel 2023, il programma Bolsa Família è stato ricostruito, con un nuovo valore base e bonus per le famiglie con bambini. È tornato il programma di acquisto di alimenti da piccoli agricoltori. Il salario minimo è stato aumentato oltre l’inflazione. Il Minha Casa Minha Vida è stato riattivato. E soprattutto, si è ristabilita una rete istituzionale tra governo federale, stati e municipi per riprendere il sistema di contrasto alla fame.

Il risultato è arrivato. A luglio 2025, le Nazioni Unite hanno annunciato ufficialmente che il Brasile è nuovamente uscito dalla Mappa della Fame. Il momento in cui la notizia è stata comunicata al presidente Lula è stato carico di emozione: con le lacrime agli occhi, un nordestino che ha conosciuto la fame e oggi rappresenta la speranza di un popolo. (Vedi il video allegato).

Oltre 20 milioni fuori dalla soglia di povertà

Secondo l’IBGE, oltre 20 milioni di brasiliani sono usciti dalla soglia di povertà tra il 2023 e il 2025. L’estrema povertà è scesa dal 9% al 4,5%. Il reddito medio familiare è aumentato e l’indice di disuguaglianza (indice di Gini) è in calo.

Questi dati non sono semplici numeri. Sono bambini che tornano ad avere tre pasti al giorno. Sono madri che possono cucinare con il gas, e non con la legna. Sono anziani che riescono a comprare i loro medicinali. Sono giovani che, per la prima volta, possono sognare l’università.

Un esempio per il mondo

Il Brasile è tornato ad essere un riferimento internazionale nelle politiche contro la fame. In tempi di ultraliberismo, in cui persino l’acqua e il cibo sono mercificati, il Paese dimostra che è possibile garantire il diritto all’alimentazione come politica di Stato. La FAO ha elogiato pubblicamente le misure adottate, e altri Paesi del Sud Globale tornano a guardare al Brasile come a un faro di speranza.

Tuttavia, questa ricostruzione avviene sotto attacco. Il governo Lula affronta sabotaggi in Congresso, ricatti di bilancio e un’offensiva esterna che cerca di punire il Brasile per allinearsi a progetti sovrani — come i BRICS — e per difendere un modello di sviluppo centrato sulle persone, non sui profitti. La tassazione dei prodotti brasiliani con il pretesto ambientale, la retorica anticomunista e la vecchia accusa di corruzione fanno parte del solito copione imperialista che vuole soffocare ogni alternativa.

Ogni volta che ci rialziamo, cercano di abbatterci

La storia del Brasile dimostra che ogni governo popolare e sviluppista è stato bersaglio di colpi di Stato o sabotaggi. Vargas fu portato al suicidio. João Goulart fu deposto nel 1964. Dilma fu rimossa nel 2016. Lula fu imprigionato senza prove nel 2018. Le élite brasiliane non tollerano un progetto di Paese che includa i poveri, i neri, i popoli indigeni e i contadini.

Ma resistiamo. L’uscita dalla Mappa della Fame è più di una vittoria di governo. È la vittoria del popolo brasiliano contro secoli di esclusione. È la prova che le politiche pubbliche salvano vite. È un impegno etico verso le future generazioni. Ed è anche un messaggio al mondo: non accetteremo mai più di morire di fame in un Paese che sfama il mondo.


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