Mettiti in comunicazione con noi

Non categorizzato

“Viaggio al termine della notte”, di Céline

Avatar photo

Pubblicato

su

 

di MARIAPIA METALLO

“Non ti serviranno a niente qui i tuoi studi, ragazzo! Mica sei venuto qui per pensare, ma per fare i gesti che ti ordineranno di eseguire. Non abbiamo bisogno di creativi nella nostra fabbrica. E’ di scimpanzé che abbiamo bisogno. Ancora un consiglio. Non parlare mai più della tua intelligenza! Penseremo noi per te, amico!” da Viaggio al termine della notte di Louis-Ferdinand Céline

 


“Viaggio al termine della notte” è un cupo, nichilistico romanzo in cui si mescolano misantropia e cinismo: “Ve lo dico io, gentucola, coglioni della vita, bastonati, derubati, sudati da sempre, vi avverto, quando i grandi di questo mondo si mettono ad amarvi, è che vogliono ridurvi in salsicce da battaglia… È il segnale… È infallibile. È con l’amore che comincia”.

 

S’impone come il romanzo che ha saputo meglio capire e rappresentare il nostro secolo, illuminandone con provocatoria originalità espressiva gli aspetti fondamentali. Céline è stato creato da Dio per dare scandalo, scrisse Bernanos quando il romanzo diventò un successo mondiale, suscitando entusiasmi e contrasti feroci. Lo “scandalo” di Céline, che dura tuttora, è la profetica lucidità del suo delirio, uno sguardo che nulla perdona a sé e agli altri, che ha il coraggio di affrontare la notte dell’uomo così com’è. L’anarchico Céline, che amava definirsi un cronista, aveva vissuto le esperienze più drammatiche: gli orrori della Grande Guerra e le trincee delle Fiandre, la vita godereccia delle retrovie e l’ascesa di una piccola borghesia cinica e faccendiera, le durezze dell’Africa coloniale, la New York della “folla solitaria”, le catene di montaggio della Ford a Detroit, la Parigi delle periferie più desolate dove lui faceva il medico dei poveri, a contatto con una miseria morale prima ancora che materiale. Céline esprime un pessimismo pressoché inconsolabile sulla natura umana, sulle istituzioni umane, sulla società e sulla vita in generale. Verso la fine del libro, il narratore sottolinea: « …Non posso trattenermi dal dubitare che esiste una qualunque genuina realizzazione del nostro più profondo carattere, tranne la guerra e la malattia, quelle due infinità dell’incubo. » Bukowski apprezzava molto Céline perché, diceva, si è tolto fuori le viscere, ci ha riso sopra, un uomo molto coraggioso e il coraggio è l’unica cosa che ci è rimasta. Giorgio Gaber ha citato il Viaggio di Céline nella sua canzone La strada: “Val mica la pena agitarsi, aspettare basta, dal momento che tutto deve finire per passarci, nella strada. Quella sola conta in fondo. […] Nelle case, niente di buono. Quando una porta si chiude dietro un uomo, lui comincia sùbito a puzzare […]. …conosco per esempio un farmacista, avenue de Saint-Ouen, che ha un bel manifesto in vetrina, una bella réclame: Tre franchi la scatola per purgare tutta la famiglia! Un affare! Giù rutti! Si fa tutto insieme, in famiglia.” Al romanzo è ispirata anche la canzone Bardamù di Vinicio Capossela. E anche nel film La grande bellezza di Paolo Sorrentino la citazione introduttiva del romanzo è stata usata come “epigrafe: «Il viaggio che ci è dato è interamente immaginario: ecco la sua forza, va dalla vita alla morte. Uomini, bestie, città e cose: è tutto inventato».

 

Informatico, sindacalista, appassionato di politica e sportivo