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D’Holbach, il barone “sovversivo”
di MARIAPIA METALLO
Paul Heinrich Dietrich, barone d’Holbach, alla fine del Settecento,scriveva “Un buon cortigiano non deve mai avere un’opinione personale ma solamente quella del padrone o del ministro, e deve saperla anticipare facendo ricorso alla sagacia; ciò presuppone un’esperienza consumata una profonda conoscenza del cuore degli uomini. Un buon cortigiano non deve mai avere ragione, non è in nessun modo autorizzato ad essere più brillante del suo padrone o di colui che gli dispensa benevolenze, deve tenere ben presente che il Sovrano [Papa, Banchiere, Generale, Primo ministro] e più in generale l’uomo che sta al comando non ha mai torto>”.
D’Holbach fu uno scrittore molto prolifico, ma mantenne spesso un velo di segretezza sulle proprie pubblicazioni a causa del loro carattere sovversivo e per mettersi al riparo di una censura dell Ancien Régime estremamente efficace. L’ultima fase della produttività holbachiana è dedicata alla pars construens del suo sistema. Il barone passa dall’opera di demolizione dei pregiudizi religiosi alla proposta di un rinnovamento etico-sociale che si fonda su una concezione morale e politica decisamente laica e immanente. D’Holbach pubblica dunque in forma anonima l’Ethocratie (L’Etocrazia o «progetto di unione della morale con la politica»). Quest’opera, dedicata al nuovo re di Francia, Luigi XVI manifesta una qualche rinnovata speranza nelle potenzialità riformatrici della monarchia francese, dopo la fine del lungo regno corrotto e dissestato del suo predecessore. Del resto anche l’illuminista radicale d’Holbach non riesce a pensare a riforme che non provengano «dall’alto», che non provengano cioè dalla volontà di un potere sovrano illuminato dall’azione rischiaratrice dei philosophes. D’Holbach è estraneo a ogni progetto di riforma economico-sociale egualitaria. Pur riconoscendo la superiorità morale delle repubbliche, fondate à la Montesquieu sulla virtù, accetta la monarchia costituzionale con divisione dei poteri. Il potere legislativo per d’Holbach spetta ai «rappresentanti», ma sebbene non si esprima con piena chiarezza circa l’estensione del corpo elettorale, appare evidente che egli pensa a un suffragio assai largo in quanto considera come potenziali elettori non solo i ricchi o i privilegiati, ma anche coloro che si guadagnano da vivere. Il barone considera l’aristocrazia come una casta usurpatrice e l’optimum sarebbe la sua completa abolizione. Auspica un’educazione pubblica di tutti i cittadini, in quanto tutto il popolo ha diritto ad essere istruito contro i tiranni e i preti nemici del sapere che lo hanno reso servo per secoli e secoli. D’Holbach rivendica inoltre la piena libertà di pensiero e di stampa, libertà di satira e di critica: nessuna condanna può essere comminata per reati d’opinione. «In politica, sostiene nella sua Etocrazia, i sistemi stravaganti sono puniti a sufficienza dal disprezzo, dalla derisione e dall’oblio». Un altro elemento caratterizzante il pensiero holbachiano è il suo deciso antimilitarismo: le guerre di conquista sono espressione di barbarie in un’epoca che deve promuovere gli scambi commerciali, il monarca non può pretendere di dominare terre lontane, i militari di carriera sono considerati un flagello non solo nei riguardi dei popoli che si accingono a soggiogare con la violenza delle armi, ma anche nei confronti dei loro compatrioti, in quanto utilizzati in caso di sommosse, proteste e sollevamenti popolari.