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L’Orlando furioso raccontato da Italo Calvino
di MARIAPIA METALLO
“Il Furioso è un libro unico nel suo genere e può essere letto senza far riferimento a nessun altro libro precedente o seguente;
è un universo a sé in cui si può viaggiare in un lungo e in largo, entrare, uscire, perdercisi”, da “L’Orlando furioso di Ludovico Ariosto raccontato da Italo Calvino”.
Ludovico Ariosto e Italo Calvino. Quasi mezzo millennio li separa, eppure riescono ad essere così simili, nel loro modo di accendere nella nostra mente la luce brillante della fantasia. Il primo, poeta e commediografo nella corte rinascimentale di Ferrara, il secondo, scrittore partigiano e raffinatissimo intellettuale. L’Orlando furioso è l’opera più bella e famosa di Ariosto, il cui complicato intreccio narra “Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori, l’audaci imprese”, maghi e mostri, evocando un universo fantastico e complesso, con disincanto, arguzia e ironia. Erano proprio queste caratteristiche che Calvino ammirava di più: egli definisce Ariosto “un poeta così assolutamente limpido e ilare e senza problemi, eppure in fondo così misterioso, così abile nel celare se stesso”. Non è difficile riconoscere le numerose influenze ariostesche nelle opere di Calvino, il quale fa sua la capacità di Ariosto di descrivere le mille sfaccettature del mondo dando al lettore l’illusione di aver avuto una descrizione completa e precisa, senza rendersi però conto di quanto sia illusorio il mondo racchiuso in quelle poche righe. Un libro più particolare che famoso di Calvino è “Il castello dei destini incrociati” che ha in sé l’essenza di Ariosto. In questo libro, infatti, un gruppo di cavalieri si ritrova senza un apparente motivo in un castello magico che toglie loro la capacità di parlare, ed essi possono raccontare le proprie storie solo attraverso un mazzo di tarocchi. Il fascino di questo libro sta nella atmosfera surreale, eppur così vera. Non si può sapere se ciò che i cavalieri raccontano sia avvenuto veramente, ma pur leggendo di un giovane che narra la propria morte, non si può fare a meno di credere vero quello che sta dicendo. Come non pensare all’episodio dell’Orlando Furioso del Castello di Atlante, nel quale i cavalieri del poema si ritrovano prigionieri della disperata ricerca di un falso oggetto del desiderio, diventato una vera ossessione irraggiungibile, che come i tarocchi di Calvino lega i personaggi al loro destino di vana ricerca, comandati solo dai fili enigmatici della Fortuna. I due castelli hanno tanto in comune. La loro posizione, la foresta, che da sempre racchiude nella fantasia dell’uomo tutto ciò che ha a che fare con magia e mistero. In essi nessun personaggio ha potere sul proprio destino, l’uomo fa parte di un mondo comandato da correnti impetuose contro cui è impossibile remare. Per esprimere questa vorticosità del reale, i due autori utilizzano la tecnica dell’entralacement, cioè l’intreccio simultaneo di più fili narrativi. Nulla è posto a caso, tutto ha un senso nell’incrociarsi delle storie dei protagonisti. Il linguaggio è spesso frizzante e ironico, eppure carico di grande malinconia: anche la maggior parte dei racconti di Calvino ha un epilogo triste, arrivando spesso alla morte del protagonista. Uno dei racconti del “Castello dei destini incrociati” è quello del viaggio sulla luna di Astolfo, uno degli eroi dell’Orlando furioso. In queste righe è evidente tutta l’affinità che Calvino ha con Ariosto, tale da portarlo a pubblicare “L’Orlando furioso di Ludovico Ariosto raccontato da Italo Calvino”, commento e guida alla lettura del poema.