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“Passeggiata per le vie di Bari: una guida non illustrata”
di ROSAMARIA FUMAROLA
Potrà incominciare un piccolo tour partendo ad esempio, dalla centralissima via Sparano e farsi sommergere dalla folla che, lasciando i negozi, si riversa in strada tutte le sere, con la medesima gioia che, un tempo, accompagnava solo il Natale (e questo la dice lunga anche sul Natale dei tempi ormai lontani).
Al visitatore attento non sfuggirà la disposizione d’animo di questa folla appagata, di cui nulla sa, se non che è per lo più composta da giovani, felici di appartenere a qualcosa, di condividere con tutti la gioia insuperabile dell’acquisto e soprattutto, nelle sere dei dì di festa, di mostrare quella gonna o quel cappotto che si è consapevoli di indossare con particolare charme o per avere più carisma e sintomatico mistero, come cantava già Battiato (non immaginando che le generazioni a venire, non solo lo avrebbero preso così tanto alla lettera, ma ne avrebbero spesso fatto la ragione unica di un’intera esistenza).
Il nostro ospite si troverà dunque di fronte a una marea di giovani, inarrestabilmente diretta verso magnifiche sorti e progressive: dubbi non ve ne sono.
Spostandosi poi non lontano, ad esempio in via Principe Amedeo e percorrendola lasciandosi alle spalle il centro, potrà fare curiosi incontri: si potrà imbattere in un signore dell’apparente età di trent’anni, ma abbigliato come un ragazzo di tredici, con un cappellino con visiera, che passeggia, sempre ascoltando e facendo ascoltare ad i passanti, canzoni d’amore dal suo smartphone a volume altissimo senza, a parte questo, importunare mai nessuno, ma anzi, con una palese voglia di fare amicizia e di entrare in sintonia con qualcuno, meglio ancora se con qualcuna.
Anche a lui fa piacere farsi notare e come i giovani di cui sopra, fa di tutto per avere più carisma e sintomatico mistero. Il nostro ospite potrebbe obiettare che questo è però un giovane meno fortunato degli altri, che spende la sua pensione d’invalidità in cappelli ed abiti originali e di certo non avrebbe torto.
È poi possibile che, nella passeggiata lungo la stessa via, senta alle sue spalle dei ragazzi farsi beffe del giovane col cappellino, dileggiandolo fino a quando, intristito, accellerera`il passo per liberarsi dell’indesiderata, molesta compagnia e non riuscendovi, cercherà, maldestramente e del tutto inefficacemente, di strattonare uno degli intrusi, per liberarsi della loro morsa.
Nel frattempo, altri passanti si fermeranno ad osservare la scena e vedranno il giovane con il cappellino, preso per il bavero, strattonato e picchiato fino a cadere per terra. In particolare, il visitatore potrà guardare il picchiatore, le sue movenze, i suoi occhi e provare vergogna per la serietà di tutto il suo atteggiarsi, della sua malafede nell’approfittare di una situazione in cui non ci sarebbe nulla da vincere, ma nella quale si ostina invece a voler vincere qualcosa da chi non ha vinto mai.
“Ma perché “ si domandera` “i passanti non fanno nulla? Come mai solo l’intervento della mamma del ragazzo col cappellino riesce ad interrompere il vergognoso pestaggio?”
La risposta è che la cultura, le leggi, la religione non sempre hanno cittadinanza nelle cose umane, che esse non significano nulla senza che l’uomo le scelga e l’uomo, laddove intuisca di non trovarsi in presenza di una possibile pari difesa altrui, schiaccera` l’altro e l’altro finirà per prendersela con la propria debolezza e troverà in sé tutte quelle colpe che possano aver provocato lo sfortunato incontro, così scendendo ancora di un gradino la scala dell’essere parte di qualcosa, fossero pure gli acquisti del dì di festa dei giovani di via Sparano.