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Il disastro di Seveso, la legge 194 e il sequestro Moro

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di PIERDOMENICO CORTE RUGGIERO

Il disastro ambientale di Seveso è una vicenda che ha segnato profondamente la storia italiana. Nel comune di Meda, in Lombardia, si trovava l’azienda chimica ICMESA. Precisamente si trovava al confine tra i comuni di Meda e Seveso.

 

E’ il 10 luglio 1976, un sabato. Un sabato di quella strana estate del 1976. Estate fatta di forti contrasti meteo, prima un grande caldo, poi temporali e freddo. L’estate del 1976 viene ricordata come una delle più brutte. E non solo per le condizioni meteo. Un sabato come tanti, in una cittadina come tante. Eppure i cittadini di Seveso sentono qualcosa di strano. Odore acre e occhi infiammati. Ci vorrà qualche giorno per capire cosa era successo. Un grave incidente nello stabilimento ICMESA. Durante il processo di produzione del triclorofenolo, usato per i diserbanti, un incidente modifica la reazione. Invece del triclorofenolo, si forma una grande quantità di diossina, che fuoriesce nell’aria. La diossina è una sostanza altamente tossica. Una nube di diossina viene spinta dal vento sui comuni di Meda, Seveso, Cesano Maderno, Desio. Ad essere maggiormente colpito è Seveso. Un incidente gravissimo, di cui la popolazione viene avvisata diversi giorni dopo. Scatta poi il piano di emergenza. La popolazione residente vicino allo stabilimento viene evacuata. Le abitazioni nella zona più contaminata vengono demolite. Il terreno nella zona più inquinata venne rimosso e sostituito da nuovo terreno. Non ci furono morti, ma centinaia di persone vennero colpite da dermatosi. Migliaia di animali vennero abbattuti. Le piante vennero distrutte dalla nube di diossina. L’area più contaminata venne isolata e presidiata da vigilanza armata. L’ICMESA ha pagato risarcimenti per oltre 260 miliardi di lire. Purtroppo gli effetti dell’esposizione alla diossina furono ancora più devastanti di quanto si temeva. I pochi studi disponibili nel 1976 sulla diossina, indicavano che poteva provocare nelle donne residenti nella zona più esposta, alterazioni neonatali ormonali. Con elevato rischio di concepire bambini con gravi difetti fisici ed intellettuali. In Italia nel 1976, l’aborto non era legale. Ma il 7 agosto il governo Andreotti autorizza l’aborto per le donne della zona colpite dal disastro di Seveso che ne avessero fatto richiesta. Il dibattito sulla necessità di una regolamentazione dell’aborto con una legge dello Stato, riprende vigore dopo i fatti di Seveso. Erano anni che l’Italia era lacerata dal dibattito sull’aborto. Anche la Democrazia Cristiana cominciava ad avere posizioni meno rigide. Nel 1975 Aldo Moro , Presidente del Consiglio, disse “ Vi sono cose che, appunto, la moderna coscienza pubblica attribuisce alla sfera privata e rifiuta siano regolate dalla legislazione e oggetto di intervento dello Stato. Prevarranno dunque la duttilità e la tolleranza “. Queste parole insieme all’apertura ai comunisti, insieme alla autorizzazione data da Andreotti all’aborto dopo i fatti di Seveso, insieme alla disponibilità della Dc a guidare un governo con i comunisti, vennero viste in alcuni ambienti come un tradimento. Ambienti radicali, integralisti, lontani dallo spirito del Concilio Vaticano secondo. Ambienti per cui l’aborto era omicidio, i comunisti erano scomunicati. Ambienti in cui le aperture di Moro erano viste come “sacrilegio “da fermare. Ad ogni costo. Forse anche la sua apertura sulla questione aborto, costò la vita ad Aldo Moro. La legge sulla regolamentazione dell’aborto venne approvata nel maggio 1978. Pochi giorni dopo la morte di Aldo Moro. Nel 1981 un referendum abrogativo della legge sull’aborto venne bocciato dagli italiani. Il 68% si esprime contro l’abrogazione. Siamo a 40 anni dalla legge sull’aborto. Il dibattito è ancora acceso. Non possiamo giudicare la legge 194, senza studiare il contesto in cui nasce. Le ragioni per cui nasce. Ragioni che passano anche per il disastro di Seveso. Leggiamo le cronache di quel periodo. Solo così capiremo. Scopriremo nuovamente come disse Aldo Moro la capacità di “chiudere nel riserbo delle coscienze alcune valutazioni rigorose, alcune posizioni di principio.. “

Credit foto www.lastampa.i

Informatico, sindacalista, appassionato di politica e sportivo