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La paura della scienza togata

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di DONATO SANDRO PUTIGNANO

Nella serata di lunedì scorso, su tutti i mezzi di informazione e’ rimbalzata la notizia della sentenza emessa dalla Corte di Assise di Appello di Perugia, con la quale veniva pronunciata l’assoluzione degli imputati Amanda Knox e Raffaele Sollecito per l’omicidio della ragazza inglese Meredith Kercher, in riforma della sentenza di condanna emessa in primo grado.

A Perugia, fuori dall’aula di udienza, gli avvocati degli imputati hanno dovuto servirsi della scorta offerta dalle forze dell’ordine per proteggersi da una folla inferocita che li ha accolti al grido di “vergogna” e “venduti”. Reazioni non meno scomposte si sono lette sui mezzi di informazione e sui social networks anche da parte di persone usualmente moderate e garantiste. Le reazioni più scomposte e irrazionali sono quasi sempre dettate dalla paura. Paura, in questo caso, di una giustizia apparentemente irrazionale, incapace di distinguere degli spietati assassini da due bravi studenti universitari. In questo caso, tuttavia, c’e’ dell’altro. I sentimenti di paura desumibili dalla descritta reazione collettiva discendono dalla mancata comprensione, e da sempre l’essere umano ha timore di ciò che non capisce.

Il processo penale e’ diventato sempre più incomprensibile alla maggioranza della popolazione italiana man mano che al suo interno e’ aumentato il peso e lo spazio lasciato alla scienza. I popolari concetti della testimonianza, dell’interrogatorio o della confessione hanno lasciato il posto a quelli ben più complessi dell’esame genetico o (ancor peggio) della bloodstain pattern analysis.

L’ingresso massiccio di nozioni scientifiche nelle nostre aule giudiziarie ha finito per confondere anche la magistratura, ancora priva degli strumenti necessari per affrontare questo cambiamento radicale nel gestire il processo.

Tutti gli operatori del diritto, avvocati o magistrati che siano, hanno iniziato ad avere a che fare con materie sconosciute, mai affrontate nei corsi di studi. Alla mancata conoscenza spesso si supplisce con un atto di fede e così i giudici hanno iniziato a delegare il loro potere di giudizio ai periti, scienziati di discipline che, tuttavia, sono basate proprio sull’incertezza e sulla ricerca dell’errore nella tesi precedentemente formulata. Questi sono concetti che, tuttavia, contrastano con quella certezza “assoluta” che si richiede ad una sentenza penale, ad una decisione capace di incidere irreversibilmente sulla vita di un essere umano. La giurisprudenza ha iniziato a diventare irrazionale, si sono viste decisioni diametralmente opposte su fatti analoghi solo perché i periti nominati dai giudici aderivano a tesi scientifiche opposte fra loro. Questo continuo e salutare movimento autodistruttivo della scienza (la recente vicenda dei “neutrini più veloci della luce” ne e’ un esempio) può portare al panico se calato all’interno del processo penale senza le adeguate precauzioni.

Negli Stati Uniti si e’ tentato di porre rimedio a questo contrasto fra due mondi apparentemente inconciliabili mediante l’introduzione di una valutazione preventiva sulla attendibilità della scienza usata . Valutazione resa da un soggetto, il giudice, diverso da chi, la giuria, sara’ poi chiamato a giudicare sulla responsabilità dell’imputato.

L’uso di precauzioni avverso l’ingresso incontrollato della scienza nelle aule penali andrebbe poi unito all’aumento del tasso di conoscenza delle discipline tecniche fra gli operatori del diritto.

Le scienze forensi sono, infatti, uno strumento utilissimo nelle mani della giustizia, che continueranno, tuttavia, a fare paura se non si avranno le adeguate conoscenze e non si useranno le necessarie precauzioni .

Quando finalmente riusciremo a spazzare via lo spettro della scienza togata potremo tornare a vedere la riforma di una sentenza in appello come una fisiologica eventualità di un civile processo composto da tre gradi di giudizio.


Informatico, sindacalista, appassionato di politica e sportivo