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Andrea Zorzi inserito nella International Volleyball Hall of Fame. ” Oggi la qualità completa è più importante. Velasco? Ha uno staff di primo livello”
Oggi intervistiamo Andrea Zorzi, colonna portante della cosìddetta Generazione di Fenomeni, dopo il suo recente ingresso ufficiale nella Hall of Fame della Pallavolo internazionale
DI FABRIZIO RESTA
Credi foto: per gentile concessione di Andrea Zorzi
Credit video: Festival Rocky Marciano Ripa Teatina
Chi non si ricorda di Andrea Zorzi e della Generazione di Fenomeni che con la Nazionale Italiana di Pallavolo degli anni ’90 vinse così tanto da essere proclamata all’unanimità la Squadra del secolo? Zorzi, insieme ad Andrea Giani, Luca Cantagalli e tanti altri, riuscì a spezzare il dominio dei Paesi dell’Europa orientale collezionando, tra il 1989 e il 2000, una serie di successi senza precedenti ma soprattutto una squadra che riuscì nell’impresa di far diventare uno sport poco seguito come il volley, uno sport così popolare da farlo rivaleggiare con il calcio. Recentemente è stato annunciato che “Zorro” è entrato ufficialmente nell’International Volleyball Hall of Fame (IVHF). Approfittando dell’occasione e dell’appuntamento della Nazionale con la Nations League, lo abbiamo intervistato per parlare del passato ma anche della pallavolo di oggi.
Con la Nazionale italiana della famosa Generazione di Fenomeni, tralasciando i podi che sono tantissimi, tu hai vinto due mondiali, tre europei, tre world league, un world top four, un world super six, un grand champions cup, una coppa del mondo, una manifestazione dei giochi del mediterraneo, una Goodwill Games e con i club ha vinto una Coppa dei Campioni, quattro Coppe delle Coppe, tre Supercoppe Europee e tre Mondiali per Club.Numeri impressionanti e ora anche l’inserimento nella Hall of Fame, forse un po’ in ritardo? Volevo sapere come ci si sente.
Mah dunque, intanto sono molto felice di questo riconoscimento, perché comunque si aggiunge a quello della Hall of Fame italiana che è un po’ più recente rispetto a quella internazionale. A me fa molto piacere, devo dire, che la conferma che in quella squadra generazionale di fenomeni che nel novanta ha vinto veramente tantissimo, anzi molti miei compagni hanno vinto molto di più, hanno vinto, però c’erano tanti atleti che hanno raggiunto dei livelli veramente straordinari. Per quanto riguarda il fatto del ritardo, no, direi di no, nel senso che quelli che sono stati inseriti, a parte Lorenzo Bernardi, che è stato eletto anche miglior giocatore di pallavolo del ventesimo secolo, insieme con Karch Kiraly, Andrea Gardini, Andrea Giani, poi c’è Samuele Papi e loro per esempio hanno vinto tre mondiali consecutivi. Samuele Papi ha fatto cinque Olimpiadi, quindi una delle ragioni, oltre al valore tecnico straordinario, se Andrea Gardini, Andrea Giani e Papi sono giocatori veramente anche molto più completi di me dal punto di vista tecnico. Quindi no, non c’è nessun tipo di dispiacere perché sia arrivata adesso. Credo che abbiano seguito un criterio assolutamente condivisibile. Mi fa molto piacere, anche se per esempio credo che ci siano altri atleti della mia generazione che meriterebbero lo stesso spazio. Quindi molto felice di questo inserimento nell’Hall of Fame della Pallavolo Internazionale.
Oggi chi può considerarsi il tuo successore?
Guarda, è sempre molto difficile fare confronti generazionali perché gli sport e quindi anche la Pallavolo cambiano molto velocemente. Negli anni 90, per esempio, era diventato abbastanza importante avere uno schiacciatore opposto di dimensioni come le mie. Quindi ci sono stati alcuni atleti che hanno caratterizzato quegli anni, che avevano una grande forza in attacco, anche dimensioni fisiche notevoli. Nel 2000, per esempio, tieni conto che il Brasile ha dominato la scena mondiale con uno schiacciatore, André, che era abbastanza piccolino e mancino. Adesso la pallavolo è molto, molto fisica. Diciamo che in alcuni casi addirittura c’è qualcuno che rinuncia al ruolo dell’opposto perché preferisce avere tre schiacciatori. Quindi la pallavolo è cambiata molto. Quello che è incredibile è che non è più così importante avere un atleta fisicamente dotato solo di potenza, ma la qualità completa è ancora più importante, ecco perché penso che non ci sia in realtà la possibilità di fare un paragone diretto su quale potrebbe essere adesso un mio eventuale, come dire, giocatore che mi assomigli. Veramente i ragazzi sono cresciuti molto in tutti i fondamentali, la palla si alza ancora più velocemente, hanno sviluppato delle abilità nei fondamentali di seconda linea che sono veramente incredibili e come tanti altri sport questi confronti generazionali con tanti anni di distanza sono veramente molto molto complicati.
Quando giocavi tu c’era il cambio palla. Si gioca meglio senza oppure…..
A parte che è una discussione molto molto vecchia questa. All’inizio si era un po’ discusso perché come tu ben sai sono sempre molto resistenti ai cambiamenti e quindi quando arrivò il momento di fare il cambio con rally point system ci furono grandi discussioni. In realtà la ragione per cui la federazione mondiale decise di fare questo cambiamento era legato principalmente alla semplificazione e alla maggior compressione del gioco. Il cambio palla non è che fosse così complicato, però capitava spesso che un’azione sembrava che una squadra avesse fatto punto e invece aveva ottenuto solo il diritto al cambio palla. Quindi questa sorta di complessità per noi pallavolisti era la norma. Per chi non conosceva la palla a volo era un po’ difficile, quindi la federazione preferì semplificare utilizzando il rally point system. Questo all’inizio ha dato un po’ di vantaggio alle squadre un po’ più fisiche e meno tecniche perché è un po’ più facile ottenere un cambio palla rispetto al punto perché puoi ottenerlo con maggiore facilità. In realtà questo non è più vero. Io credo che per alcuni aspetti la semplificazione del gioco e anche la velocizzazione faccia si che è davvero impensabile un ritorno al passato. Il rally point system e il libero soprattutto hanno cambiato la pallavolo in modo radicale da un giorno all’altro. Alla fine, nonostante le resistenze di chi giocava a pallavolo, penso che questa pallavolo moderna sia più veloce, sia più appetibile, quindi sia un passo in avanti, ma ormai è una cosa di cui siamo tutti convinti da alcuni decenni.
Oggi l’Italia comincia il suo percorso x la qualificazione a Parigi 2024. L’Italia al momento è terza dopo Polonia e Usa (già qualificate) nella corsa per agguantare uno dei cinque posti rimanenti. Quali saranno i principali ostacoli?
Allora non credo per la verità che ci siano grandi rischi di non qualificarci perchè la terza posizione come ranking non ci dà la garanzia, però insomma ci mette a riparo da molti rischi. Occorre fare una buona VNL, però sono ragionevolmente tranquillo per la qualificazione a Parigi. Aggiungo, cosa ancora più importante, che senza affidarsi alla scaramanzia o ai punti, questa squadra è una squadra molto, molto forte, con atleti di primissimo livello, che hanno già fatto vedere qualche anno fa di essere campione d’Europa, campione del mondo e quindi io sono davvero molto fiducioso. Trovo poi che questi ragazzi siano davvero molto molto uniti e questo potrebbe diventare una grande opportunità in più. Quando parlo di ragazzi uniti non mi riferisco esclusivamente all’amicizia in senso lato, non è che sono ragazzi che stanno bene insieme e basta, stanno anche bene insieme ma quello veramente che li unisce è un modo univoco molto vicino di guardare alla pallavolo e questa cosa in momenti di difficoltà può diventare particolarmente utile.
L’attuale Ct potrà usufruire dei campioni di trento e dei campioni d’italia della Sir Perugia ma quale sarà secondo te il punto di forza dal punto di vista tecnico/tattico e quale il punto di debolezza su cui lavorare?
Per la verità la nostra squadra è molto forte anche perché non ha un punto debole particolarmente evidente. Diciamo che i nostri ragazzi sono dotati fisicamente, sono molto dotati tecnicamente e sono equilibrati anche tra fondamentali di attacco, di muro e di difesa. Per farti l’esempio, immagina che Alessandro Micheletto, che è uno delle nostre grandi superstar del momento, è un ragazzo di più di due metri e undici, ma ha abilità in difesa che sono straordinarie. Lo stesso dicasi per Daniele Lavia, anche lui di due metri, ma molto bravo dietro. Quindi io credo che la nostra squadra sia così forte, ed è veramente forte perché è molto equilibrata. Quello che sta accadendo in questo momento però è che molte squadre di alto livello sono abbastanza equilibrate. C’è un aspetto che riguarda la pallavolo ma sono convinto riguarda un po’ tutti gli sport, io sono grande appassionato anche di basket anche di tennis quindi, seppur con la differenza di sport e di squadre individuali, quello che lo sport moderno prevede è una enorme attenzione su ogni singola azione; quindi al di là del tuo valore generale, delle tue qualità, l’essere totalmente focalizzati, pensare a quella palla, davvero essere super concentrati, è diventato fondamentale. Ecco anche perché è così difficile giocare così tante partite ad alto livello, perché a volte basta calare un pochino e anche se la tua qualità tecnica e fisica è buona, non basta per vincere. Quindi questa mi pare essere la sfida più importante. Diciamo così, considerando, è un po’ un riassunto, che i nostri atleti sono fisicamente e tecnicamente ad altissimi livelli, la vera grande sfida è tenere sempre l’attenzione ai massimi livelli.
La tua unica maledizione sono stati i Giochi Olimpici che non avete mai vinto. Eppure eravate i più forti senza dubbio
No, non si tratta di essere i più forti, senza ombra di dubbio. In ogni torneo ci sono squadre che sono considerate favorite in virtù di quello che hanno fatto. Ed è vero che noi siamo arrivati a due Olimpiadi, quella di Barcellona nel 92, quella del 96 ad Atlanta, avendo vinto molto nei tornei precedenti, quindi eravamo considerati in modo legittimo dei favoriti, il che non significa che sei più forte, perché poi il campo fortunatamente nello sport decide chi gioca meglio quella partita. Per noi sono state entrambi due grandi delusioni. Direi che è, a ripensarci, forse paradossalmente è stata più dolorosa la sconfitta del ’92 nei quarti di finale, perché quella fu un’Olimpiade giocata male da parte nostra e ci sentiamo anche un po’ responsabili di non aver avuto la capacità di restare concentrati, forse per questioni legate alla popolarità e alla ricchezza che era arrivata un po’ così di colpo nella Pallavolo, non abituata a quei livelli di attenzione. La sconfitta del 96 ad Atlanta è anche quella molto dolorosa perché si è persa in finale per due soli punti, ancora contro Olanda. Però diciamo che adesso come tu vedi ho la barba e i capelli bianchi e quindi queste due dolorose sconfitte fanno parte di qualcosa di tanto tempo fa. Non è che non mi ricordo il dispiacere di quelle sconfitte, però in qualche modo vanno rimesse un po’ in prospettiva, a tal punto che io penso davvero che uno non possa lamentarsi più di tanto di un argento olimpico. Certo, non è l’oro, certo ci manca l’oro, c’è chi ha fatto meglio di noi, questo è vero, però alla fine sarebbe veramente inaccettabile non godere anche di un risultato importante come l’argento olimpico ottenuto ad Atlanta.
Ferdinando de Giorgi che tu conosci benissimo, pur vincendo come te praticamente tutto, non è mai stato convocato per i Giochi olimpici. Dopo tanti anni mi sai dire perchè?
Penso che neanche Fefè lo sappia. Fefè ci scherza spesso su questo aspetto anche perché Fefè ha vinto tre mondiali consecutivi. Insieme con Andrea Gardini, Andrea Giani e Marco Bracci, è tra gli unici giocatori che hanno vinto tre mondiali consecutivi. Questo chiaramente dimostra che Fefè è un grande. In alcuni di questi mondiali, l’ultimo, per esempio, ha avuto anche un ruolo importantissimo in semifinale e in finale, quindi ha dimostrato di essere un atleta di altissimo livello. Quali fossero le ragioni per cui poi Velasco non l’ha convocato alle Olimpiadi questo chiaramente…. a parte che forse anche Velasco non lo sa con precisione, ma fa una certa impressione perché statisticamente è sorprendente. Poi non penso che sia una vera ragione. Certo, nel 1992, Velasco preferì puntare su Fabio Vullo, nel 1996 venne Marco Meoni ed effettivamente Fefè, nonostante fosse Campione del mondo in carica, non ha avuto l’occasione di giocarsi l’Olimpiadi.
A proposito di Velasco. Giulio Velasco che adesso è CT della Nazionale Femminile di di Pallavolo eh ha sicuramente portato una maggiore consapevolezza nell’ambiente. Perlomeno un po’ di più serenità. Secondo te dove potrà arrivare Velasco con la Nazionale?
Non so cosa riuscirà a fare. Sicuramente Velasco però ha una grande capacità. Tra l’altro è una delle frasi che lui usa più spesso anche quando fa i suoi incontri, le sue testimonianze, dice che uno dei grandi compiti di un leader, e in questo caso possiamo tradurre leader uguale allenatore, quindi un compito allenatore, è semplificare i contesti per i giocatori. Trovare un modo per chiarire quali sono le richieste, quali sono i migliori comportamenti da ottenere. In questa sua grande abilità di semplificatore, attenzione non di banalizzatore, ma di semplificatore, è una persona con grande capacità e penso che nella complessa relazione che si è restaurata a livello femminile, questa sua capacità sia particolarmente utile. Aggiungo anche che sempre con grande intelligenza Julio ha creato uno staff di assistenti di altissimo livello partendo da Massimo Barbolini che ha una enorme esperienza in ambito femminile, con Lorenzo Bernardi che appena arrivato a allenare le donne però ha fatto benissimo e poi una carriera maschile e anche con Manuela Leggeri che è un’ex campionessa del mondo nel 2002 e quindi potrà in qualche modo aiutare Velasco a capire le sintonie, le sensazioni del gruppo femminile. Quindi in questo senso penso che la Federazione abbia fatto una scelta su Velasco per due ragioni, principalmente perché è un nome importante che poteva reggere un po’ questa pressione che si crea intorno alla nazionale femminile e perché Velasco è una persona molto abile nel creare in tempi molto ridotti delle situazioni abbastanza chiare.
Antropova ed Egonu un dualismo che ricorda quello tra Vullo e Tofoli nel Barcellona. Allora non andò molto bene. Come pensi lo gestirà?
Non ne ho idea. So che Velasco nel giorno in cui ha presentato la sua stagione estiva ha risposto in modo un pochino piccato al giornalista dicendo che non accetterà in nessun modo che l’estate giri attorno a questo dualismo. Lui ritiene che sono due atlete che possono giocare bene in quel ruolo, farà giocare quella che è più in forma. Quindi secondo me Velasco ha dato un messaggio molto forte: non è un dualismo, semplicemente ha due giocatrici opposte che sono molto molto forti, anche molto diverse per caratteristiche tecniche, per esperienza e penso che Velasco consideri questo un grande valore, non un problema. E’ più semplice gestire due opposti di quanto non sia due palleggiatori, gli opposti possono alternarsi con più facilità e più frequenza, il regista, il palleggiatore, ha bisogno di tempo per portare avanti una strategia, quindi penso che Velasco non avrà neanche difficoltà a gestire questo ipotetico dualismo per gli altri, ma non per lui.
Sei formidabile anche da veterano. Hai vinto due edizioni Campionato europeo Veterans, vale a dire una manifestazione continentale tra formazioni nazionali composte da giocatori in pensione. cosa farai da grande?
In realtà io, quando ho smesso a 33 anni di giocare a pallavolo, non ho più toccato una palla da pallavolo per tanti anni, fino a quando è iniziata quest’avventura con i master, quindi gli over 40. Qui ci siamo allenati, abbiamo trovato devo dire il modo di divertirci e vincere ancora qualche titolo a livello master e poi ho rismesso. Quindi non gioco a pallavolo da parecchi anni e cerco di tenermi in forma facendo un po’ di attività a corpo libero: qualche camminata, la bicicletta…insomma cerco di mantenere il fisico per non avere problemi alla schiena e alle ginocchia. Per quanto mi riguarda sono tanti anni che non gioco a pallavolo seriamente e quindi da molti anni faccio il giornalista e quindi occuparmi dello sport olimpico e generale è il tema principale. Negli ultimi anni, oltre ala cronaca, che ho seguito con Sky per molto tempo, mi occupo di più dell’aspetto, diciamo sociale riguardo lo sport. Io penso che lo sport debba in qualche modo ripensarsi, perchè adesso è diventata un ambiente dove emerge soprattutto una grande competizione. Emergono solo i vincitori e quindi rispetto all’ideale, il modello che lo sport può proporre anche per i giovani per l’educazione, bisogna un po’ ripensarlo. Quindi per quanto mi riguarda, da uomo adulto, c’è un grande interesse a capire in che modo possa continuare a recitare un ruolo importante nella società, nei confronti dei giovani e degli adulti, nella considerazione che adesso quando si parla di sport si pensa principalmente ad atleti super famosi, super ricchi, con tutte le conseguenze negative del caso.
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