Editoriale
L’amore tradizionale
di Lavinia Orlando
Il furore ideologico che muove il governo Meloni è sotto gli occhi di tutti.
Sin dai primi passi – e, ancora prima, dalla campagna elettorale – la Presidente del Consiglio ed i suoi sodali di partito e di coalizione hanno chiaramente espresso dedizione nei confronti dei concett di famiglia ed amore tradizionale.
“Fate come dico, non fate ciò che faccio” è stato e continua ad essere il motto preferito di Meloni, Salvini e compagni di avventura. Così, nonostante storie private costellate di matrimoni finiti o mai celebrati, figli nati fuori dal vincolo coniugale, famiglie allargate e coppie di fatto naufragate, la linea ufficiale è ben altra e si ripercuote sulle scelte legislative dell’attuale maggioranza.
Non ci si meravigli, dunque, dell’ultima vicenda che ha portato alle dimissioni del neocapo gabinetto dell’appena nominato Ministro della cultura, Alessandro Giuli, che sarebbero giunte non tanto per l’ipotesi di confitto d’interesse in cui sarebbe incorso il dimissionario, quanto per il fuoco amico che sarebbe giunto dall’interno di Fratelli d’Italia, a causa dell’omosessualità dichiarata dell’ormai ex capo gabinetto – addirittura definito, all’interno di una chat del partito della Premier, “pederasta”.
Se così non fosse, non si spiegherebbe la differente reazione a fronte di vicende diverse ma di certo non meno gravi. Si pensi alla sola Daniela Santanché, Ministra del Turismo, che resta saldamente al comando del Dicastero nonostante le serie vicende giudiziarie che la vedono coinvolta.
Un po’ come la chiara divergenza tra vita privata e decisioni pubbliche, la maggioranza si dimostra campionessa di doppiopesismo, ritenendo molto più gravi situazioni che vedano quale attrice, protagonista o non, poco importa, l’omosessualità.
Nello stesso solco si posiziona l’ultima sortita, di una lunga serie, della Ministra per la famiglia Eugenia Roccella, che ha caldamente invitato i medici a denunciare il paziente che si suppone possa essere incorso nell’appena sfornato reato universale di gestazione per altri.
A dimostrazione del poco finora realizzato da Giorgia Meloni, l’estensione territoriale della fattispecie di reato appena vista, già presente nel nostro ordinamento nel caso in cui la maternità surrogata si fosse realizzata in Italia, è finora il provvedimento più qualificante la legislatura, insieme all’accordo Italia – Albania sull’accoglienza dei migranti. Il che è tutto dire.
Che l’ampliamento della portata del reato si ponga lungo il medesimo filo conduttore della tutela della famiglia tradizionale è evidente. L’obiettivo è quello di contrastare qualunque scelta, personale ed individuale, che risulti divergente rispetto al classico schema “uomo – donna – figlio – meglio se più di uno”, senza mostrare alcuna attenzione nei confronti di chi abbia natura differente o sia affetto da problematiche fisiche che impediscano la realizzazione dell’”obiettivo di Stato”: incrementare, rigorosamente in maniera naturale, la popolazione.
L’invito alla denuncia pronunciato dalla Ministra non è che la chiara conseguenza del furore ideologico di cui sopra, fortunatamente rimandato subito al mittente dai medici che hanno bene chiarito come il loro compito sia quello di curare e non di dissuadere, cittadini e non, dal curarsi, nel timore di essere segnalati alle Procure di tutta Italia proprio da coloro che dovrebbero maggiormente tutelarli.
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