Editoriale
Diritto all’aborto, questo sconosciuto
di Lavinia Orlando
Che una maggioranza capeggiata da Giorgia Meloni avrebbe tentato a più riprese l’assalto a principi e diritti in forza di una indefinita tutela della vita era abbastanza prevedibile. Non c’è dunque da meravigliarsi per le scelte ultimamente adottate in tema di aborto, ma solo criticarle e contestarle con tutti i mezzi consentiti.
L’inserimento in un provvedimento avente ad oggetto le nuove disposizioni attuative del PNRR di un emendamento, a firma Fratelli d’Italia, che si concentra sulle modalità di esercizio di un diritto, quello all’aborto, già sovente limitato, se non addirittura impedito, è solo l’ultima genialata ideata.
Il testo prevede che le Regioni, nell’organizzare i servizi consultoriali, possano coinvolgere anche soggetti del Terzo settore che vantino una qualificata esperienza nel sostegno alla maternità – leggasi associazioni pro-vita.
La novità non sarebbe di così grande rilievo, posto che la medesima legge sull’aborto prevede che i consultori possano avvalersi della collaborazione volontaria di formazioni sociali e di associazioni di volontariato che possono anche aiutare la maternità difficile dopo la nascita. Tra l’altro, in alcuni ospedali sono già presenti sportelli gestiti da associazioni pro-life.
La verità è che l’attuale maggioranza non perde occasione per tentare di porre paletti ideologici, di modo da rivendicare l’abbattimento di diritti che la destra ha sempre considerato abusi contro natura. In questo modo, stante un contesto di estrema difficoltà nell’esercizio del diritto all’aborto, Meloni e sodali vorrebbero rendere ancora più complicata la decisione di interrompere la gravidanza.
Come se non bastassero i tanti medici obiettori e l’incapacità del nostro sistema sanitario di assicurare aliunde l’esercizio del diritto; come se non fosse già sufficiente la difficoltà di accesso all’aborto farmacologico in regime ambulatoriale – cioè attraverso modalità molto meno invasive.
La scelta di porre fine ad una gravidanza, già di per sé estremamente difficoltosa sotto il profilo psicologico, diventa ancora più complessa per ragioni procedurali. Meloni, conscia dello stato attuale, ha previsto, banalmente, ulteriori strumenti bloccanti, che vanno ad innestarsi in un meccanismo già di per sé estremamente difficoltoso.
Che tale scelta sia legata alla volontà di accontentare il mondo cattolico, o che venga considerata – a torto – come uno strumento in grado di incrementare la natalità italica, l’attuale governo non sta facendo altro che mantenere, almeno con riferimento a questo punto, quanto promesso in campagna elettorale. L’arretratezza valoriale di cui si fa portatrice la maggioranza non deve sorprendere.
Dovrebbe, piuttosto, spingere chi non è ora al governo, ma che auspica di trovarcisi nel medio – lungo periodo, a lavorare sin da ora per attuare quanto necessario al fine di rendere pienamente possibile nel nostro Paese l’aborto. Senza immaginare di arrivare addirittura a costituzionalizzare il diritto all’aborto – come accaduto in Francia – sarebbe sufficiente potenziare il sistema sanitario nazionale ed incrementare i finanziamenti previsti per i consultori, che vanno sempre più scomparendo, oltre che legiferare avendo come punto fermo uno dei capisaldi del nostro ordinamento: quello della laicità dello Stato.
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