Editoriale
Non disturbare i manovratori
Ora possiamo affermarlo con certezza: è tornato in auge il caro vecchio motto della destra italiana. Trattasi della litania che, da Berlusconi in poi, ha rappresentato una pietra miliare dei vari programmi elettorali e governi susseguitisi nel corso dei decenni e che, tuttavia, veniva soppiantata da questioni che, a seconda delle strette contingenze, sembravano più impattanti sotto il profilo elettorale. Con la maggioranza targata Giorgia Meloni il quadro è ora molto più chiaro: la questione morale deve essere messa da parte a vantaggio dell’esigenza di operare, perché la politica non può rischiare di vedersi bloccata.
di Lavinia Orlando
Ora possiamo affermarlo con certezza: è tornato in auge il caro vecchio motto della destra italiana. Trattasi della litania che, da Berlusconi in poi, ha rappresentato una pietra miliare dei vari programmi elettorali e governi susseguitisi nel corso dei decenni e che, tuttavia, veniva soppiantata da questioni che, a seconda delle strette contingenze, sembravano più impattanti sotto il profilo elettorale. Con la maggioranza targata Giorgia Meloni il quadro è ora molto più chiaro: la questione morale deve essere messa da parte a vantaggio dell’esigenza di operare, perché la politica non può rischiare di vedersi bloccata da una magistratura cattiva e male orientata o da giornalisti voyeur e maniaci.
A riprova di ciò si consideri: l’abolizione del reato di abuso d’ufficio e la restrizione sul reato del traffico di influenze – per la cui configurazione, stando a quanto approvato in Commissione Giustizia al Senato, sarà necessario, sempre che le modifiche vengano approvate in Parlamento, non il semplice sfruttamento delle relazioni, bensì la concreta utilizzazione; la modifica della legge Severino – anche in questo caso nella medesima Commissione, con la cancellazione della sospensione fino a 18 mesi per gli amministratori condannati in primo grado e appello; ed ancora, la stretta sull’informazione giudiziaria e la limitazione sulle intercettazioni.
A ciò si aggiunga la discussione in materia di abolizione del divieto del terzo mandato per Presidenti di Regione e Sindaci che molto ha a che fare con la c.d. questione morale. È chiaro che consentire che ruoli in cui si concentra una così ampia forbice di potere possano protrarsi per più di dieci anni non possa che generare storture sotto il profilo delle influenze esercitabili e delle scelte operabili.
Se di “ordine e pulizia” tipici della destra si voglia ancora continuare a parlare, lo si può fare solo ed esclusivamente con riferimento alla gente comune. Dalla stretta sui rave party sino alle norme contro l’immigrazione irregolare, con le connesse limitazioni nei confronti di chi effettui attività di soccorso in mare, l’inflessibilità pare a senso unico.
“Fate quel che dico, ma non quel che faccio” è quanto meglio descrive l’operato della maggioranza dei parlamentari – e, a ben vedere, non dei soli rappresentanti delle destre. Alcune delle modifiche sopra elencate, difatti, non sono di stretto impulso meloniano, leghista o forzista, provenendo anche dai renziani, ed hanno trovato il favore di esponenti del Pd, oltre che il plauso di numerosi amministratori locali.
Oltre a ciò, va evidenziata la quasi totale assenza di un’opposizione popolare, circostanza che più di tutte deve fare riflettere. Se le decisioni assunte nelle ultime settimane fossero state prese una ventina di anni fa, lo scontro con una larga fetta dell’opinione pubblica sarebbe stato acceso. Allo stato attuale, invece, tutto tace. Se si esclude parte delle minoranze ed i moniti europei, il dibattito scorre fluido senza che gli anticorpi democratici svolgano il ruolo che competerebbe loro. Il potente anestetico culturale iniettatoci nel corso degli ultimi decenni continua a spiegare i suoi effetti, col rischio, neanche troppo remoto, che, con la scusa di non bloccare l’azione politico- amministrativa, gli stessi elettori e tutti gli amministrati si ritrovino quasi del tutto privi delle necessarie tutele giuridiche a fronte di un potere sempre più strabordante.
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