Connect with us

Politica

Se il culatello è di destra la mortadella è ancora di sinistra? 

Tutte le volte in cui ho sentito e sento dire che la destra e la sinistra non esistono più, avverto la necessità di prendere le distanze da ciò che è per me solo un abbaglio. La questione dell’esistenza o meno della destra e della sinistra ci parla infatti di un problema mal posto.

Avatar photo

Published

on

Credit it.quora.com

Di Rosamaria Fumarola

Sarò sincera: tutte le volte in cui ho sentito e sento dire che la destra e la sinistra non esistono più, avverto la necessità di prendere le distanze da ciò che è per me solo un abbaglio ad uso di demagoghi senza scrupoli. La questione dell’esistenza o meno della destra e della sinistra ci parla a mio avviso di un problema mal posto. Se guardiamo al concreto agire, ai provvedimenti dei nostri rappresentanti politici, ci troviamo di fronte a misure non più inquadrabili secondo il rigido schema progressista – reazionario. Il Jobs Act fu partorito dal governo Renzi ad esempio, ma si sa che l’ex sindaco di Firenze ha sempre avuto in economia un approccio liberista, poco e male sopportato peraltro dal resto del PD. Quindi il Jobs Act, che è una misura di destra, rimane di destra anche se chi l’ha concepita militava nelle fila della sinistra al governo. Pertanto la crisi nell’individuazione di un proprio spazio e del proprio agire politico non riguarda a mio parere tanto la destra, quanto piuttosto la sinistra, che sta assumendo connotazioni sempre più antitetiche rispetto alla sua vocazione originaria e sempre più vicine alle istanze di un mondo che cambia e va appunto a destra. 

Ma allora la sinistra di cosa dovrebbe occuparsi oggi per definirsi  tale? Personalmente una risposta ce l’avrei: di chi non ha niente, degli ultimi dovrebbe occuparsi la sinistra e di tutte le evidenti storture non solamente sociali ma anche ambientali di cui l’uomo è stato ed è unico autore, benché questo sia un tema da sempre nella sua agenda ma nessuno ami farne menzione. Quindi, quanti sostengono che alla vecchia distinzione debba sostituirsi quella tra sovranisti e globalisti fanno un evidente e non incolpevole errore, servendosi di espressioni che lasciano entrambi fuori dalla porta un problema irrisolto che, in quanto tale, meriterebbe più attenzione e cioè quello dell’esistenza delle disuguaglianze sociali. Qualunque programma politico che prescinda da quest’ urgenza non è infatti politico.

La destra non soffre oggi della profonda crisi d’identità di cui soffrono i suoi avversari. In Italia negli ultimi dieci anni abbiamo assistito alla nascita di partiti politici ed organizzazioni che ancora utilizzano il repertorio estetico del fascismo mussoliniano, con il quale condividono ovviamente anche il patrimonio valoriale, patrimonio che trova attuazione non appena i suoi rappresentanti ricoprono incarichi governativi. Au contraire, non appena la sinistra va al governo, è più facile che trovino realizzazione, come sopra scritto, misure liberiste e di destra. 

Nonostante ciò sarebbe ingiusto dimenticare il ruolo svolto dalle sinistre nella storia occidentale, a partire almeno dalla rivoluzione francese e dimenticare il peso culturale oltreché politico avuto lungo il percorso della nostra civilizzazione, peso che prima aveva avuto solo il cristianesimo. 

Negare che il progresso di cui spesso inconsapevolmente godiamo sia un risultato della sinistra e sostenere che i suoi attuali esponenti siano corrotti ed incapaci, sarebbe un po’ come negare il ruolo del clero cattolico perché esistono i preti pedofili e confligge con la necessità e responsabilità di mantenersi intellettualmente onesti per essere uomini ancora degni di questo nome. 

La comprensione della crisi identitaria della sinistra non può prescindere dal sottolineare che nel mondo e ben prima del crollo del muro di Berlino, a vincere fu il capitalismo, che con il disgregarsi del blocco sovietico non trovò più argine alla sua espansione. E cos’è il capitalismo se non la concreta realizzazione di un’economia liberista che come unico obiettivo ha lo scambio di merci ed appunto capitali al fine di ottenere il massimo profitto possibile essendo sottoposta al minor numero di regole? E non è questo che abbiamo poi chiamato mondo globalizzato, in cui il solo vero interlocutore della politica è la finanza globale ed a dettare le regole del gioco è solo quest’ultima? 

È vero il mondo è cambiato, ma le disuguaglianze sociali con la globalizzazione non hanno trovato una soluzione ma anzi, hanno subito un drammatico peggioramento. Sono  troppo eretica se dico che la sinistra di queste disparità dovrebbe farsi carico e che se lo farà avrà una vita lunga almeno quanto quella della chiesa cattolica? 

RIPRODUZIONE RISERVATA ©

Giornalista pubblicista, scrittrice, critica jazz, autrice e conduttrice radiofonica, giurisprudente (pentita), appassionata di storia, filosofia, letteratura e sociologia, in attesa di terminare gli studi in archeologia scrivo per diverse testate, malcelando sempre uno smodato amore per tutti i linguaggi ed i segni dell'essere umano