Editoriale
La politica squadrista di Salvini
Il caso della partecipazione della giudice Apostolico ad una manifestazione contro il governo e la pubblicazione sui social da parte di Salvini di un video che prova la presenza della donna alla protesta, ha generato molte polemiche. Della vicenda colpisce però più che la pur inopportuna presenza della giudice alla manifestazione, la modalità con la quale un ministro formula le sue accuse, pubblicando immagini che sollevano dubbi circa la legittimità della loro provenienza.
Il caso della partecipazione di cinque anni fa al porto di Catania della giudice Apostolico ad una manifestazione contro il governo e la pubblicazione sui social da parte di Salvini di un video che prova la presenza della donna alla protesta, ha generato molte polemiche e reazioni dei rappresentanti di ogni parte politica. Della vicenda colpisce però più che la pur inopportuna presenza della giudice alla manifestazione, la modalità con la quale un ministro formula le sue accuse, pubblicando le immagini che sollevano dubbi circa la legittimità della loro provenienza. Chi ha girato e fornito il video a Salvini? La sensazione è che chiunque lo abbia fatto abbia preso parte alla realizzazione di una gogna mediatica volta a fare giustizia sommaria. È giustizia sommaria un giudizio emesso da chi ti accusa, un suo farsi cioè giustizia da sé, che cozza vistosamente con un ordinamento giuridico ispirato a principi della nostra costituzione. I rappresentanti della Lega hanno più di una volta agito usando la macchina del fango per screditare gli avversari sul piano politico, con una predilezione per le accuse formulate nei confronti delle donne, la cui credibilità è ancora oggi distrutta ricorrendo ad insulti che ne mettano in discussione la moralità più che il rispetto delle leggi. Come non ricordare gli epiteti rivolti alla signora Boldrini da accounts che poi si scoprì gestiti proprio dalla Lega di Salvini? Ed il presidio di leghisti sotto casa della professoressa Fornero? Sempre donne, sempre fatte oggetto di una violenza mediatica che fa tornare alla mente una gestione dello scontro politico più consona alle dittature che alle democrazie consolidate. Anzi, senza andare poi così lontano, lo squadrismo fascista di cui Mussolini si è sempre servito, sembra fare perfettamente il paio con le modalità di attacco politico tanto care alla Lega e se fino ad un attimo prima si credeva impossibile che l’abitazione di una ministra della stato quale la Fornero fu, potesse essere “presidiata” da rappresentanti dei suoi avversari politici, creando una grave condizione di insicurezza per la ministra e la sua famiglia, ci siamo tutti dovuti ricredere ed ammettere anche che alla terza carica dello stato a più riprese e pubblicamente possono essere rivolti epiteti quali “troia a cui piace farsi sbattere dai negri”. Queste rappresentanti dello stato non sono state adeguatamente difese, nemmeno dai colleghi dei partiti di appartenenza, perché? Nonostante i ruoli apicali occupati non sono state tutelate perché donne, perché questo è lo stesso paese in cui le divergenze interne ad una coppia vengono non di rado risolte ricorrendo al femminicidio. Dopo i fatti della vicenda Apostolico viene da domandarsi se esista un dossier sui cittadini non allineati pronto ad essere reso pubblico qualora si rendano autori di atti di disobbedienza nei confronti di provvedimenti del governo. Nel caso in oggetto poi il rispetto del principio della separazione dei poteri è ancora una volta disatteso. Va ricordato che la giudice Apostolico si è rifiutata di applicare il decreto Cutro nei confronti di tre richiedenti asilo, nella parte in cui dispone che siano trattenuti per valutarne la domanda (la giudice individua una violazione della tutela della libertà prevista dalla Costituzione) e che da essi venga pagata una cauzione di quasi cinquemila euro. Il centro della vicenda va individuato dunque in questa disobbedienza dell’Apostolico ad una norma ingiusta attraverso un provvedimento peraltro impugnabile.
C’è da augurarsi che questa donna non sia lasciata come le altre da sola, in un paese in cui è ormai acclarato che la democrazia non sia né solida né compiuta.
Rosamaria Fumarola
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