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La politica ai tempi del Covid-19

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di LAVINIA ORLANDO

Lungi dall’aggiornare una conta che solo fino a qualche giorno fa sarebbe parsa del tutto irreale nel nostro Paese;

lungi dal contribuire, con una morbosità che è oramai divenuta fastidiosa, alla caccia agli untori – dall’introvabile “paziente zero” ai fuggitivi dalle zone in quarantena; lungi dall’improvvisarsi virologi ed epidemiologi di lungo corso; lungi dal fare sfoggio di comportamenti scomposti ed isterismi di vario tipo, l’emergenza relativa all’infezione da Covid-19 ha evidenziato, ancora una volta, meriti e demeriti della politica – di governo e di minoranza – e la capacità di reazione dalla stessa dimostrata rispetto ad una virosi che veniva presentata come una delle maggiori emergenze che la storia recente ricordi.

Che non sfugga l’utilizzo del passato con riferimento all’ultima frase. Si tratta di una scelta, del tutto consapevole, che chiarisce uno dei primi punti da considerare: se fino al palesarsi (scientificamente provato) del virus in Italia, il suo possibile ingresso nella penisola era raccontato, in primis dalla politica, come una sciagura di proporzioni inenarrabili, sono state sufficienti le prime ventiquattro ore di quarantena disposte per alcuni Comuni del nord ed il contemporaneo espandesi della virosi, con le connesse scene di panico nazionale ed internazionale, a far mutare orientamento circa la pericolosità del Covid-19, derubricato da più parti ad una banale influenza.

Tale mutamento, solo in parte determinato dai contrasti scientifici tra gli esperti, è stato chiaramente imposto da un altro timore: gli effetti devastanti che la possibile epidemia da un parte e la psicosi ad essa connessa dall’altra hanno iniziato a generare sull’economia del nostro Paese.

In meno di una settimana, con industria e turismo entrati in crisi, la politica ha operato un evidente dietro front, una sorta di “virata a gomito”, che non ha fatto altro che incrementare il disorientamento dei cittadini, già messi in confusione da un’informazione a dir poco bombardante ed ansiogena.

A fronte di reazioni al limite dell’internamento, supermercati svaligiati (anche in luoghi non vicinissimi alle zone poste in quarantena), disinfettanti e mascherine divenuti praticamente introvabili (dopo essere stati comunque venduti a peso d’oro), la politica italiana non è stata in grado, neanche in questo frangente, di evitare le sterili polemiche.

Se da una parte il nuovo Coronavirus ha avuto il grosso merito di portare al silenzio un Matteo Renzi le cui istanze iniziavano a risultare alquanto incomprensibili, eccetto che le si considerasse nell’ottica pretestuosa della caduta della maggioranza, l’altro Matteo – Salvini – della politica italiana non ha potuto frenare le note spinte pseudo-nazionaliste che continuano a caratterizzarlo.

La sua richiesta di chiusura delle frontiere via mare per evitare che il virus potesse giungere dai migranti è tuttavia rimasta inascoltata, anche alle orecchie dei tanti che solitamente lo osannano neanche fosse il Messia. Va da sé che di tale silenzio l’ex Ministro leghista dovrebbe essere estremamente contento, dal momento che degli attuali tre casi di Covid-19 finora diagnosticati in Africa due sono di provenienza italiana, ragion per cui alcuni Stati africani hanno disposto la chiusura delle frontiere a tutti gli italiani – circostanza di per sé comica, se solo la situazione non fosse tanto drammatica.

Così, Salvini, evidentemente in crisi di astinenza da prime pagine, ha pensato bene di tentare un’ulteriore mossa, recandosi al Quirinale per proporre al Presidente della Repubblica un esecutivo di unità nazionale finalizzato a combattere e vincere il Coronavirus. Tale idea non è stata rigettata, come immaginabile, dalle sole forze politiche componenti l’attuale maggioranza (definendola come “esecutivo amuchina”), ma anche dagli stessi alleati di Salvini, in primis da Fratelli d’Italia, oltre a non riuscire neanche in questo caso a far guadagnare le prime pagine al leader della Lega, e limitandosi a dimostrare, qualora ce ne fosse ancora bisogno, che l’ex Ministro dell’Interno è ben lontano dal poter essere rappresentato come un politico serio.

Indipendentemente dal giudizio sul secondo esecutivo Conte, non è questo il momento di nuovi governi, Premier, maggioranze. La politica tutta – al di là dei posizionamenti – dovrebbe pensare esclusivamente a ritrovare il bandolo della matassa, oramai sfuggito da diversi giorni, ed a salvaguardare la salute in primis e – ma solo in subordine – l’economia nazionale.