Oasi Culturale
L’evasione fiscale è un problema anche culturale
Benvenuti su “Oasi Culturale”, rubrica de ilsudest.it a cura di Alessandro Andrea Argeri e Sara D’Angelo. Oggi proponiamo una riflessione sull’evasione fiscale. Se vi va, scriveteci: redazione@ilsudest.it/alexargeriwork@gmail.com
di Alessandro Andrea Argeri
Secondo i dati del Ministero delle finanze, in Italia l’evasione fiscale ammonta a 83,6 miliardi, cioè, aggiunge Startingfinance, “circa quanto tre manovre finanziarie”. Nello specifico, “il sommerso riguarda in particolar modo l’Irpef, ossia l’imposta sul reddito delle persone fisiche tipica dei contratti di lavoro dipendenti, evasa per 2 mld € in più rispetto al passato (tradotto: più lavoro in nero). A questo si aggiungono le imposte non pagate di autonomi e imprese in regime di flat tax. In calo, invece, l’evasione legata all’IVA, agli affitti in nero e all’Imu”. Inoltre, se negli anni il “Tax gap”, la differenza fra quanto lo Stato si aspetta di incassare rispetto all’effettivo gettito, si è ridotto, secondo l’Osservatorio Fiscale Europeo, “la ricchezza finanziaria italiana trasferita nei paradisi fiscali nel 2022 è stata pari a €186 miliardi, quasi il 10% del PIL”.
Ok, ma qual è il problema di fondo? Da una parte c’è una pressione fiscale opprimente caratterizzata da regole talvolta assurde, dall’altra una tendenza diffusa a evadere in attesa del solito condono, pardon “pace fiscale”. Purtroppo quando si parla di evasione non si tratta solo del piccolo commerciante quando non dà lo scontrino, bensì di migliaia di attività al giorno, i quali, se evadono anche solo un euro l’uno, già in un giorno sommati tutti costituiscono milioni di euro in meno nelle casse dello Stato, dunque nelle tasche dei cittadini. C’è poi la classica tendenza tutta italica a fregare il prossimo: probabilmente, se potessero, anche molti dipendenti evaderebbero il fisco al detto di “così fan tutti”, tuttavia “così” non verremo mai a capo di un fenomeno in cui ad essere colpiti sono sia chi non può evadere sia i meno abbienti, infatti non è un caso se talvolta le due categorie coincidono.
Piuttosto dovremmo prendere consapevolezza di una verità tanto amara quanto fino ad oggi bistrattata: se riuscissimo a risolvere il problema dell’evasione crollerebbero meno scuole, i medici non fisserebbero visite con liste d’attesa interminabili perché anche quest’anno il Governo è stato costretto a tagliare sulla sanità pubblica, nessuno ridurrebbe le pensioni ai disabili, insomma potremmo risollevare un welfare attualmente indegno per un Paese occidentale. Dopodiché, preso da un improvviso amore per la patria oltre che per la famiglia, qualcuno potrebbe persino cominciare a controllare balneari, tassisti, lavoratori in nero, partite iva che dichiarano zero, più tutte quelle corporazioni divenute caste, a quanto pare, più potenti persino degli illuminati. Così, “pe’ ride”. Ah, già, è più facile chiamarlo “pizzo di Stato”.
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